la dolce morte. GARANTIAMO IL DIRITTO A NON SUBIRE L’ESISTENZA

I Paesi europei e l’eutanasia
I Paesi europei e l’eutanasia

PISTOIA. Non si può parlare dei figli, chi li ha non ne parli perché parlerebbe della propria carne viva.

Chi non li ha o ha deciso di non averli per eccesso di sensibilità o per egocentrismo quindi, o soffrirebbe troppo o ha poco da dire, oppure non può averne e questa condizione, spesso vissuta con dolore e frustrazione, rende oggettivamente difficile argomentare.

Figuriamoci parlare di dare la morte a un figlio, figuriamoci poi pensare di coinvolgerlo in un ragionamento sulla sua eventuale maggiore o minore disponibilità ad abbandonare la vita, prospettandogli l’eutanasia.

La mente si rifiuta e sinceramente anche il corpo, si contorcono le budella.

Tuttavia viviamo in forma organizzata, la nostra vita è regolata da norme giuridiche che tendono a occupare ogni aspetto anche il più riposto della nostra esistenza.

Eluana Englaro
Eluana Englaro

Dal 1978 in Italia abbiamo la legge sull’aborto, abbiamo introdotto la fecondazione assistita omologa e di fatto anche quella eterologa: i meccanismi del venire, o non venire, al mondo li abbiamo interpretati e manipolati tutti quanti, e per quanto non c’è in Italia basta andare in altri Paesi della stessa Unione Europea e ottenere figli da madri surrogate: spesso è sufficiente pagare.

Sul lato opposto invece, quello della morte, ad oggi nessuna legge.

Al contrario di quanto accade in Italia, di recente alcuni Paesi, come il Belgio, balzato in testa alle news più tristi di questi giorni, hanno adottato norme che consentono l’eutanasia, anche nei confronti di minori.

Si può facilmente prevedere che non sia lontano il giorno in cui anche il nostro Parlamento – mono o bicamerale poco importa – si troverà ad affrontare questo tema, perché il diritto va nel verso che la società che lo esprime ha imboccato.

Quel giorno, quando non si potrà fare a meno di parlarne, sarà il caso di sgombrare la mente da pregiudizi, e cercare di capire fin dove è il caso di spingersi, in modo tale che una mamma e un babbo possano garantire al proprio bambino il diritto a non subire l’esistenza; bisognerà anche liberarsi dai condizionamenti ideologici perché non si tratta si sostituirsi a Dio, né se non c’è (perché non avrebbe senso sostituirsi a qualcosa di inesistente), né se c’è, perché in quel caso nella sua infinita bontà può solo illuminare la strada.

Se poi Dio non è infinitamente buono, che Dio è?

[Paola Fortunati]

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