PISTOIA. Gabriele Frasca insegna Letterature comparate e Media comparati all’Università di Salerno. È tra i curatori per Einaudi delle opere di Samuel Beckett. Ha pubblicato raccolte poetiche, romanzi, saggi e testi teatrali. È presidente del Premio Napoli.
Voce tra le più importanti e originali del panorama letterario nazionale, dialogherà con il poeta Giacomo Trinci a partire dall’ultima sua raccolta poetica Lame (L’Orma editore, 2016, p. 572, euro 32,00).
Riproponendo le sue prime raccolte, Rame del 1984 e Lime del 1995, questo volume è un’«edizione critica d’autore» ma insieme un libro nuovo di quello che è il maggior poeta della sua generazione. Collocandosi al di qua delle forme fluide dell’ultimo Rimi, infatti, Lame è anzitutto l’impressionante archivio di quella maniera neometrica che, tra gli altri, fu appunto Gabriele Frasca a introdurre, al principio degli anni Ottanta, nella nostra poesia.
A posteriori, tuttavia, pure quelle torturanti gabbie sintattiche, ispirate al «fermo volere» di Arnaut Daniel (formula che intitolava, allora, il primo romanzo dell’autore), si animano di un movimento perturbante. Quei sonetti frantumati e quelle sestine moltiplicate – cui demandammo, in catacumbas, la nostra educazione o diseducazione intellettuale e sentimentale – vanno ora a comporre una storia.
Ancora più forte appare così, a distanza, la «stravolta ipernovità» (per dirla con quello Zanzotto che l’aveva iniziato con Ipersonetto) di quel rigore formale che era, piuttosto, stoica divisa etica e, insieme, stimmate d’un orizzonte collettivo che ci appare, oggi, nient’altro che il nostro.
Dove m’hanno condotto le vecchie parole, s’intitola la prima «canzone» di Quarantena (fra le bonus tracks più recenti di Lame). È da sempre questa la postura di chi calchi e ricalchi stampi della tradizione – dai provenzali a Beckett, come ricostruisce Riccardo Donati, passando per Dante e gli amati barocchi – che, come solchi d’un vecchio vinile, a forza di riascoltarli acquistano una misteriosa virtù allucinatoria.
Sono ora le sue stesse vecchie parole, però, ad assolvere a tale compito. E il libro della gioventù di Frasca diventa, in questo modo, il meta-libro di un tempo nuovo. Parole-ultracorpo danno vita a forme mutanti: «finché i fatti / ritornano faccende».
Neppure i testi qui raccolti sono dati una volta per tutte, nel loro ri-comporsi in un darsi incessante: versi rispersi in quanto prima dispersi e ora riuniti (non solo quelli allora esclusi dalle raccolte), ma solo per essere di nuovo disseminati nella coscienza dei lettori; nel loro apparato sensoriale, anzi. Di nuovo giù, al fondo della nostra carne cerebrale.
«È per offrirsi a un nuovo taglio / che si elude la lama.»
[lo spazio di via dell’ospizio]