PISTOIA. Pubblichiamo l’omaggio a Pasolini che ci invia un lettore.
Vorrei ricordare a quarant’anni dalla morte atroce, il grande artista PP Pasolini, ogni definizione è riduttiva di fronte alla molteplice attività dei materiali espressivi che riusciva a trasformare al minimo contatto.
Prima di tutto, Pasolini è rimasto fedele alla sua vocazione poetica (en poète) nella sua accezione più nobile, anche quando si dedicherà ad altre forme espressive, pensando al cinema di poesia, pensiamo all’opera di poesia che è il Vangelo secondo Matteo, Uccellacci e Uccellini ecc..
Anche nei suoi scritti ultimi (Scritti corsari e Lettere Luterane), c’è chi ravvisa i caratteri della poesia e addirittura c’è chi dice che Pasolini sia più poeta quando non scrive poesia.
Per me la grandezza di Pasolini è stata quella di una inesauribile lotta contro un mondo che rifiutava la sua “voce” (il mondo non mi vuole e non lo sa) e la sua incursione in vari campi espressivi per dire la sua verità spesso e soprattutto scomoda e urtante.
L’artista friulano, l’intellettuale del dissenso è stato forse l’unico esempio in Italia, che ha svolto la sua critica e visto dentro la notte quello che stava avvenendo durante il cosiddetto boom: “Nel restare dentro l’inferno con marmorea volontà di capirlo, è da cercare la salvezza. Una società designata a perdersi è fatale che si perda: una persona mai”.
La sua testimonianza, nella sua risonanza religiosa cristiana legata a martire, attesta perché vede con i propri occhi e ascolta con le proprie orecchie; è una testimonianza nel suo tempo, ma non soltanto del suo tempo.
Il “Poeta delle ceneri”, ha visto ingiallire le sue speranze in una palingenesi sociale, ha visto leggendo i segni esteriori (semiologia) la trasformazione del popolo in massa piccolo-borghese, nell’ansia di obbedire ad un “ordine non pronunciato” ma vissuto esistenzialmente quello di consumare, quello dell’edonismo di massa.
“Nulla è insignificante alla potenza industriale! La debolezza dell’agnello viene calcolata ormai senza più fatica nei suoi pretesti da un cervello che distrugge ciò che deve distruggere”.
Il suo “piangere” un mondo che vedeva e sentiva scomparire, lo portava a cercare altrove quello che aveva trovato nelle borgate romane, degli anni 50, cercando la genuinità del popolo nel Terzo Mondo. “L’Italia è un corpo stupendo, ma dovunque lo tocchi o lo guardi, vedi, attorcigliate, le spire viscide e nere di un serpente, l’altra Italia. Come si può far l’amore con un corpo tutto avvolto da un serpente? Così comincia la castità”.
Pasolini, regista di memorabili film, arrivato alla settima arte tramite la sua “fulgorazione pittorica”, allievo del critico d’arte Robero Longhi, i suoi primi film sono di grande denuncia sociale, in alcuni si sente ancora il neorealismo, la sua sempre adesione e difesa della “resistenza” ma con lo stile magmatico, dove gli influssi pittorici (Masaccio, Mantegna, Piero della Francesca) sono decisivi e dove l’elemento religioso epico si unisce grazie anche alla scelta di musiche sacre (Bach) che fanno da cornice alle lotte per la strade in alcune scene (Accattone)…
Al centro della sua arte ci sono gli ultimi (Competenza dell’umiltà, G Contini) c’è il volto sfigurato di Cristo (patiens), pensiamo ad Accattone, film d’esordio dove ci sono tutti i tratti della sua evoluzione artistica posteriore; i primi piani frontali, la scelta degli attori non professionisti, le colonne sonore, (pastiche ) Accattone, (salvezza di un anima come dirà il regista), Mamma Roma la ricotta, Il vangelo secondo Matteo, Uccellacci e Uccellini.
L’incontro con il Vangelo inizia da lontano dalle prime poesie a Casarsa dove in un verso (La domenica Uliva) dice: Cristo mi chiama ma senza luce. Del resto nella sua splendida e commovente lettera che scriverà a Don Giovanni Rossi della Pro Civitate Christiana di Assisi, nel 1964, dice che si sente “da sempre caduto da cavallo” ma che un piede è rimasto nella staffa.
“Io difendo il sacro perché è la parte dell’uomo che offre meno resistenza alla profanazione del potere, ed è la più minacciata dalle istituzioni delle Chiese”.
In ogni anniversario puntualmente c’è una bibliografia immensa su Pasolini, a mio avviso da semplice appassionato, vorrei consigliare di leggere direttamente i suoi scritti, le sue poesie, vedere i suoi film senza tutti quei libri che ogni anno continuano ad uscire poiché il rischio è quello di sentirne parlare ma di non andare alla fonte, oltre al consumo che va nella direzione da lui combattuta anche se in modo contraddittorio.
Massimiliano Filippelli