PISTOIA. L’Archivio di Stato di Pistoia (ASPt), con i documenti e gli atti di decenni e secoli passati che custodisce, è veramente una miniera di ricchezza: basta infatti un po’ di fantasia ed è possibile viaggiare a ritroso nella storia di una città a misura d’uomo, in cui per centinaia e centinaia d’anni la vita e il fluire del tempo si sono mantenuti inalterati senza subire le accelerazioni violente o i drastici tagli col passato tipici delle grandi capitali del globo.
La stessa cosa vale un po’ per buona parte del territorio toscano, dove ancora negli anni Venti e Trenta per il sollevamento dell’acqua si usava spesso il bindolo, una ruota idraulica azionata dalla forza animale. Si allegano (qui: guanci.immagini-bindolo), tanto per avere un’idea di un’epoca che molti nonni hanno ancora scolpita nella mente, eloquenti raffigurazioni tratte da un volume di Giuseppe Guanci sull’evoluzione della ruota idraulica.
A Pistoia il vivaio di Martino Bianchi raggiunse il primato dell’irrigazione meccanizzata con la motopompa, e questa rivoluzionaria innovazione, siamo nel ’32, venne celebrata dall’Istituto Luce come tappa fondamentale del progresso nazionale.
Grazie alla rubrica di divulgazione e approfondimento sulle gore pistoiesi condotta da Linee Future ci siamo imbattuti un voluminoso faldone dell’ASPt (*), avente per oggetto la derivazione di acqua ad uso industriale dalla Gora di Gora e Gora di Scornio in località via del Bottaccio concessa alla ditta Lenzi Ester nei Valiani nel 1934.
La pratica risulta relativa a vicende e situazioni che coprono un periodo di tempo compreso tra il 1916 e il 1963. La parte per il momento più interessante dell’indagine che sottoponiamo ai lettori è costituita dalla relazione tecnica inviata all’ingegnere capo del Comune di Pistoia e al Ministro dei Lavori Pubblici dal tecnico di fiducia, l’ing. Pilo Becherucci, della parte richiedente la concessione nel 1930.
Si legge che la signora summenzionata è proprietaria di un antico frantoio, oggi adibito ad officina meccanica con forza motrice idraulica derivante dalle acque delle gore di Gora e Scornio che appunto confluiscono nel bacino di carico di quell’opificio per proseguire poi riunite sino allo sbocco del torrente Brana. Questa utenza risale a tempo immemorabile [si trattava del molino grande di San Bartolomeo, poi Rovai, come descritto nella relazione Guasti del 1835]; purtroppo però la proprietaria, ignorando le disposizioni del Regio Decreto del 1919, non provvide a chiederne il riconoscimento; cosicché decadde dal diritto acquisito e deve quindi oggi invocarne la reintegrazione in via di sanatoria. Tale lo scopo della presente dimanda cui si allegano uno stralcio della mappa catastale relativa alla località in esame [visibile qui nell’inedita immagine].
Viene descritta la disposizione planimetrica ed il livello altimetrico del bacino di carico o bottaccio, delle paratoie, delle luci di scarico e della ruota idraulica a cassette, che aveva un diametro esterno di ben sei metri!
Per determinare la forza motrice utilizzabile con questa derivazione occorrerebbe conoscere la portata media delle gore, mentre invece di esse non si hanno le opportune misurazioni neppure all’Ufficio tecnico comunale [e dopo più di ottant’anni le cose, in generale, non sono cambiate …]. Essendo però questa portata tassativamente richiesta e indispensabile per dedurne la forza motrice, viene fornita una stima della portata, basata sul coefficiente di efflusso e i dati geometrici della struttura, di 0,445 metri cubi.
Quest’ultimo dato viene poi relazionato al salto utile o caduta per la determinazione della forza motrice nominale, dopo un periodo di piogge frequenti, di 13 HP – sic! – (british horsepower), che ovviamente va intesa come potenza nominale. Nel sistema internazionale, S.I., l’unità di misura della potenza (l’energia nell’unità di tempo), sia meccanica-elettrica che termica, si esprime in watt (W) con i suoi multipli, chilowatt (kW) e megawatt (MW), e l’equivalenza è 1 HP=745,7 W = 1,014 CV (cavalli vapore).
La relazione specifica però che la portata nominale, all’atto pratico, sarà disponibile per non più di quattro mesi all’anno: nei mesi restanti, per la mancanza d’acqua o per l’abusivo prelievo nei tratti a monte, l’officina è fornita anche di un motore elettrico di 2 HP che aziona tutto il macchinario.
Ciò è indice evidente o della scarsa portata delle gore o del basso rendimento della ruota idraulica o, con maggiore probabilità, di entrambi i due fattori suddetti. Agli atti risulta anche il disciplinare contenente obblighi e condizioni cui deve essere vincolata la concessione in via di sanatoria della derivazione delle acque. Gli articoli normano, infatti, tra le varie voci, le seguenti: quantità ed uso dell’acqua da derivare, dislivello e forza nominale in base alla quale è stabilito il canone, luogo e modo di presa dell’acqua, regolazione della portata, canale di carico, luogo e modalità del canale di scarico, durata della concessione, pagamenti e depositi.
Altri elementi curiosi e indicativi della vita e dei costumi del periodo indagato si ottengono, per esempio, dalla cronaca dei contenziosi derivanti dai disguidi causati dall’ esercizio del bottaccio asservito all’officina, che di fatto ostruiva il deflusso delle acque trasportate dalla gora di Scornio.
In altre parole l’accumulo idrico creava un leggero battente nella sezione a monte che allagava così le adiacenze suscitando le proteste dei residenti della zona. Anche il parroco di San Bartolomeo, don Omero Limberti, lamentava il frequente allagamento dell’orto della chiesa, così come l’Asilo Regina Margherita e la prof.ssa Iva Gonfiantini segnalava a più riprese il danneggiamento agli scantinati di via Baroni arrecato dalla fuoriuscita d’acqua.
Una notizia di colore la fornisce una nota riepilogativa del Podestà di Pistoia, che, nel ripercorrere la cronistoria dei lavori inerenti al bottaccio dell’opificio, rammenta le difficoltà dei lavori di risanamento dello stabile comunale, già convento di San Bartolomeo e oggi case popolari, del 1916. Risulta infatti che fosse ostruita la fogna principale che scarica nella gora di Scornio [è segnato nell’immagine] dopo aver attraversato l’orto di San Bartolomeo e l’area rimaneva sovente bagnata.
La narrazione della storia del bottaccio di confluenza delle gore termina momentaneamente qui. Dopo alcuni passaggi di proprietà della gloriosa struttura idraulica, un foglio dell’ufficio del Genio Civile specifica ai nuovi proprietari che il decreto che consentiva la derivazione in idrica era scaduto nel 1947 ed era stato prorogato di quindici anni: se l’utenza intendeva quindi continuare l’esercizio della derivazione, doveva presentare la domanda di rinnovo entro il 1962. Nessuna richiesta, a quanto pare, fece seguito.
Si ha in definitiva ancora una volta l’immagine di quella Pistoia metastorica evocata anche da Giampaolo Bellandi in I mulini da grano a Pistoia, in Farestoria n. 1, 1983: una realtà in cui, fino agli inizi del 2000, gli ultimi mugnai cittadini, meno di una decina, producevano la farina esattamente o quasi come avveniva nell’anno mille.
(*) Autorizzazione alla pubblicazione N° 8/2014 dell’ASPt. ASPt, Genio Civile di Pistoia, Acque pubbliche 81-96, fasc. 89. Desidero inoltre esprimere un vivo ringraziamento al personale dell’Archivio di Stato, esempio di rara professionalità, per la disponibilità nell’avermi guidato nella ricerca del patrimonio archivistico consultato.
Su via del Bottaccio si veda anche: http://quarratanews.blogspot.it/2012/12/lorto-monastico-di-san-bartolomeo.html
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