PISTOIA. Buon giorno a Felice De Matteis, un uomo meravigliosamente “politicamente scorretto” (come si usa udire da quelli corretti… io che corretto non sono gli faccio solo i complimenti pur non facendo parte della sua tradizione politica).
Ha ben aperto le danze che sino ad ora, su questo giornale erano scaramucce, sul referendum (vedi). Mi permetto di dire la mia. Io, che non sono sospettabile di simpatie renziane, voterò sì. E non per evitare la compagnia, delle vergini reduci e non combattenti così ben descritte da Felice, ma per motivi terra-terra.
NON PRENDETECI PER I FONDELLI
Naturalmente non posso anche io fare a meno di notare che l’attuale Costituzione, santino da tirare per la giacchetta quando funzionale a difendere quello che “loro” chiamano democrazia e io chiamo privilegi e rendite parassitarie, è stata ed è ancora oggi il paravento di molti furti e misfatti in questo Paese: quindi cari circoli Arci, che tanti soldini a pioggia pigliate ogni anno da codesto Comune, vediamo di non pigliare toppa gente e troppo a lungo per i fondelli.
I RISULTATI DELLA COSTITUZIONE MIGLIORE
Ma il punto è un altro.
Che provo a spiegare in modo semplice e, se volete, semplicistico.
Innanzi tutto la storia, la storia degli ultimi 70 anni è fatta di 63 governi, quasi uno all’anno.
In secondo luogo, chi vince non può governare, perché è sempre sotto ricatto di un qualsiasi gruppetto da 2% nelle urne.
Queste sono le due ragioni fondamentali derivate dall’evidenza empirica di un Paese che, grazie a questa Costituzione è ingovernabile da sempre.
A meno di non voler scambiare i bizantinismi andreottiani per governo….
LE RAGIONI DEL NO SONO QUELLE DEL SÌ
La riforma cambierebbe questo stato di cose? Prima di vedere andiamo a discutere delle ragioni del no.
- La principale, per quanto assurda e irrazionale, era che, votando no, si manda a casa Renzi (“decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un Governo” – Comitati del No). Un po’ come tagliarsi gli attributi per fare un dispetto alla moglie. Mi pare che già da troppi anni questo sia lo spirito con il quale ci si reca alle urne. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. In ogni caso Renzi ha provveduto a rimangiarsi i propositi dimissionari in caso di insuccesso, quindi questa motivazione cade.
- La seconda ragione pare più uno slogan per fessacchiotti che altro: “L’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo” (cit. Comitati del No). E perché mai? Perché è male “stravolgere la Costituzione”? Perché garantire a chi vince la governabilità senza ricatti di alleati da prefisso telefonico dovrebbe costituire una deriva autoritaria? Forse che gli Usa sono una dittatura? Perché? Spiegate dove e perché grazie.
- I costituzionalisti del no inoltre lamentano uno “stravolgimento del titolo V della costituzione, con la messa in discussione dell’autonomia regionale”. Ma vogliamo scherzare? Ma lo sapete che la voragine dei conti pubblici è dovuta alla sciagurata riforma del 2001 del titolo V vero? Se lo Stato riprende in mano quella maionese impazzita che sono i costi delle Regioni penso che ci sia solo da accendere un cero alla Madonna: certo che alle signorie e consorterie politiche regionali questa cosa non piace. E poi com’è che la riforma che oggi “stravolge”, nel 2001 non fece inarcare nemmeno un sopracciglio? Eppure rispetto ai pasticci di questa, che ci sono, quello era un abominio i cui risultati erano facilmente prevedibili nel momento in cui si moltiplicavano a dismisura i centri di spesa.
Quindi queste ragioni, che i Comitati per il No utilizzano a loro favore in realtà sono argomenti che, loro malgrado, si ritorcono contro come dei boomerang se solo vogliamo ragionare nel merito e non fermarci al proponente. Guardiamo la luna e non il dito, please.
COSA PROPONE IL REEFERENDUM
Se poi analizziamo un attimo cosa c’è davvero nella proposta, vediamo che i punti qualificanti non mancano:
- La fine del bicameralismo perfetto. La Camera dei deputati diventerà l’unica assemblea legislativa e manterrà da sola il potere di votare la fiducia al governo.
- Un nuovo Senato. Il numero dei senatori verrà ridotto da 315 a 100 di cui 5 saranno scelti dal Presidente della Repubblica e 5 dalle Regioni “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”.
Inoltre i senatori non riceveranno alcuna indennità aggiuntiva ma godranno dell’immunità parlamentare. Restano i senatori a vita: saranno gli ex presidenti della Repubblica che non verranno conteggiati nel numero dei senatori scelti dal Colle. - La funzione legislativa del Senato. I senatori avranno competenza legislativa per quanto riguarda le riforme costituzionali, le ratifiche dei trattati internazionali relative all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, le leggi elettorali degli enti locali e quelle sui referendum popolari. Inoltre ogni disegno di legge approvato dalla Camera verrà subito trasmesso al Senato che entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, potrà disporne l’esame.
Nei trenta giorni successivi il Senato potrà deliberare a maggioranza assoluta proposte di modifica del testo sulle quali, in seguito, la Camera si pronuncerà in via definitiva. Ai nuovi senatori spetterà anche il compito di esprimersi sulle leggi di bilancio, ma entro 15 giorni e con la maggioranza assoluta. Anche in questo caso, l’ultima parola spetterà sempre alla Camera. Infine, il governo potrà chiedere alla Camera che un provvedimento ritenuto fondamentale per l’attuazione del suo programma sia esaminato in via prioritaria e votato entro 70 giorni (con possibilità di proroga per altri 15). - 4) L’elezione del Presidente della Repubblica. Il capo dello Stato sarà eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori. Per i primi tre scrutini occorrono i due terzi dei componenti, poi dal quarto si scende ai tre quinti mentre dal settimo scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
- 5) Referendum e leggi di iniziativa popolare. Per proporre un referendum serviranno 800 mila firme, contro le 500 mila attuali. Dopo le prime 400 mila la Corte costituzionale darà un parere preventivo di ammissibilità. Per quanto riguarda invece i progetti di legge di iniziativa popolare, il numero di firme necessarie è triplicato, da 50 mila a 150 mila. Vengono inoltre introdotti in Costituzione i referendum popolari propositivi e di indirizzo.
- 6) Le nomine dei giudici della Consulta. I 5 giudici della Consulta non saranno più eletti dal Parlamento riunito in seduta comune, ma verranno scelti separatamente dalle due Camere. Al Senato ne spetteranno due e alla Camera tre.
Per la loro elezione è richiesta la maggioranza dei due terzi dei componenti per i primi due scrutini, mentre dagli scrutini successivi è sufficiente la maggioranza dei tre quinti. - 7) L’abolizione di Cnel e Province. La riforma costituzionale prevede l’abrogazione totale dell’articolo 99 della Costituzione riguardante il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
Entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge verrà nominato un commissario straordinario a cui sarà affidata la liquidazione e la ricollocazione del personale presso la Corte dei Conti. Dal testo della Costituzione viene eliminato anche il riferimento alle Province ma sono previste delle premialità per le Regioni “virtuose”, quelle cioè con i conti in regola. - 8) La legge elettorale: ricorso preventivo alla Consulta. Prima della loro promulgazione le leggi che disciplinano l’elezione dei parlamentari potranno essere sottoposte al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte. Il ricorso motivato dovrà essere presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera o almeno un terzo dei componenti del Senato entro 10 giorni all’approvazione della norma. La Consulta si pronuncerà entro 30 giorni e, in caso di dichiarazione di illegittimità, la legge non sarà promulgata.
- 9) L’equilibrio nella rappresentanza. Nell’articolo 55 della Costituzione entra un nuovo comma: “Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza” (cit. Forexinfo).
Quindi è su questo che si decide, non su Renzi, non sulla democrazia, che per chi ci crede resterebbe a livello dei maggiori Paesi occidentali e per chi non ci crede potrà continuare a pensare che peggio di come è andata negli ultimi 5 anni, dove con la sacra e inviolabile Costituzione, la “migliore del mondo” non c’è stato verso di andare a votare e siamo già al terzo governo non eletto dal 2012 (che ne dite cari passionari del circolo Arci che sifatantafaticaafarsidareloscontrino?). Si decide se la modifica serve a far funzionare meglio lo Stato oppure no.
Da appassionato di economia vi dico che da fuori guardano con attenzione a questo referendum, per capire se questo Paese può ancora autogovernarsi oppure no.
CONCLUSIONE
La riforma è un pasticcio? Poteva essere migliore e razionale? Sicuramente, ma, al netto dei demeriti di Renzi, qualcuno è in grado di spiegare come si potevano evitare i mille compromessi di cui è infarcita in un Parlamento dove nessuno ha i numeri per governare da solo e far passare alcunché senza i voti trasversali di turno?
[Massimo Scalas]
PS. mi permetto una domanda aggiuntiva mettendomi nei panni di chi Renzi non lo sopporta (bè anche io non lo sopporto, perchè non sopporto le palle che racconta): secondo voi è più facile mandarlo via con una nuova legge dove chi vince prende tutto o quanto meno governa, o con la legge attuale che permette ad un partito minoritario come il Pd di governare a colpi di inciuci con Verdini e Berlusconi? Meditate gente…
One thought on “io voto sì. NONOSTANTE RENZI”
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