LE GORE DI PISTOIA. PARTE TREDICESIMA

Gore Riunite o di Cittadella (Catasto 1823)
Gore Riunite o di Cittadella (Catasto 1823)

PISTOIA. Nelle precedenti puntate abbiamo ricordato che le gore pistoiesi, che portavano in città l’acqua prelevata dai torrenti Brana, Ombrone e Bure, si riunivano nei pressi dell’Arcadia (per la precisione nell’attuale area Pupilli) per attraversare le mura e scaricarsi in Brana.

Per l’esattezza, come riporta la cartografia ufficiale già pubblicata su Linee Future, dalle Gore Riunite si separava il “trabocco” o “tonfano del Lavarini”, a pochi passi dall’attuale ponte di Sant’Agostino e dove la Brana si sposa con il rio Diecine (vedi: Ricordi e immagini di matrimonio fluviale); il resto della canalizzazione artificiale alimentava un mulino e arrivava in Brana prima dell’attuale cabina di trasformazione dell’Enel di via Pratese, dopo aver percorso qualche centinaio di metri.

Quest’area a ridosso delle mura era chiamata “Cittadella” e le Gore Riunite assunsero appunto la denominazione di Gora di Cittadella. Nel catasto storico della Regione Toscana, consultabile online qui, a corredo dell’immagine riprodotta è riportato quanto segue: «La carta è stata “terminata” sul terreno il 4 giugno 1823. La mappa rappresenta una porzione del territorio pianeggiante della comunità di Porta San Marco al margine della città di Pistoia. Si individua il Ponte all’Armacani».

Scarico fognario in Brana, già Gore Riunite
Scarico fognario in Brana, già Gore Riunite

La Cittadella apparteneva alla Comunità di Porta San Marco, comune vero e proprio, insieme alle altre tre “cortine” che si riunificarono solo nel 1877 con Pistoia.

Si trattava di un’area strategica, in quanto situata in campagna ma alle porte della città e della Strada Regia per Firenze: la forza motrice dell’acqua poteva lasciar pensare ad una vocazione produttiva di moderna periferia che, tuttavia, non si concretizzò mai se non ormai negli anni 80 del Novecento quando il Sindaco Luciano Pallini vincolò il quartiere di Sant’Agostino alla destinazione industriale.

Le Gore Riunite hanno subito nel tempo la sorte che quel genio ineguagliabile di Riccardo Marasco ha lasciato intendere cantando La Lallera: “una volta c’era la gora”, che il comune ha coperto, chiamandola fognatura. Infatti, sul retro dell’attuale cabina elettrica di trasformazione, fanno bella mostra di sé due portelloni metallici, ora chiusi ora aperti, evidentemente a protezione della condotta fognaria dall’intrusione di corpi estranei e dal riflusso della Brana in caso di piena.

Dettaglio dello scarico diretto in Brana delle fogne urbane
Dettaglio dello scarico diretto in Brana delle fogne urbane

L’ingegner Francesco Criscione, tecnico di Publiacqua, durante l’assemblea con la cittadinanza a Pontenuovo vedi qui1 e qui2 ci confermò, con tanto di mappe digitali sul pc, che i reflui della maggior parte delle utenze del centro sono convogliato proprio nel punto in questione: ma della storia di Publiacqua & tariffe più alte d’Italia, con investimenti non realizzati ma riscossi di cui nessuno – nonostante esplicite segnalazioni del Co.Vi.Ri – chiede rendicontazione alla Corte dei Conti, parleremo in una diversa occasione.

Però va detto che Publiacqua non ha un progetto di adeguamento e quindi le acque nere e grigie continueranno a finire non si sa per quanto nei canali ricavati dalle antiche gore che scaricano in Brana.

Dettaglio della fogna diretta, già Gore Riunite
Dettaglio della fogna diretta, già Gore Riunite

Da questo video si può avere un’idea della consistenza di tali reflui, per respirarne l’odore nauseabondo bisogna invece scendere direttamente nel torrente. Riportiamo una testimonianza diretta sulla gora di Cittadella e in generale sulla vita a Pistoia di qualche decennio fa.

La nostra fonte ha chiesto però di rimanere nell’anonimato: «Alla Cittadella avevamo una stalla con un cavallo; tenevamo lì degli animali. Il mulino Guiducci si trasferì nel 48-49 a Pontenuovo, sulla Bure.

Severino Guiducci continuò a fare il mugnaio: sulla Bure c’era anche l’impianto elettrico ma mancava il bacino.

Invece alla Cittadella ce n’era uno grande, davanti alle conce Servadio, una famiglia di origine ebrea. L’attraversamento pedonale che dall’Arcadia porta in Via Bastione Mediceo fu fatto proprio per quelli che lavoravano alla conceria. Da quel bacino partiva un rigangnolo che arrivava ai bozzi pubblici di Via della Fortezza, dove prima c’era un bar.

Trabocco o tonfano del Lavarini (altro scarico fognario)
Trabocco o tonfano del Lavarini (altro scarico fognario)

«I bozzi di Via Ferrucci, all’angolo con Via dei Gelli prendevano invece l’acqua dall’acquedotto, perché le gore erano a un più basso livello. Dopo il mulino Guiducci la gora costeggiava i campi e prima dell’Enel c’era un ponticno, per attraversarla.

«Un giorno andò giù. Noi giovani andavamo fino alla ferrovia di Via Pratese, l’attraversavamo con la bici sulle spalle, c’era passaggio apposito ed eravamo in Via Armacani. Nel giardino del Lavarini c’era una calla e poco più oltre un ponticino che superava anche il Diecine. Si sentiva il puzzo della lavorazione del calciocianammide, un prodotto per l’agricoltura, non il solo preparato alla Sardigna.

«In via del Bottaccio si trovava la carrozzeria Risaliti: aveva inventato i freni delle carrozze, li chiamavano “freni Westinghouse”, quelli al centro della ruota, non era una battuta, aveva il brevetto. Sempre in quella strada c’era un’officina dove facevano pesi. C’erano i bagni pubblici in Via Santa e In Via Cavallerizza, del “gioioso”. Lungo la Brana, all’altezza del ponticino tra il piazzale ed il parco della Festa de L’Unità, c’era la presa – proprio prima dello scivolo fluviale – per la pelanda (reparto del mattatoio dove si pelano i suini macellati – n.d.r.) dei “macelli nuovi” di Via dei Macelli.

«A fianco del nuovo Conad si vede ancora il muretto per la raccolta delle acque che vi arrivavano per poi, riempire per caduta e ripulire le celle. L’acqua sporca ritornava in Brana. La mia memoria mia porta alla gora di Scornio, che fu chiusa quando venne costruito il villaggio Belvedere».

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