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CHIOGGIA-PISTOIA. L’intervista con Gianni Scarpa è stata arida di novità ma utile, anzi indispensabile, per comprendere definitivamente come la sua molto pittoresca e goliardica storia sia stata pompata mediaticamente nel mare magnum del pensiero omologato, affogato come una bignè nella crema del politically correct.
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Scarpa è oggi indagato per “apologia del fascismo” e siamo davvero curiosi di poter conoscere quali sono gli elementi scriminanti il reato, sostenuto su una quantità di suggestioni e illazioni, che lo hanno reso celebre in tutto il paese nel pieno di una strumentalizzazione politica dei soliti “bene pensanti”.
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Aspetteremo con curiosità la chiusura delle indagini con le decisioni del Gip, sulle valutazioni del Pm che avrebbe aperto il fascicolo, ma intanto abbiamo verificato da soli se è vero che i suoi cartelli, esposti al pubblico nelle aree dello stabilimenti a Chioggia sono pedagogici (e vagamente correzionali), o espressione di un’ipotesi di reato da codice penale;
tutto questo, con la premessa di dover fare l’eventuale revisione del pensiero di grandi letterati come Pound e poi anche D’Annunzio, Pirandello e certamente Moravia, noto fascista delle prime ore.
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Siamo stati ammessi all’interno del bagno Playa Punta Canna solo grazie al tesserino dell’Ordine dei Giornalisti della Toscana: Scarpa, oggi parla come un “disco rotto” e cavalca l’onda del momento del boom commerciale a lui favorevole.
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Siamo riusciti a distrarlo dal sovraccarico domenicale per cinque coloratissimi minuti nei quali ha richiamato anche l’appoggio del vescovo della Diocesi, glissando sul fatto che il suo primo dipendente è stato il segretario del Pd locale Terry Manfrin: una vera e propria “cartina tornasole” sull’intera grottesca vicenda.
Mentre aspettavamo – il “Nostro” (la solidarietà per Scarpa ci è sorta immediatamente, dopo le prime denunce per presunti reati costruiti sul fondamentale esercizio della libertà di opinione, sancita dalla Costituzione ex art. 21) – ha fatto uno dei consueti appelli ai bagnanti con il megafono, incentrato sulle più banali regole di educazione e civiltà, usando toni vagamente riconducibile allo stile di un sergente dell’esercito, ma senza parolacce o espressioni minatorie di sorta.
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Lo stabilimento balneare Punta Canna è un luogo dal sapore picarésco e boccaccesco, essendo frequentato da giovanotti muscolosi e “belle gnocche”, single e coppie di innamorati, omo e eterosessuali: un target di clienti predeterminato a una categoria di consumatori, non certo di rilevanza politica.
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Nella cartellonistica, non è infatti mai discriminato o richiamato con allusioni e disprezzo i rappresentanti del mondo lgbt (da sempre aborrito dalla destra) e questo, è bene comprensibile anche dal cartello che indica i servizi igienici ispirato a criteri di riconoscimento e accoglienza anche degli omosessuali, indiscriminatamente.
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Quindi, noi che – modestamente – siamo impegnati a scavare nella moltitudine degli ameni scandali metropolitani di casa nostra – non mancando di subire dei processi penali per ipotesi di diffamazione – vogliamo ribadire la sacralità del principio della libertà di espressione e opinione, come sancito dalla Costituzione e ciò nell’interesse della comunità dei cittadini, non certo della categoria dei giornalisti.
Siamo dunque solidali e ci associamo al genuino e molto categorico chioggiotto Gianni Scarpa, al quale portiamo oggi la testimonianza della nostra solidarietà, con la speranza di una completa archiviazione della sua incredibile vicenda giudiziaria in rispetto del sacro principio della libertà d’opinione.
[Alessandro Romiti]