LA DURA PALESTRA DELLA “COMPAGNIA DELL’ELFO”

Cristina Crippa
Cristina Crippa

PISTOIA. Le impressioni ricevute ieri durante e dopo la rappresentazione al Teatro Manzoni di Morte di un commesso viaggiatore sono state ampliamente confermate oggi pomeriggio, dove nel saloncino si è svolto il rituale incontro con il pubblico da parte dello staff artistico in scena, sostenuto da Saverio Barsanti fino all’arrivo, tardivo, di Gabriele Rizza, il moderatore.

A sollevare ulteriormente l’asticella del gradimento visivo, ottico, olfattivo, morale, umorale e artistico ci ha pensato l’intelligenza, cristallina e trasparente, di Elio De Capitani, regista e protagonista della rappresentazione, che ha spiegato, per quale motivo, dall’alto dei suoi successi e riconoscimenti e dopo una vita trascorsa al teatro dell’Elfo, si sia messo all’anima di riprodurre una commedia tanto inflazionata.

“Ho scelto tutti i personaggi – racconta Elio De Capitani –, Cristina compresa (la moglie, Crippa), perché ognuno di loro poteva dare a questo stravolgimento implosivo tutta la propria carica, personale, morale e a volte contraria. E ogni volta che andiamo in scena, scopriamo, tutti, un aspetto nuovo, perché ogni volta, ognuno di noi, si cala sì perpendicolarmente, ma con animo nuovo, rinnovato o maltrattato, nei panni del proprio personaggio. Questo è un aspetto importantissimo della filosofia che sta alla base della nostra compagnia, perché credo fortemente che se è vero che un attore non goda, per fortuna, di onniscienza e che a questa è bene e meglio che non aspiri, è però altrettanto imperioso, utile e funzionale che inneschi la propria personalità all’interno del ruolo assegnatogli”.

Elio De Capitani e Saverio Barsanti
Elio De Capitani e Saverio Barsanti

Così è, infatti, ma non solo perché così appare, perché questa è la palestra nella quale, ogni giorno, la compagnia meneghina di Elio De Capitani immerge i propri studi. Un adorabile maschilista, Elio De Capitani, distante anni luce dal personaggio debole e tapino della scena, armato, in borghese, di una fascia prossemica apparentemente elastica e duttile, in realtà solida e refrattaria ad incursioni incontrollate, che nonostante ascolti tutto e tutti, preferisce, da quel che sembra, apporre l’ultima decisiva parole a chiosa di ogni introspezione.

Un adorabile borghese grande grande, che ingigantisce e impreziosisce un teatro già ricco di luce con poderose interpretazioni cinematografiche. Il film andato in scena ieri e che si replicherà stasera, alle 21 e domani, alle 16, è un altro tassello indispensabile alla cultura teatrale di questo Paese (stavolta la maiuscola è d’obbligo), che dovrebbe probabilmente investire con più coraggio, energia e risorse in un ambiente che ha i numeri per risollevarci dalle sabbie mobili nelle quali ci stiamo impantanando da troppo tempo.

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