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PISTOIA. Lunedì 6 luglio alle 21, alla chiesa di Vicofaro in via di Santa Maria Maggiore, si parlerà della recente enciclica e della riconversione ecologica della chiesa.
Gli organizzatori, cioè la Pastorale della terra, il gruppo di acquisto solidale ed il centro don Milani, tutti gruppi afferenti alla parrocchia di Vicofaro, hanno invitato a dibattere Letizia Tomassone, teologa e pastora della chiesa evangelica valdese di Firenze, e Massimo Toschi, scrittore già assessore alla cooperazione della Regione Toscana.
Si tratta di un’ulteriore occasione di approfondimento e divulgazione su complesse tematiche ambientali, e quindi economiche e sociali, che la comunità di Vicofaro offre a chiunque sia curioso d’ascoltare.
In effetti le analisi di Papa Bergoglio, per quanto ancora possano apparire solo come teoriche parole che non implicano alcun impegno da parte di chi le pronuncia, rappresentano una rottura epocale col passato.
Una rottura in primo luogo perché emerge, dalla lettura dell’enciclica, un approccio scientifico non dogmatico e assoluto: la complessità dei temi non viene banalizzata né liquidata con formule manichee; i problemi vengono definiti con chiarezza e altrettanto gli obiettivi che dovrebbero essere raggiunti affinché la casa comune dell’uomo permetta una vita di qualità a tutti, anche alle prossime generazioni.

Le denunce di un sistema di produzione, distribuzione e consumo che genera prevalentemente disastri ambientali, miseria e impoverimento, appaiono sapientemente e indirettamente evocate: non si fanno cioè i nomi, ad esempio, di multinazionali dell’agribusiness che detengono il monopolio del cibo, dei pesticidi e dei farmaci, quelle che si arricchivano esponenzialmente mentre la fame nel mondo non diminuiva e mentre le patologie legate al cibo subivano, almeno in occidente, una spaventosa impennata.
L’elogio, etico, sociale ed economico, che il papa argentino ha tessuto della sovranità alimentare ed energetica, alle filiere locali e territoriali di produzione del cibo, alternative alle monocolture intensive geneticamente modificate che generalmente sviliscono la manodopera e impoveriscono il suolo, il luogo dove si genera la vita, non hanno lasciato impassibili le varie lobby che si arricchiscono proprio grazie al depauperamento scriteriato di risorse energetiche e ambientali, oltretutto svalutando il lavoro.
Tanto per fare un esempio delle numerose e variegate levate di scudi verso quello che comunque continua ad essere visto come un potere forte, cioè il leader dello stato Pontificio, è il caso di leggere un articolo (vedi qui) apparso anche su un quotidiano nazionale, proprio nella pagina accanto a quella dedicata all’enciclica pontificia. Si tratta di un pezzo a firma di Serena Sileoni, dell’Istituto Bruno Leoni, e rappresenta un mix formidabile di pressapochismo e mistificazione.
In primo luogo questo intervento contrappone surrettiziamente la rinuncia al benessere, attribuita alla Laudato sii, allo sviluppo e alla modernità, cui non bisogna rinunciare. Peccato che all’autrice, nonché alla cultura di cui è espressione, sfugga completamente quali siano le leve, materiali e immateriali, sulle quali, oggi, si gioca il concetto di progresso: tradisce, il comunicato dell’istituto Leoni, il limite di legare il benessere al vecchio modello lineare di prelievo risorse, uso e accumulo di rifiuti, senza cogliere, tra le altre cose, le innovazioni e le rivoluzioni che verranno introdotte dall’internet delle cose (smart factory, smart healthcare, smart farming etc.). In altre parole tutti quei fattori che stanno iniziando a condizionare la gestione delle aziende e della società, grazie alle applicazioni di monitoraggio e connessione, e che ridisegneranno le interazioni tra persone e persone e persone e luoghi.

In secondo luogo nell’articolo citato si cerca di smentire l’accusa che il Papa muove in generale verso la privatizzazione dell’acqua, usando il vecchissimo slogan per cui “il bene rimane pubblico e si dà la gestione ai privati”. A cui chiunque farebbe notare che, essendo il servizio idrico il bene, non si può che ammettere serenamente: si badi bene, essendo il servizio idrico un monopolio naturale, questa posizione riportata dalla Sileoni smentisce e contraddice i principi liberali dello stesso istituto Bruno Leoni.
Infatti solo quando più privati possono concorrere nell’offrire il medesimo servizio si può parlare di liberalizzazione, che dovrebbe spingere verso un miglior servizio e un minor prezzo.
Ma per non avere dubbi sul fallimento del servizio idrico privato, nonostante Papa Francesco parli e pensi anche e soprattutto ai Paesi dell’America Latina, in alcuni casi letteralmente in guerra per difendere il possesso delle risorse naturali, basta rimanere in Toscana e guardare in casa di Publiacqua. Pistoia ha le tariffe più care d’Italia e, nonostante molti tubi in amianto e disservizi vari come quelli del periodo estivo in Candeglia, l’azienda di Vannoni, il compagno di vacanze del Bomba-Renzi€ (vedi), ha totalizzato, nel 2013 e nel 2014, utili per 47 e 30 milioni di euro.
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Quello che si vuole ribadire è che in un servizio monopolistico, e a Parigi e Berlino lo hanno capito, le tariffe devono servire unicamente per sostenere e migliorare di continuo il servizio: non ha senso che i Comuni abbiano qualche centinaia di migliaia di euro di dividendi se poi la rete è un colabrodo e se dal 2016 l’Ue multerà l’Italia perché anche a Pistoia manca l’adeguamento fognario.
I paradossi quotidiani, relativi sempre a questioni ambientali e di (in)giustizia sociale, che viviamo anche in città, sono infiniti e il dibattito di Vicofaro costituisce una vivace occasione per parlarne.
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