PISTOIA. Quando Luca, in amicizia, mi ha chiesto di accompagnarlo nella presentazione del suo libro di racconti mi sono innanzitutto sentita lusingata e ho provato anche entusiasmo perché mi ritrovavo di nuovo a leggere qualcosa per puro piacere (e non per dovere… come mi capita vista la mia professione).
Ecco allora che ho raccolto questa sfida e fin dalle prime pagine che ho letto, visto che Luca non è uno scrittore professionista (per lo meno non ancora!), mi è tornato in mente qual è il bisogno primordiale del narrare, l’arte più antica dell’uomo, il mezzo forse più magico di cui è in possesso il genere umano…
Cosa succede quando raccontiamo? Facciamo vivere esperienze, situazioni, sensazioni disparate, veniamo a contatto con mondi “altri”. Ecco perché l’arte del narrare si modifica e muta struttura insieme alla storia del pensiero umano. L’arte del narrare può tenere lontano la morte come per Sheherazade, o come per i dieci giovani del Decameron può aiutare a trascorrere il tempo, facendo dimenticare per un attimo l’inferno che c’è fuori.
Quando uno scrittore riesce in questo intento quando dà vita a personaggi, situazioni, come fossero in mezzo a noi, allora può dirsi soddisfatto del suo lavoro.
Voglio allora dire subito che il genere nel quale si è cimentato può anche non piacere ma che Luca, a mio modesto parere, è riuscito in questo intento, ha dato vita a degli individui comuni medi, collocati in uno spazio spesso ricostruibile ma non per questo banale.
I protagonisti di questi racconti rivestono quindi le tipologie più disparate, dal barbone al rappresentante di prodotti chimici. E ciò che forse più di altro conquista il lettore è la normalità “quotidiana” che fa da sfondo a questi racconti. Intendiamoci, che fa solo da sfondo, trattandosi di un’apparente normalità.
Il linguaggio è moderno, quotidiano, a volte grottesco e cinico, a volte non conosce mezzi termini, mai volgare, e comunque sempre vero, autentico che ci fa sentire i personaggi di questi racconti stranamente in mezzo a noi!
Dicevo dei luoghi, dello spazio che fa da sfondo alla vicenda: anche i luoghi sono i più disparati da New York del primo racconto che apre la raccolta, a Bolzano, alla presenza di via della Madonna e via Abbi Pazienza con cui l’autore tradisce (o svela) – a noi lettori la scelta – le sue origini pistoiesi.
Per quanto riguarda la scelta del racconto breve Luca segue un filone, quello della short story, molto in voga in questi anni su Internet, anche se in realtà si tratta di un genere antichissimo che vanta una nutrita tradizione anche in Italia (oltre che all’estero) da Pirandello a Moravia, Buzzati, Calvino, Tabucchi.
Leggendo questi racconti, volutamente centimetrici (già il titolo è intenzionale, ironico, segue una ben precisa presa di posizione dell’autore) sentiamo comunque che tendono sempre alla totalità del senso e questo è un altro punto a favore della raccolta.
Fin dalla prefazione Luca cerca costantemente il dialogo con il lettore e ricorre addirittura all’espediente della captatio benevolentiae. Ogni racconto è corredato di un titolo e di una breve rubrica che ci evoca quella del Decameron. Queste rubriche fungono da introduzione, non ci dicono nulla del racconto in sé ma sono un prezioso elemento per entrare nell’officina del nostro autore e continuare a mantenere con lui un rapporto privilegiato.
Arrivati al terzo racconto notiamo che sono tutti e tre narrati in prima persona e ci ritroviamo di fronte al terzo morto! Ma l’inquietudine rimane sulla carta perché noi lettori proviamo un senso di leggerezza e sorridiamo leggendo dell’uomo del martedì e delle sue vittime. Incontriamo poi una voce femminile in “L’amica del cuore” fino ad arrivare all’ultimo racconto… in cui la morte, tante volte sfiorata, alla fine ci raggiunge.
E chiudiamo le pagine di questi racconti con un sorriso con una serenità di fondo. La stessa con la quale l’autore ci saluta nell’ultima rubrica.
[*] – Insegnante, ospite
Vedi anche: https://www.linealibera.it/rossi-e-la-letteratura-a-centimetri/