«LA CACCIA COME IN ITALIA? NEMMENO IN COLOMBIA!»

Lupi
Lupi

PISTOIA. Si rinnova il consiglio di Federcaccia Pistoia e colgo l’occasione per intervenire, in generale, su questa pratica che, anche nei periodi di fermo, si contraddistingue per gare e trofei più all’insegna di addestramenti militari stile guerra in Kosovo che della pratica sportiva.

Premetto che allo stesso modo condanno gli allevamenti intensivi, veri e propri lager industriali, che imbottiscono gli animali di antibiotici e ormoni (da cui mucche pazze e peggioramento delle proprietà nutritive etc.) e mangimi. Mangimi realizzati disboscando foreste in tutto il mondo (e le popolazioni “primitive” che vi abitano, evviva il terzomondismo!) e, come avviene in pianura Padana, cospargendo il territorio di diserbanti e pesticidi tossici (da noi provvede, indisturbato, una parte del vivaismo) che vanno poi in mare e risalgono la catena alimentare.

Al netto di ciò ripropongo il caso unico italiano per cui nei nostri confini è consentito ai cacciatori di violare la proprietà privata. In base all’articolo 842 del codice civile i cacciatori hanno diritto di entrare in proprietà boschive e fondiarie, armati e pronti a sparare con al seguito cani sguinzagliati: neanche in Colombia!

Capisco l’originario intento democratico di non riservare l’esercizio venatorio ai soli aristocratici possidenti di boschi e selve; capisco anche l’introduzione di questo costume durante il periodo fascista, in cui si doveva abituare i cittadini alle armi: ma oggi costituisce un insensato e pericolosissimo (molti episodi di incidenti lo confermano) retaggio, che preclude a tanti la fruizione di aree montane nel periodo della caccia.

Cacciatore
Cacciatore

In aggiunta sempre più spesso sentiamo la litania che lupi, storni, ungulati e volpi mettono a rischio le attività agricole e devono quindi, con grande soddisfazione dei cacciatori, essere abbattuti.

Con la stessa logica arriveremo presto a dire che anche le farfalle sono nocive e partiranno i pogrom contro di loro. Solo Cappuccetto Rosso e la nonna dovrebbero temere il lupo: ricordo che anni fa il Wwf avviò un progetto di protezione dei greggi che consisteva nel donare pastori maremmani agli allevatori.

Come soluzione alle minacce degli ungulati già anni fa su Greenreport, il quotidiano di economia ecologica, indicai che bastava mettere in campo delle moderne politiche forestali e integrate coi vari ecosistemi, pratiche ormai diffuse e facilmente replicabili.

Lo dissi stigmatizzando alcune incaute uscite da bulletto di periferia del presidente della provincia di Firenze [l’attuale presidente Renzi – n.d.r.] allora succubo delle lobby delle associazioni venatorie, oggi succubo di tutte le lobby che foraggiano la politica (slot machines, appaltatori etc.).

Del resto la categoria dei cacciatori è uno zoccolo duro che tiene sotto ricatto i politici di tutti i colori, a partire dai vari Venturi e Morelli che senza i voti dei cacciatori non andrebbero molto lontano.

[*] – Cittadino del mondo

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2 thoughts on “«LA CACCIA COME IN ITALIA? NEMMENO IN COLOMBIA!»

  1. Carissimo Fabrizio,
    essendo “dell’altra sponda” (in senso venatorio) provo a commentare le tue osservazioni, iniziando dall’ultima, che attribuisce ai cacciatori un potere lobbistico in grado di determinare le fortune elettorali dei politici locali. Lo faccio presentandoti qualche dato.
    Il numero dei cacciatori iscritti in Provincia di Pistoia è di poco superiore alle 6.000 unitá con una riduzione del 30% rispetto al 2002. Come vedi lo zoccolo duro tanto duro non è…..anzi, mi verrebbe da pensare piuttosto che la categoria sia indirizzata verso un lento ma inesorabile declino se non all’estinzione, anche in considerazione del fatto che l’etá del 60 % dei cacciatori è compresa fra i 60 ed i 90 anni. Francamente non riesco ad immaginare questo esercito di arzilli vecchietti impegnato in “addestramenti militari tipo guerra in Kossovo” ne tantomeno riesco a credere che possano spostare il loro gradimento elettorale in funzione della disponibilitá politica ad elargire chissá quali favori. La “litania” sulla necessitá di provvedere al contenimento di alcune specie animali è supportata da elementi oggettivi, sia di carattere economico (vedi danni alle colture) sia di carattere scientifico. La caccia di selezione agli ungulati è un esempio di come il cacciatore “evoluto” si sostituisca alla natura per mantenere sul territorio un numero di animali “sostenibile” e per far questo partecipa a rigorosi esami di abilitazioni ed a faticosi censimenti territoriali, dunque alla figura del cacciatore “sparatutto” si van man mano sostituendo quella del cacciatore preparato e attento alla conservazione del territorio e della fauna che lo abita. Sulla questione del lupo se ne sentono raccontare di ogni. Personalmente amo questo animale e sono felice che, finalmente, sia tornato a popolare le nostre montagne. Occorre tuttavia, anche in questo caso, analizzare la questione (non il problema) con rigore ed obbiettivitá. Quando i lupi colonizzano territori massicciamente antropizzati diventano un problema per la collettivitá e per la loro stessi. Preferisco godermi lo spettacolo di un lupo nel suo ambiente naturale piuttosto che vederlo rovistare fra i cassonetti dei rifiuti in cerca di cibo. Ma credo che anche tu la pensi così. La soluzione di regalare ai pastori un pastore abruzzese, come quelle che proponi per il contenimento degli ungulati, sono soluzioni “improbabili” sia in termini di fattibilitá che di costi economici. Allora proviamo a discutere della questione sensa demagogie nell’interesse del lupo, degli ungulati e della collettivitá.
    Condivido, senza se e senza ma, la tua riflessione sull’articolo 842 del c.c., un diritto tanto assurdo quanto desueto se confrontato con le discipline apllicate in tutto il resto d’Europa.
    Anche in questo caso l’esperienza della caccia di selezione dovrebbe far riflettere il legislatore per consentire al nostro paese di fare un salto di qualitá nella direzione della tutela della libertá e dei diritti di ciascun cittadino.
    L’argomento meriterebbe ulteriori riflessioni, purtroppo credo che la politica abbia altro di cui occuparsi e di certo il caos di competenze che scaturirá dalla soppressione delle Provincie rischia di determinare una diminuzione del controllo del territorio a tutto svantaggio di animalisti e cacciatori. E su questo probabile scenario futuro meriterebbe soffermarsi.
    Un caro saluto, stefano pecchioli

  2. Ma un referendum su l’abolizione della caccia non lo propone nessuno?
    Io penso che sia più onesto e più semplice chiedere agli Italiani una volta per tutte se vogliono o nò abolire complatamente la caccia. Oggi i cacciatori rispetto agli anni passati sono diminuiti, e diminuiranno ancora, visto quanto costa oggi uscire di casa con un fucile per andare a caccia. Solo pochi possono permetterselo!
    Purtroppo a molti anticaccia questi soldi gli servono, e allora si diveruno a disprezzare i cacciatori ma di abolizione completa della caccia non ne parlano mai….

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