PISTOIA. Caro direttore, che ridere questi sinistri che si lamentano oggi per il ruolo marginale a cui, dopo il 4 di marzo, sono stati condannati. Ostilità verso il gioco democratico: non saprei in quale altro modo definirla.
C’è bisogno di una bella fantasia per versare lacrime amare a causa della labbrata elettorale subita, invocando un non meglio precisato diritto delle minoranze ad essere coinvolte nella formazione della maggioranza di governo e strillando al complotto ordito dai vincitori per far sprofondare nell’oblio i vinti. I vinti, da che mondo è mondo, stanno alla finestra e guardano. Tutt’al più alzano la mano e fanno obiezioni.
Non per girare il coltello nella piaga, ma le lamentele di Nicola Cariglia, direttore di pensarelibero.it, sono fuori luogo perché non tengono conto del principio di realtà. Esso vuole che, laddove non esca dalle urne un vincitore netto, qualcuno si metta d’accordo con qualcun altro per formare una maggioranza parlamentare in grado di governare. Il meno possibile, perché il miglior governo è quello che governa poco. Sbaglio o i dem, in un eccesso di isterismo, hanno affermato sin da subito che sarebbe stati all’opposizione?
Le ultime elezioni le ha vinte la destra, essendo state ammesse le coalizioni. I 5 stelle si sono aggiudicati il podio come primo partito italiano mentre il Pd ha perso oltre la metà dei voti dalle elezioni europee del 2014, quando conquistò circa il 41%. La restante sinistra, dai Liberi e Uguali a Potere al Popolo, per non parlare degli invasati comunisti duri e puri, hanno fatto ridere: dunque la loro missione di sfilare voti a Renzi è fallita poiché vi sono riusciti i grillini.
Stendiamo un velo pietoso sull’assistenzialismo che caratterizza i 5 stelle e su come al meridione abbiano abboccato all’amo del reddito di cittadinanza (scoprendo per altro un vizietto in voga da quelle parti: non lavorare). Sulla sinistra però non si può esser così autoassolutori, a meno che non si voglia discutere con gli occhi foderati di prosciutto.
La sinistra, più o meno radicale, sta dimagrendo in tutta Europa, segno che il problema è al suo interno e non all’esterno. In poche parole, con buona pace per chi ritiene il socialismo ancora una ricetta vincente, le sue idee fanno acqua da tutte le parti. Non è più ammissibile parlare di Europa forte come fa il Pd, con caterve di vincoli e lacciuoli che imprigionano i nostri imprenditori, né parlare di ridistribuzione della ricchezza utilizzando patrimoniali, tasse occulte, controlli fiscali pazzeschi e mettendo alla gogna il benestante borghese.
La ricetta vincente che la storia ci ha servito su di un piatto d’argento si chiama liberismo, il quale si fonda non solo sulla libertà economica bensì anche sulla libertà di pensiero. Gli italiani, caro direttore, ne hanno abbastanza dei Fiano e delle Boldrini, delle leggi contro la vendita degli accenditi col Duce e dei meeting per chiacchierare inutilmente di femminicidio.
In questa palude putrefatta di assenza di libertà e bastonate sul groppone, la maggioranza degli italiani ha scelto di andare a respirare l’aria fresca della destra liberale, che lo è talmente tanto che è stata l’unica a non porre veti su chi discutere per formare la maggioranza parlamentare. E poi, signor Cariglia, vogliamo parlare del caos immigrazione e islam? Le persone hanno aperto gli occhi, e questo nuovo proletariato impacchettato e spedito in Europa per dare una dimensione ideologica alla sinistra è oggettivamente insostenibile.
Ma insomma, dopo tutti questi segnali ci vuol tanto ad ammettere che le idee giuste per far andar benino uno Stato sono quelle di Antonio Martino e non quelle di Antonio Gramsci?
[Lorenzo Zuppini]