Quanto sono stupidi gli uomini di potere che non si rendono conto che il loro strumento, di cui tanto abusano, dura quanto il verde degli alberi, poco tempo e niente più. Solo che la superbia li accieca…
Se ci fossimo chiamati Travaglio, Gaspari ci avrebbe trattati come dei volgari stalker dietro i suggerimenti capziosi di Curreli, Martucci e Grieco?
ODDÌO, LE « AUTORITÀ COSTITUITE »
PEI SUDDITI SON PEGGIO DELL’ATRITE!
Di tutti i giornalisti che ci sono oggi in circolazione, l’unico a cui non mi piacerebbe mai somigliare è Marco Travaglio. Non perché sia uno stupido: non lo è affatto. Ma perché il suo sangue ha lo stesso calore di quello di un crotalo: diàccio come il freddo di qualche notte fa.
La sua sàtira è algida, più che fredda. E se lo sentivi parlare – come quando leggeva i suoi compitini a casa nelle trasmissioni di Santoro –, dal metalinguaggio e dal tono della voce, potevi renderti conto che, dietro i suoi tagli precisi di stoffa, c’era pure disprezzo per le persone di cui “tesseva gli elogi”.
Non tutti i sàtiri (e ricordo, sull’uso di questo termine – che non indica uno necessariamente con il pisello ritto – il saggio di Alessandro Ronconi Orazio satiro); non tutti i sàtiri devono essere gelati come l’etrusco cervellotico Persio, che a Travaglio molto somiglia; né pletorici e pieni di detriti come quel grande fiume assiro di Giovenale. Preciso che fiume assiro è citazione callimachea: tutta roba che i nostri beneamati padroni, magistrati delle procure, ignorano sicuramente alla grande.
Personalmente preferisco un po’ di sana contadinaggine che mi riconduce a personaggi quali la Nencia da Barberino e la Beca da Dicomano, tutti alimenti per plebei, con tanto di farine di grilli e cavallette, non per i fini palati di molti augusti magistrati, non ultimi vari di quelli pistoiesi.
Giungo al conquibus: Renzi piglia un bel calcione nel culo, con fino a 72 mila euro in totale da pagare (in verità, per lui e i suoi introiti, una cacca di piccione, se si pensa a quanti sghèi ha guadagnato il famoso dentino anche frequentando gli emiri); mentre a Pistoia le nostre più semplici battute non solo sono state censurate da giudici puritani, magari, come Claudio Curreli, che lavora (e non dovrebbe) nello stesso tribunale in cui opera anche la moglie; oppure fa il pubblico ministero, ma ignora le leggi sugli ingressi clandestini e favorisce gli irregolari perché dall’alto della sua insindacabile coscienza è cristianamente favorevole alla Terra Aperta: non solo sono state censurate da giudici puritani, dicevo, ma ci hanno addirittura fatto condannare ad anni di carcere da un rigido Luca Gaspari che, della verità storica, manzonianamente citando, se n’è impipato alla grande. Tanto a pagare non era mica lui.
Sicché, stavolta scomodando Dante (oggi definito fascista) e l’undicesimo canto del Purgatorio, va bene dire:
Oh vana gloria de l’umane posse!
Com’poco verde in su la cima dura…
In esegèsi: quanto sono stupidi gli uomini di potere che non si rendono conto che il loro strumento, di cui tanto abusano, dura quanto il verde degli alberi, poco tempo e niente più. Solo che la superbia li accieca.
Vedo così il Pm capo Tommaso Coletta che promulga circolari assurde che impediscono l’accesso agli atti e alle carte utili a difendersi da questo mondo di dilettanti allo sbaraglio; vedo Luigi Boccia che soggiace alle assurdità delle regole colettiane e – lasciatemi cantare… – l’unica domanda che mi sale alla cerchia dei denti (anche qui citazione, ma stavolta immensa, trattandosi di Omero) è la seguente:
Ma davvero questi personaggi sono stati capaci di superare tutti i cicli di studio – inferiori, superiori e universitari – fino a giungere a una laurea che ha loro permesso di passare un concorso in magistratura?
Strano e mirabile, perché neppure riescono a comprendere che, per il principio della gerarchia delle fonti, la circolare di un pubblico ministero, pur se capo come Coletta, non potrà mai limitare l’uso lecito di una norma di legge.
Ma davvero Pistoia è ostaggio di cotante violazioni contro il diritto di difesa, fino all’apice della vergogna nel trattamento Turelli, costretta ad affrontare l’interrogatorio di garanzia perché due giovani speranze della magistratura le imposero di presentarsi in uno stato di conclamata violenza alle norme di legge? E se mi dite che fu un errore, vi rispondo che sì: fu un errore, ma o da ignoranza crassa o da malafede graveolente.
Perciò stamattina ho rinnovato al sostituto Boccia – che non ha chiaro il principio della gerarchia delle fonti – la richiesta di rilasciarmi copia integrale del fascicolo nel quale costui ha inserito una richiesta di archiviazione per Luca Benesperi, provvedimento che, in buona sostanza, ha tutta l’aria di tendere a voler scriminare un sindaco per lasciare in piedi l’incriminazione di una comandante – la Turelli appunto –, già vessata e perseguitata in ogni modo possibile e immaginabile in quanto (posso pensarlo o è reato?) non gradita a quel dio onnipotente di mai-comandante Nesti che, ad Agliana, quod non fecerunt barbari, fecit ille, parodia di un detto famoso indirizzato al papa Barberini Urbano VIII.
Per l’avvocata Elena Giunti, che non sa il latino (e non so se anche per l’Elena Augustin e la Cristina Meoni), prendete contatto con uno dei prof. del liceo Forteguerri, dove il sostituto Curreli, di casa, fa il piantaiolo con l’imposizione delle mani sui virgulti, quasi avesse il fluido magico – ovviamente per sbagliare quasi ogni sua non-indagine.
E ora dite: è più grave la carta igienica di Travaglio con la foto di Renzi sulla parte del netta-culo, o questa mia staffilata sul viso di un sostituto che, come Curreli, viola con assoluta disinvoltura e super-spesso il dettato dell’articolo 358 ccp?
Buona giornata ai sàtiri senza pisello ritto, e in bocca al lupo a tutte le vittime del tribunale di Pistoia. Che sono, davvero, fin troppe.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Imposizione delle mani: in greco χειροϑεσία ovvero χειροτονία.
In latino impositio manuum