L’ANTIRAZZISMO DEI ‘KARNE MURTA’

Las Karne Murta
Las Karne Murta

PISTOIA. Il passaparola sul social network per  eccellenza, facebook, è bastato. Ieri sera, all’ora dell’aperitivo, in via del Ceppo, davanti all’ingresso del bar La Corte, i sette ragazzaci della Karne Murta, hanno dato vita ad una delle loro esibizioni preferite: quella on the road, quella che non ti aspetti, che vai a sentire e vedere solo perché senti confusione, nei paraggi e ti incuriosisce sapere da cosa provenga quel frastuono. Poi, quando sei lì e resti incantato, tra una vodka e un’altra bevanda, altamente alcolica, senti che i ragazzi di Parma sono amenamente arrabbiati: ce l’hanno con i razzisti e con i loro luoghi comuni. Allora suoniamo e sentite cosa abbiamo da dirvi.

Suonano da quasi trent’anni, i Karne Murta, lo fanno perché si divertono da matti e soprattutto, perché null’altro sarebbero capaci di fare. Però non sono niente male e non solo da un punto di vista strettamente tecnico. Il loro repertorio è quanto di più vasto di possa immaginare: a vederli agghindati, si potrebbe dedurre che la band, tutti di Parma, sia formata da inguaribili, nostalgici freakkettoni. Poi però, appena iniziano a sghignazzare, occorre arrendersi allo ska, che è forse il marchio meno indelebile del loro back ground. All’inizio, infatti, i sette ragazzi della via Emilia si chiamavano Skarne murta, un mix difficilissimo da ricomporre: un elogio alla corrente psichedelika, un omaggio ad alcuni bambini sardi che ripetevano quello che sentivano dire in casa dai propri genitori a proposito dei rapiti a lunga gettata e tanta improvvisazione epidermica. Il nome che hanno sta bene loro, meglio non cancellare le origini, fortunate.

I sette strumentisti attuali sembrano essere quelli che resteranno nei secolo dei secoli: Bufo, il bandleader, chitarra e voce; Garrincha, voce di contralto e seconda chitarra, acustica; Gigi Squinzi suona ragionevolmente il basso, mentre Ollio T-Bone, per semplice assonanza, è il trombone. L’altro fiato della formazione è affidato a l’Iindio, mentre Sgorbio è alle percussioni. Raccordo acustico e ritmico della band della bassa padana è Kavasaki, alla batteria.

E nonostante l’angustia dello spazio a disposizione, a riscaldare l’ambiente, ieri sera, c’erano tutti e sette. Certo, a maniche corte c’era solo Bufo, ma dopo pochi minuti dall’inizio del concerto, i presenti, un nutrito anche se intimo stuolo di paraalternativi, hanno capito perché. Oltre che cantare a squarciagola, il padre spirituale della formazione ha anche il compito di spiegarle, le canzoni e cercare di imboccare lo spettatore lungo il percorso che condurrà fino alla fine. Si suona e si canta per divertirsi, senza dimenticare quello che ci sta scivolando addosso, a due passi dalla nostra opulenza: guerre, intolleranza, violenza. L’alternativa, flebile, ma unica da parte di Karne Murta, è quella rappresentata dalla loro musica, una macedonia, un frullato di generi, tra il demenziale e il goliardico suggerito in più slang in un contesto sonoro decisamente all’altezza.

E poi ci si diverte, a sentirli suonare, perché non si prendono affatto sul serio, i sette parmigiani (guai a chiamarli parmensi!), anche se poi, chini sui loro rispettivi strumenti, fanno tutti sul serio. Una band parecchi colorita, che raccomandiamo all’Amministrazione viareggina per il prossimo Carnevale, che si sa, ogni scherzo vale, anche far sul serio.

Print Friendly, PDF & Email