libertà di stampa. LA CEDU DIFENDE E GARANTISCE IL GIORNALISMO D’INCHIESTA

Quanto tempo ancora servirà per una giurisprudenza armonizzata agli indirizzi della Cedu? Eppure in Italia i meglio sono tutti europeisti…

 

STRASBURGO-ROMA. La Commissione dei Diritti dell’uomo ribadisce, con due ennesime sentenze, i principi di orientamento della giurisprudenza europea sulla Libertà di stampa.

Queste sentenze deveono essere attentamente studiate sopratutto dagli avvocati con il vizio della querela facile e, non secondariamente, dai Pm che hanno il vizio del “rinvio a giudizio” facile per i giornalisti impegnati nelle cronache di inchiesta.

Il giornalismo è forse nato a Londra con la prima stampa di quotidiano del 1770, ma ancora oggi, i giornalisti “social watchdog” sono una figura vessata, minacciata, perseguitata, spregiata, oggetto di meccanismi estorsivi, quando non anche di pallottole, cazzotti, aggressioni.

La prima delle sentenze è stata pronunciata sulla fattispecie dell’esattezza delle informazioni che emergono da una inchiesta ed è pubblicata dal sito specializzato di Marina Castellaneta con il seguente titolo: Strasburgo: il giornalista non deve controllare ogni dichiarazione dell’intervistato; mentre la seconda è non meno rilevante per come definisce una liceità del giornalista (che spesso viene perseguitato con lo stalking giudiziario per delle imprecisioni testuali o formali incongruenze testuali), come si coglie dal titolo: Libertà di stampa: le frasi non vanno isolate dal contesto.

Le due sentenze sono solo le ultime evidenze giuridiche che dovranno – necessariamente – essere recepite dalla Corte di Cassazione, già da tempo bene orientata a conformare la giurisprudenza nazionale a quella europea.

Libertà di stampa…?

La circostanza potrebbe essere tecnicamente leziosa, se non ci fosse un effetto connesso all’uso indiscriminato della querela nei confronti dei giornalisti, con un chiaro intento-effetto intimidatorio e persecutorio, per questo, diretto a impedire la libertà del giornalista, protetta dall’articolo 21 della Costituzione.

La fattispecie di reato che si contrappone finalmente – a fronte di questo atteggiamento persecutorio – si chiama stalking giudiziario, un argomento sempre più evidente sulle requisitorie degli avvocati della difesa dei giornalisti imputati.

Lo “stalking” (art. 612 bis Cp, introdotto con la legge 11 del 2009) è genericamente definito come posto in atto quando “… con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha segnato chiaramente questa strada verso una destinazione di grande rilievo etico in uno “Stato di Diritto” che deve ispirarsi a dei presupposti di garanzia sanciti  dalla Costituzione: la tutela della Democrazia è infatti possibile solo per mezzo di una stampa libera non imbavagliata.

Alessandro Romiti
[alessandroromiti@linealibera.it]
Querele come armi per far tacere chi parla?


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