PISTOIA. Dopo una piccola riflessione e qualche commento provocatorio al post Lasciateli riposare, sull’incontro alla caffetteria Marini su Sacco e Vanzetti, ci giunge la nota che segue:
Così si rivolge al giudice di presidenza Webster Thayer Bartolomeo Vanzetti, interpretato da G.M. Volonté nel film famoso che ricorda la vicenda dei due italiani: “… il mio compagno Nicola! Sì, può darsi che a parlare io vada meglio di lui. Ma quante volte, quante volte, guardandolo, pensando a lui, a quest’uomo che voi giudicate ladro e assassino, e che ammazzerete… quando le sue ossa, signor Thayer, non saranno che polvere, e i vostri nomi, le vostre istituzioni non saranno che il ricordo di un passato maledetto, il suo nome, il nome di Nicola Sacco, sarà ancora vivo nel cuore della gente. (Rivolgendosi a Sacco) Noi dobbiamo ringraziarli. Senza di loro noi saremmo morti come due poveri sfruttati”.
Ecco quello che nella nostra umile e modesta dimensione abbiamo cercato di fare ovvero mantenere vivo, nel cuore della gente, il nome di due connazionali, persuasi che così facendo avremmo messo al centro dell’impegno di ciascuno la difesa della dignità umana in ogni suo aspetto, certi che l’omissione e il tradimento di questa fosse la ragione che condusse i due italiani sulla sedia elettrica.
Nessun altro obiettivo, privato o personale, senza ricorrere a filosofie per specialisti e con lo scopo precipuo di rendersi comprensibili a tutti. Non crediamo si debba, per fare ciò, appartenere per forza alla classe di quei puristi ideologici che si ritengono gli unici tenutari delle convinzioni anarchiche che rispettiamo e che in larga parte condividiamo.
Si può contestare il luogo scelto per la manifestazione, i brani letti, le musiche selezionate ma non può essere messa in dubbio o fraintesa l’anima di una serata che nell’intenzione degli organizzatori aveva esclusivamente lo scopo genuino, lontano da qualsiasi faziosità, di ricordare un episodio storico e umano ricorrendo alla suggestione di parole, musica e filmati inediti.
La libertà, come ci viene ricordato, è una cosa seria non c’è dubbio, ma non per questo dobbiamo sottolinearne le prerogative soltanto al cimitero. Molti sono stati i consensi alla nostra iniziativa e naturalmente ad essi vanno annoverate anche le voci di dissenso. Alcune di esse, ovviamente legittime, hanno fatto ricorso alla ridicola ipocrisia che contraddistingue gli “ambienti radical chic” o a vocaboli come coerenza, coraggio, eroismo, conformismo paraculturale ecc. che appaiono oltre che fuori luogo anche incomprensibili.
Chi invoca a gran voce coraggio, coerenza, eroismo da parte degli altri dovrebbe, proprio per la coerenza che sembra stargli tanto a cuore, dovrebbe aver sperimentato direttamente sulla propria pelle che cosa quelle parole significhino concretamente prima di scomodarle e pretenderne il rispetto da parte degli altri, altrimenti è solo vuota retorica.
Non sappiamo se al momento opportuno saremmo capaci di mostrare coerenza, coraggio, eroismo ecc., ma ci conforta sentirsi tutelati, protetti e rappresentati da chi, a quanto pare, ha fatto di questi principi un fondamento fulgido e incrollabile di vita. Critiche ne accettiamo da tutti, ci mancherebbe, e massima la disponibilità a correggere i nostri errori, ma lezioni non ne vogliamo da nessuno.
Ci scusiamo per i limiti mostrati nella circostanza, sollecitando i severi censori della serata a migliorare quanto è stato consentito dalle nostre circoscritte possibilità, in questo modo potremmo, ragionevolmente e democraticamente, confrontarci sullo stesso terreno e su quegli argomenti che non intendevamo dissacrare o solennizzare ma più semplicemente diffondere.
Se poi sorbetti e gelati, gustati nella circostanza dal folto pubblico presente, insieme a dosi massicce di affettati, fossero riusciti a guastare la sensibilità degli anarchici più radicali ci permettiamo di raccomandare loro una salita a Colonnata per un breve ma sostanzioso e rilassante recupero della “memoria” attraverso il ”cibo degli anarchici”, come veniva identificato il lardo prodotto in paese, dove i rifugiati in montagna, dopo i moti rivoluzionari del 1894, portarono i propri maiali sopravvivendo nei loro rifugi grazie al grasso conservato sotto sale.
Gli organizzatori della serata
«RISPOSERO GLI SPARTANI CHE GLI DÈI PREFERIVANO
IL RELIGIOSO SILENZIO E NON LE OFFERTE PREZIOSE»
NEL NOSTRO ESSERE genuinamente democratici, rientra anche la convinta libertà di pubblicare chi ci spara addosso, come in questo caso. E chi altri lo farebbe, specie in questa città prevalentemente ‘trasversalista’, se non gente che sa cosa significa nei fatti e quanto si paga ad essere «Sacco&Vanzetti»?
Ma una cosa non possiamo passarla sotto silenzio facendo finta di nulla: una frase che non ha sostanza né fondamento, se comparata – e ci spiace dirlo – alla realtà di Pistoia, una città in cui il silenzio non è il religioso silenzio degli spartani, ma, il più delle volte (purtroppo), il silenzio complice e omertoso, dentro il quale, spesso e fin troppo, molti, parecchi o parecchissimi – dipende, scegliete voi –, nascondono se stessi. Alla maniera degli struzzi e per un quieto vivere.
La frase è: «lezioni non ne vogliamo da nessuno». Una frase che identifica specificamente il pistoiese medio che si sente uomo super partes ed extra partes.
Prendetele, invece le lezioni, signori pistoiesi schifiltosi. Perché – ne siamo convinti – ne avete bisogno sotto ogni punto di vista. Le lezioni fanno parte della vita e insegnano molto. I filosofi, quelli veri e quelli grandi come Platone, insegnavano dando lezioni: specie lezioni. Di parola e di vita.
Anche perché, se davvero quello che si legge nella puntualizzazione qui sopra pubblicata, fosse il pensiero condiviso da tutti gli organizzatori della serata di Sacco e Vanzetti, quantomeno questa nota – che, per riferimenti espliciti, attacca sia il commento di Piero Giovannelli, che la sostanza del nostro intervento, che ancora più risottoscriviamo e con ancor meno incertezza – sarebbe stata firmata, con autorevole voce, dal dottor Roberto Barontini, qui fin troppo ben defilato dall’esprimere un personale giudizio, sia pure di dissenso. Eppure lui, Presidente dell’Anpi, è stato artefice da sempre della vita politica di questa silenziosa città.
Siamo noi, con il nostro giornale davvero d’altra angolatura o di grand’angolo – a scelta –, che non prendiamo, di fatto, lezioni da nessuno, tant’è che stiamo sui corbelli: e solo perché pubblichiamo tutto di tutti senza piegarci a nessuno, tantomeno a chi, di lezioni, dice di non volerne accettare. Se l’è sognata, finora, Pistoia, una libertà di pensiero e di parola di questo stampo! E provate a dire di no, se ne avete il coraggio alla «Sacco&Vanzetti».
Ma se il silenzio c’è, che il silenzio allora sia davvero un silenzio dei pii, un religioso silenzio: e non un silenzio che applaude, fra sorbetti e salumi, in una città in cui nessuno si è mai accorto di cosa accadeva fra gli impicci degli Untouchables o le ruberie della fu Comunità Montana. Questo può bastare…?
Quanto alla battuta sul «lardo degli anarchici», essa è ancor più fuor di luogo del resto: mangiare il lardo di Colonnata vorrebbe dire – una volta in più – non diventare anarchici (come non diventano più cristiani quelli che sono sempre a comunicarsi in Chiesa), ma semplicemente voler esibire d’essere «radical chic», cosa che noi, figli di falegnami e nipoti di boscaioli analfabeti e contadini cacciati a calci in culo dai padroni delle Cerbaie perché socialisti e scomodi, respingiamo amabilmente dacché, oltretutto, siamo vegetariani – e anche per rispetto dei poveri, umilissimi suini.
«Risposero gli spartani che gli Dèi preferivano il religioso silenzio…» e non tanto il tintinnio delle coppe e dei patti fra sorbetti e caffè…
e.b.