Dopo il libro di Piero Bigongiari di Navacchio la città ha conosciuto solo crolli e macerie ovvero tutti gli inconvenienti di un sarcofago che, in 75 anni di pace europea, sembra che sia stato incapace perfino di togliersi le caccole dal naso. Troppo provincia per essere città, troppo orgoglio campestre per poter vantare un alcunché di nobile
QUELLO CHE VIENE SU CADE GIÙ PURE:
QUESTA LA SORTE DELLE COSE DURE . . .
A VOLTE la Natura è molto più provvida di questi intelligentissimi che si definiscono uomini e che, in realtà, sono solo delle minchie con gambe che le portano a giro a fare danni d’ogni genere.
Chi crede nel mangurro come me, sostiene che dio, non esistendo, non può aver fatto tanti danni con una sola coppia di stronzi, Adamo ed Eva, responsabili di tutto questo puttanaio mondiale in cui tutti si affannano a voler sostenere il politicamente corretto, mentre in realtà se si distribuissero mitra invece di mascherine per il Co[gliona]vid e acido nitrico al posto dell’Amuchina, per disinfettare le manine di tanti grattapalle e sucaminchia (sia M che F che Lgbt), la popolazione mondiale, con grande soddisfazione di cazzoni come George Soros e Bill Gates, si ridurrebbe drasticamente a non più di venti o trenta milioni di individui. I tedeschi, con la Merkel in testa, resterebbero non più di una trentina, massimo quaranta – e sarebbero ancora troppi per come si comportano e per le idee che hanno.
Le risorse mondiali schizzerebbero immediatamente a picchi di impennata incredibili. Ma chi arricchirebbe tanti bravi omìni democratici che ci vogliono tanto bene e ci mandano tanti neretti a rompere i coglioni per la loro sostanziale presenza nullafacente «per le vie del borgo e al ribollir dei tini» carducciani? Ma il mondo deve essere quello dell’accoglienza e del tuttunpò-sennò-sei-stronzoeffascìsta…
Meno male che la Natura, più intelligente e provvida degli umani (?) lavora – dicevo – per suo conto! Ieri mattina, ad esempio, viaggiando da Porta San Marco verso viale Arcadia per Sant’Agostino, sùbito dopo la curva di quei quattro sassi di San Michele in Forcole, ho visto spuntare, sulla sinistra, un pezzo di cielo aperto, e la luce del sole penetrare in una delle strade più brutte, buie e sconce della grande Capitale della Cultura 2017 – un altro dei classici flop locali.
Se Pistoia ha delle strade che fanno orrore, una in particolare oltre che orrore fa pena: l’Arcadia, appunto. Con un nome da paesaggio idilliaco pieno di pastorelle, contadinelle, caprettai e giovini rampolli viventi in aree naturali amene, quella specie di galleria del verde-cupo, anche un po’ marcio, è – si direbbe – la negazione di se stessa e un’immagine-emblema della città di Cino e di Vanni, luce e tenebra.
Pistoia è fatta così: forma che contraddice la sostanza. Quindi negazione di sé stessa. È triste da morire con le sue strade in centro, che puzzano di piscio e di muffa a ogni ora del giorno e della notte, e le sue strade di periferia che sono un ricciolo di crema al burro su una torta inzuppata non di liquore ma d’acqua sbranata dalla Brana: la città vuole accreditare una sua immagine di solare vetta d’Olimpo, dove non mai sono nubi e la luce dilaga (per citare un Cinci come Omero e altri ancora) ma in realtà – come dicono gli aretini – «puttane e burrasche vengono da Pistoia».
Questo anche se arrivano, poi, i vari Mario Giordano a starnazzare con stridula voce; o gli Alessandri Sallusti o gli epigoni di Belpietro. Una volta una canzoncina anarchica diceva «Non esiste Gesù | è soltanto una favola | inventata da te per burlarti di me. | La madonna non c’è | è soltanto un’immagine»… e via dicendo.
In realtà anche questo motivetto, che canticchiava spesso l’amico Roberto Fedi quando andavamo, di lunedì, a fare lezione all’Università per Stranieri di Perugia, era una specie di salvacondotto goliardico per Pistoia: la città in cui l’Arcadia sa più di Lago d’Averno che dei siculi campi fioriti in cui il dio degli inferi, Ade, rapisce Proserpina ai raggi del sole: così com’è, infatti, l’Arcadia pistoiese assomiglia di più a una scura cloaca romana che a un bel viale dal nome aulico e confortante.
Ade, se avesse dovuto rubare Proserpina sul viale Arcadia a Pistoia, se ne sarebbe andato più volentieri al famigerato Papeete insieme a Salvini, in queste ore proprio a Pistoia a turbare la coscienza dei bravissimi cattocomunisti locali.
E poi… Ma ve lo immaginate quell’oscenissimo falso d’autore di quelle due miserrime torrette che strozzano il traffico fra l’Arcadia e la palude di Stìnfalo o di Lerna, scene delle fatiche d’Ercole? Vi s’accede con un restringimento, una sorta di stenosi rettale, che dà il via a via Fermi: di nome e di fatto.
Ma la Natura, seppur detta matrigna da Leopardi, è più provvida della scemenza umana. Del resto lo disse anche Dante, mi pare, nel canto di Ulisse: «Considerate la vostra sCemenza: fatti non foste a viver come bruti, o pistoiesi sanza cognoscenza»…
La Natura ci ha pensato e, come il metano che dà una mano, ha dato una spallata a 30 metri di mura orrende, inutili e insignificanti anche sotto il profilo dell’interesse storico, checché ne dicano gli acculturati del loco e no – come la Simona Querci di Serravalle, che lotta per le mura di Pistoia e le cade la Torre di Castruccio.
Brava Natura! Ma dato che c’eri e avevi fatto trena (metri), potevi farne meritoriamente anche 300 e riportare alla luce, finalmente, il viale del buio oltre la siepe o dei musi tristi nel buio.
Pistoia, in quanto sarcofago, ha assoluta necessità di essere portata alla luce con scavi anche drastici, se del caso. Non come quel terrificante troiaio che è la zona dell’ex San Giorgio, un deserto che fa vergogna a 75 anni di sinistra inconcludente. E dato che ci siamo, andrebbe distrutto quell’orrore delle Fornaci, con quelle costruzioni fatte a cazzo e sparpagliate qua e là, con squadre e righelli (manca un compassino e qualche grembiulino…) che davvero ammazzano il profilo cittadino dei «capitalisti della cultura»!
Anche la grandiosa piazza del Duomo avrebbe bisogno di essere opportunamente rassettata: non con un velleitario ponte di Calatrava (dove i pistoiesi avrebbero dovuto mettere il culo e lui la fava), ma demolendo e ricostruendo, in puro cristallo trasparente, sia il Palazzo di Giano che quello, cupissimo, sinistro e bulgaro, che gli sta minacciosamente dinanzi.
Il Duomo può restare com’è, perché è sempre pieno di mangiaostie di sinistra che ormai si sono fin troppo bene adattati alla lor «degna tana», capiente come quella della famosa nana (per non offendere nessuno: diversamente bassa) di Amici miei.
Duemilaventi e ancora stiamo a parlà’ di mura di ciottoli tondi dei torrenti marcificanti di Pistoia Bassa. Ma non sarebbe l’ora che la Natura, come il metano, desse davvero una mano ai pistoiesi una volta per tutte?
Una bella rasata e un viale nuovo e luminoso “en plein air” – subito dopo una santa spianata in piazza del duomo…
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Delitto di sàtira per i pistoiesi doc che se la tirano anche troppo…
Ode a Viale Arcadia
Vezzosette
pastorelle
che han nel crin
lucenti stelle:
or cantate,
or ballate,
mai nel culo
lo pigliate.
F. M. Sardelli, Proeta del Vernacoliere