legalità. I “PARRUCCONI” RIMARCANO IL VALORE DELLA LIBERTÀ DI STAMPA, MA IL SINDACO BETTI DIMENTICA L’ART. 54 DELLA COSTITUZIONE [*]

La Corte Costituzionale in seduta

 

Sul valore della stampa libera e svincolata da qualsiasi interesse tranne quello dell’informazione, pubblichiamo la notizia-commento che segue:

 

ROMA. La Corte Costituzionale, pur respingendo le eccezioni sollevate dal tribunale di Catania in merito alle disposizioni di legge del 2008 e del 2012, ha comunque auspicato un intervento del Parlamento in tema di risorse per il sostegno all’editoria al fine di colmare una serie di gravi lacune di fondo, evidenziate, in particolare, dalla loro mancata armonizzazione con le disposizioni normative, anch’esse primarie, che fissano i requisiti per accedere ai contributi (nella specie quelli diretti per le imprese editrici ammesse), procedendo anche alla loro quantificazione.

Infatti le imprese editrici, da un lato, sono destinatarie di norme che le vedono come titolari di diritti rispetto all’allocazione delle risorse in questione, mentre, dall’altro, sono esposte al rischio di un parziale o addirittura totale taglio delle risorse stesse.

Il sistema è dunque affetto da una incoerenza interna, dovuta a scelte normative che prima creano aspettative e poi autorizzano a negarle.

È un Sindaco di quel partito che in Italia governa, fa e disfa senza aver vinto alle urne

È allora evidente – sostiene la Corte – “che in un settore come quello in esame, caratterizzato dalla presenza di un diritto fondamentale, vi è l’esigenza che il quadro normativo sia ricondotto a trasparenza e chiarezza, e in particolare che l’attribuzione delle risorse risponda a criteri certi e obiettivi”.

Nella sentenza n. 206 del 25 luglio 2019 sui fondi statali all’editoria i giudici della Consulta hanno tenuto a riaffermare una serie di importanti affermazioni di principio in tema di libertà di stampa, ribadendo che:

1) la libertà di manifestazione del pensiero, di cui è espressione la libertà di stampa, costituisce un valore centrale del nostro sistema costituzionale, come è stato riconosciuto non solo dalla stessa Assemblea costituente, che significativamente ha ritenuto di dover adottare la legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), a tutela di tale libertà; ma successivamente anche da questa Corte, che ha evidenziato da tempo il rapporto tra libertà di manifestazione del pensiero e regime democratico, affermando che la prima è «“coessenziale al regime di libertà” garantito dalla Costituzione», «pietra angolare dell’ordine democratico», «cardine di democrazia nell’ordinamento generale»

2) il diritto dell’informazione «è tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione, una di quelle anzi che meglio caratterizzano il regime vigente nello Stato, condizione com’è del modo di essere e dello sviluppo della vita del Paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale».

Ferdinando Betti nega la nostra testata alla rassegna del Comune di Montale

In mancanza di una specifica disciplina costituzionale dell’informazione, la giurisprudenza costituzionale ha poi sempre ricondotto il relativo diritto nell’àmbito di tutela della libertà costituzionale di manifestazione del pensiero, atteso che l’art. 21 della Costituzione «solennemente proclama uno tra i princìpi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico, garantendo a “tutti” il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero “con ogni mezzo di diffusione” e detta per di più ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell’informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole»

3) Il “diritto all’informazione” va determinato e qualificato in riferimento ai princìpi fondanti della forma di Stato delineata dalla Costituzione, i quali esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale. Di qui deriva l’imperativo costituzionale che il “diritto all’informazione” garantito dall’art. 21 della Costituzione sia qualificato e caratterizzato dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie – che comporta, fra l’altro, il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire l’accesso del massimo numero possibile di voci diverse – in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti. È tuttora attuale affermare che l’informazione esprime «non tanto una materia, quanto “una condizione preliminare” per l’attuazione dei princìpi propri dello Stato democratico»​

Tali affermazioni di principio hanno avuto ricadute sostanziali in ordine al pluralismo dell’informazione, comportando il riconoscimento del «valore centrale del pluralismo in un ordinamento democratico» fino al punto da giustificare e anzi imporre al legislatore interventi idonei a garantirne il rispetto.

[tratto da francoabruzzo-pierluigi franz]


Sul perché il Sindaco Betti non ci ami, vi invitiamo a rileggere questa amena antologia di notizie sulla vicenda oscura del Carbonizzo di Fognano

Anche Betti ha i suoi Dardanelli

ANTOLOGIA DI “AGNA RIVER”

 

  1. bombe a mano. BETTI DIFFIDATO SUL CARBONIZZO Data: 25 Maggio 2019 di Alessandro Romiti

  2. bombe a mano 2. BETTI CHIARISCA LE ACCUSE SULLA “QUESTIONE CARBONIZZO” Data: 27 Maggio 2019 di Edoardo Bianchini

  3. meridiana & carbonizzo. «TRASPARENZA? QUAL È IL PROBLEMA? BASTA NON RISPONDERE» Data: 21 Giugno 2019 di Redazione

  4. I FATTI, I GIORNALI, LA PROFESSIONE E IL GIOCO DEI PESI E CONTRAPPESI Data: 18 Luglio 2019 di Edoardo Bianchini

  5. I FATTI, I GIORNALI, LA PROFESSIONE E IL GIOCO DEI PESI E CONTRAPPESI. 2 Data: 19 Luglio 2019 di Edoardo Bianchini

  6. I FATTI, I GIORNALI, LA PROFESSIONE E IL GIOCO DEI PESI E CONTRAPPESI. 3 Data: 24 Luglio 2019 di Edoardo Bianchini

  7. I FATTI, I GIORNALI, LA PROFESSIONE E IL GIOCO DEI PESI E CONTRAPPESI. 4 Data: 25 Luglio 2019 di Edoardo Bianchini

  8. I FATTI, I GIORNALI, LA PROFESSIONE E IL GIOCO DEI PESI E CONTRAPPESI. 5 Data: 26 Luglio 2019 di Edoardo Bianchini

  9. negazionisti & sordomuti. E SUL CARONIZZO ORA CONTRO BETTI SI SCATENA L’OPPOSIZIONE Data: 31 Agosto 2019 di Edoardo Bianchini


    [*] NOTERELLA SUL TERMINE PARRUCCONI

    Saggi e sempre agli ordini

     

     

    parruccóne s. m. (f. –a) [der. di parrucca]. – 1. Persona, per lo più anziana, che la pensa all’antica, e ha, di fronte al progresso, atteggiamenti retrivi: quei p. dell’università gli fanno una guerra feroce (Panzini); un ambiente di parrucconi. Il termine è anche usato, spec. al plur., per indicare persone vissute nei tempi passati, sempre con allusione alla loro mentalità diversa rispetto al presente: i p. del secolo 18°, o 19°. 2. In numismatica, denominazione della quadrupla d’oro di Carlo III re di Spagna, coniata fra il 1761 e il 1785, così detta per la capigliatura folta con cui vi era impressa la testa del sovrano [Treccani].

    Per il politically correct del Partito Dominatori che, proprio in questi giorni, si è fatto ricucire l’imene pluristracciato da stupri di potere negli anni in cui ha conciato l’Italia come la prostituta dell’Europa, dare di “parrucconi” ai giudici della [in]Costituzionale sarà una bestemmia non tanto al dio dei cattolici, che ormai conta quanto il due di briscola, quanto ad Allah, cosa ben più seria, perché, con le orde dei talebani e dell’Isis, di cui dispone, è in grado di azzerare – lui sì – l’intera umanità.

    Ma è una semplice questione di libertà di parola, di opinione e di mera osservazione della realtà. È un semplice chiamare le cose con il loro nome, «dire pane al pane e vino al vino» – o «chiamare i fichi fichi», come si diceva nella democratica Atene di Aristofane e non senza una ambigua allusione alla vulva.

    Di fatto, in questo stato di cacca in cui ci troviamo, la [in]Costituzionale è Lotti[zzata] come, del resto, tutto il resto della magistratura – indipendente sì, e libera: ma soprattutto nell’interpretare la legge per come crede e le piace, non per come è scritta e nel suo valore letterale rispettando il dettato previsto dalle cosiddette Preleggi (una cosa che Conte e tutti gli avvocatini del Pd o dei 5 Stelle dovrebbero conoscere a menadito).

    Ma la Corte [in]Costituzionale è, nostro malgrado e a nostro spregio, non un organo di garanzia super partes, bensì una realtà infra partes (sotto le parti; se non addirittura infra-dito) che sta agli ordini di quel Pd che non vince mai le elezioni, ma che governa da sempre.

    Come il re Mida, tutto quello che toccano lo trasformano in oro

    Bastano tre esempi a far capire che tutti quegli espertoni di diritto non sono altro che dei parrocchetti/parrucconi che hanno imparato a rispondere a comando:

    1. la legge elettorale che dètte vita al parlamento che ha poi scelto Mattarella come presidente, era stata giudicata incostituzionale (Mattarella compreso, che ora fa il condor al Quirinale)
    2. il blocco delle rivalutazioni delle pensioni, giudicato incostituzionale in prima battuta, ma (vedeteli bene, ’sti parrucconi) giudicato, in una seconda apposita disamina, costituzionalmente ammissibile per il rinnovo del blocco stesso.
      Non solo: le aderenze e le connivenze della politica Pd e della [in]Costituzionale con la Cedu (Corte Europea Diritti Umani [ma quali?]) hanno fatto sì che i giudici europei (campioni, anch’essi, di “favolessismo” [dal pistoiese “fava lessa”, di chiaro significato]), sentenziassero la solenne bocciatura (con un bel rigetto [o vomito?] a priori e senza neppure discuterla) di una class action di pensionati italiani che avevano chiesto di non essere sottoposti a forza a un provvedimento meramente punitivo voluto, in prima istanza, dal famoso/fumoso/famigerato governo Monti-Fornero
    3. il signor Mattarella, cooptato presidente per volontà del Pd e di NapoliStalin; prono a chi lo ha unto e mezzadro dell’asse franco-tedesco, segnala incongruenze d’incostituzionalità nei decreti-sicurezza di Salvini, ma, come ex giudice [in]costituzionale, non vede: 1. di non essere il legittimo presidente della repubblica; 2. di agire secondo le volontà (?) di un parlamento eletto da un rosatellum/rosé che è tanto costituzionale quanto la «mucca nel corridoio» o il «giaguaro da smacchiare» di Bersani l’emarginato.
    E la fantasia si scatena

    Ci sarebbe, forse, un solo modo per salvare questo paese di Badogli, di re in fuga, di traditori, di voltagiubbisti, di corrotti, di Capalbi, di cattocomunisti, di postideologici a 5 stelle, di aspiranti neofascisti, di filosofi e di innumerevoli benìm zonà (in un elegante ebraico = figli di puttana).

    E sarebbe (se solo esistesse) che Jaweh scatenasse la sua ira sul paese che ha fatto ricco quel genio di Roberto Saviano, incenerendone non la gente comune e trasformando in statua di sale solo la moglie innominata dell’ebreo in fuga, ma garantendo la perfetta salagione anche ai politici tutti, ai padri e salvatori della patria, a Lot[ti] e a tutto il “giglio magico”, senza risparmiare neppure Giuseppi, il devoto di San Pio.

    Una bella vampata di lanciafiamme su Gomorra per impedire l’effetto Sodoma con le sue inculate ai danni del popolo che non conta: e amen.

    Questa sì, che sarebbe una vera riforma della giustizia!

    Edoardo Bianchini
    [direttore@linealibera.it]
    Libertà di critica
    [finché sarà possibile]


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