LA MAGIA-UNESCO? QUARRATA SI CONSOLI CON DE ANDRÉ

Mauro Pagani alla Màgia
Mauro Pagani alla Màgia

QUARRATA. Connubio migliore, oggi, a Quarrata, non avrebbero forse potuto trovarlo. Eh sì, perché nel giorno nel quale l’Unesco inserisce la Villa medicea de La Magia tra i patrimoni dell’umanità, ad accompagnare, in note, l’evento, c’è la musica di Fabrizio De André, intonata, anche a mo’ di consolazione per i quarratini tartassati, da Mauro Pagani, l’inventore della Premiata Forneria Marconi e il musicista con il quale il cantautore ligure scrisse Creuza de ma.

Che non è un album facile. E non solo perché cantato in strettissimo ligure, ma perché si allontana, sideralmente, da tutto quello che fu, prima, Fabrizio De André: un’istituzione, vera e propria, con un riconoscimento trasversale di poesia. Con quell’album Fabrizio De André accettò l’ennesima ultima scommessa, vincendola in modo osceno, tanto che l’universo sonoro, David Byrne su tutti, elesse quell’incisione come una delle dieci cose più belle scritte, suonate e cantate negli anni ’80.

Con l’amico perduto, a La Magia, per una giornata inimmaginabile, almeno fino a tre anni fa, quando a Quarrata decisero che un patrimonio del genere non potesse essere solo lustro anonimo degli indigeni, Joe Damiani alla batteria e alle percussioni, Mario Arcari alle tastiere e Eros Cristiani a tutti gli strumenti a fiato che si possano immaginare.

Nel giardino, in uno dei giardini del parco quarratino dove l’organizzazione ha allestito palco e spazio per gli spettatori, finalmente un fiume di persone: il doppio evento è riuscito a staccare parecchia gente dalle poltrone e dai telecomandi televisivi inducendoli a non perdersi una cosa tanto suggestiva, quanto unica. C’è solo da chiedersi – forse – che giro di affari riuscirà mai a smuovere questa Magia targata Unesco…

Perché la promozione nel gotha dell’Unesco è una cosa che la Villa Medicea merita a pieni voti: ora bisogna dare un senso a questo passo in avanti, verso la stratosfera, casomai trasformando questa meraviglia in qualcosa che possa consumarsi un po’, senza deteriorarsi, grazie al passaggio, delicato, elegante e rispettoso, di chi vuol vivere dentro una leggenda.

Insomma, bisogna farne altri, di concerti, in quei giardini; occorre che la musica diventi, davvero, un suono familiare della Villa, così come lo sono i fusti secolari che ne impreziosiscono l’habitat.

Almeno si spera che qualcuno, in futuro, possa venire anche a pagare per far fruttare un bene che, finora, ha portato solo perdite e rimesse.

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