LA LEGISLATURA 2009-2014 del Parlamento europeo è stata una delle più complesse e difficili dell’Unione europea. Al mio primo mandato parlamentare, proprio in questi anni, ho avuto l’opportunità di essere al centro di questi sviluppi, e di condurre in prima fila la battaglia per un’Europa della democrazia, della solidarietà e della crescita. Contrastare le politiche di austerità è stato uno dei principali obiettivi fortemente voluto dal Gruppo dei Socialisti e Democratici, di cui sono stato capo-negoziatore proprio per la riforma dell’eurozona.
L’austerità è stata la contropartita imposta dai conservatori per il sostegno finanziario (peraltro tardivo e insufficiente) ai Paesi in difficoltà sul mercato del debito. Il suo obiettivo era di limitare al massimo tale sostegno, mantenere la politica economica sotto il controllo degli Stati membri e ridurre il livello dei salari come alternativa alla svalutazione del cambio, per affidare la ripresa a un aumento delle esportazioni. Questa strategia si è rivelata fallimentare. Il sostegno finanziario, che avrebbe potuto essere meno oneroso se fosse stato tempestivo e avesse avuto un carattere comunitario e non intergovernativo, non ha rassicurato i mercati, e alla fine solo l’intervento della Banca centrale europea (cioè di un’istituzione “federale” dell’Ue) ha fermato la corsa degli spread.
Le dosi massicce di rigore hanno prodotto il crollo della domanda interna e degli investimenti, determinando una pesante recessione che ha avuto gravissime conseguenze economiche e sociali (in primis l’altissima disoccupazione giovanile). Il debito pubblico invece di diminuire è aumentato in tutta l’eurozona, e sono stati costruiti meccanismi di controllo esterno sulla politica economica degli stati membri sempre più intrusivi (come la Troika) e privi di legittimazione democratica.
La battaglia con il Gruppo S&D di questi anni è partita proprio da qui. Ci siamo opposti alla riforma del patto di stabilità (“Six pack”) che ha introdotto criteri molto severi per la riduzione del deficit e del debito, e al tempo stesso abbiamo introdotto dei margini di flessibilità, che siamo riusciti a inserire anche nel Fiscal compact, che consentirebbero di allentare la morsa del rigore. Con un mio emendamento abbiamo cercato di introdurre la Golden rule, cioè lo scomputo degli investimenti dal patto di stabilità, e abbiamo ottenuto dalla Commissione europea un primo passo in questa direzione: la “regola degli investimenti” (scorporo del cofinanziamento dei programmi europei dal calcolo del deficit), che però ora va applicata all’Italia.
Ad oggi, Patto di stabilità e Fiscal compact sono alcune cose da rivedere. Una Commissione diversa, con equilibri politici diversi, potrebbe consentire di applicare questa clausola all’Italia e di correggere le politiche economiche, nella direzione di maggiore ruolo agli investimenti e alla domanda interna e alla crescita e occupazione. La Banca centrale europea dovrebbe contribuire a un aumento del tasso d’inflazione ed alla svalutazione dell’euro. Lo ritengo non solo una possibilità che esiste, ma quasi un suo dovere. Perché il trattato afferma che l’obiettivo di stabilità dei prezzi va perseguito insieme con l’obiettivo della crescita economica. Ci dovrebbe proprio essere l’obbligo della Bce di portare il tasso d’inflazione alla media del 2% e quindi di sostenere una maggiore liquidità e di contribuire a un deprezzamento del tasso di cambio.
Per realizzare una concreta svolta per una maggiore equità in Europa, la Commissione deve divenire un vero governo economico dell’euro, democratico e non tecnocratico, sottoposto al controllo del Parlamento europeo e non ostaggio dei governi. Le elezioni del 25 maggio potrebbero realizzare tutto questo.
[*] – Roberto Gualtieri è professore associato di Storia contemporanea all’Università di Roma “La Sapienza” e vicedirettore della Fondazione Istituto Gramsci. Eletto al Parlamento europeo nel 2009 nelle liste del Partito Democratico, è capogruppo dei Socialisti&Democratici (S&D) alla Commissione Affari Costituzionali. È anche membro della Commissione Affari Economici e Monetari, della Commissione Affari Esteri e della Sottocommissione Sicurezza e Difesa. Ha fatto parte del gruppo di negoziatori del Parlamento europeo per la riforma dell’Unione economica e monetaria. È autore di numerosi libri ed articoli sulla storia italiana del XX secolo e sul processo di integrazione europea.
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