l’isola del dr. moreau. NON VOGLIO VIVERE IN UN FILM HORROR

Se questo è un uomo…

HO RIPETUTO spesso, in chiave ironico-satirica, che, se avessi voluto essere schiavo, mi sarei fatto nascere nel Medioevo.

Purtroppo il tanto esaltato “libero arbitrio”, così caro a gran parte dei positivisti (cattolici in prima linea), ha la stessa probabilità di esistere quanto il famoso “ciuco che vola” e, per questo, come aveva scritto un tale di nome Anonymus, ci  dobbiamo, e mi devo, «arrendere al come sta sta». “Se vuoi puoi” e “volere è potere” è una di quelle castronerie fantasiose da commedia americana o da positivismo sovietico, cioè una sonora (citando Crozza) Inc.Cool 8, letta all’inglese.

Di questo mondo rimpiangerò soltanto il mattino «dolce e turbatore come i nidi delle cimase» (Montale), «chi solleva macigni cola a picco» (Seferis), «Stanno i giorni futuri innanzi a noi come una fila di candele accese» (Kavafis), «detto te l’ho perché doler ti debbia» (Dante) e la grande bellezza che questo pianeta azzurro ogni mattina ci riserva e ci dona senza nient’altro chiederci se non un po’ di rispetto che, da perfetti idioti umani fatti (che stupidaggine!) a immagine e somiglianza di dio (Dio vero ci scampi da un dio così umano!), nessuno di noi concede: dagli sfruttatori capitalisti lussuriosi del profumo del dollaro pezzo-di-carta senza valore, ai No Tav e/o ambientalisti verdi (di bile), passando attraverso la mediazione dei progressisti griffati Capalbio che di negri (e scrivo volutamente così), intorno non ne vogliono neanche uno nemmeno in cartolina – non avessero mai a insudiciarsi le punte delle dita o gli si spezzasse un’unghia smaltata da 100 €!.

Del resto, di questa Isola del dr. Moreau, nient’altro rimpiangerò, grazie proprio a quell’intelligenza umana sopraffina che dovrebbe distinguerci dai confratelli animali ai quali abbiamo inflitto e continuiamo a infliggere ogni sorta di ingiuria ed insulto: crimini che, peraltro, abbiamo già riservato in abbondanza ai nostri consimili da sempre, massacrando popoli, squartando e scuoiando gente viva, mutilandola e – per sommo spregio – vendendola come schiava, ma comunque sempre in nome di una superiorità di razza, lingua e religione che rendono i bipedi senza ali i peggiori allevi del pianeta azzurro.

Manipolazione genetica

Alla fine me ne andrò felice – ma solo dopo aver rotto per bene i corbelli a questo troiaio di mondo –, ringraziando il Dio vero che ci ha fatti naturali mortali e, perciò, destinati a passare alla miglior vita del nulla eterno.

Rilke scriveva «Man muss sterben weil man sie kennt», dobbiamo morire perché le conosciamo, riferendosi alle donne. Cambierei questo suo verso in: dobbiamo morire perché ci conosciamo e sappiamo cos’è l’uomo, l’essere già di per sé più innaturale di questo limitatissimo creato che viviamo nei nostri pochi decenni di vita e in 4 millimetri 4 di universo.

Alda Merini – mi ricordava un ragazzo di tanti anni fa, oggi ultracinquantenne – si interrogava chiedendosi perché mai dobbiamo esprimere tanta malvagità, visto che siamo mortali e limitati nel tempo e nello spazio. Io dico: ma questo orrore immondo e immorale dell’uomo-scimmia progettato in Cina, a che servirà? A creare altri miliardi di schiavi scemi per i soldi dei Soros?

La morte – ci piaccia o no – è certa, ma soprattutto è necessaria per mettere un punto all’aberrazione ciclica della vita.

Per dirla in lingua zulu «Unkulunkulu kumele asenze sife», dio (quello vero – n.d.r.) deve farci morire. Già, perché Dio in zulu si dice Unkulunkulu, come aveva scoperto divertitamente una mia brillante allieva oggi divenuta scienziata ambientalista.

Non bastano tutte le angherie dei governi che Sant’Agostino definiva bande di ladri e Bakunin assassini della libertà con le loro regole. Anche gli scienziati, ora, che si sentono dèi, vogliono dire la loro con la pretesa di salvarci (per forza, come i progressisti per decreto?) da una cosa che ci è stata data per unica e certa e a cui nessuno mai pensa: «sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare».

E e passando al San Francesco di Dante, sedetevi due minuti per riflettere:

Il sudario non ha tasche

O insensata cura de’ mortali,
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l’ali!

Chi dietro a iura, e chi ad aforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi,

e chi rubare e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s’affaticava e chi si dava a l’ozio,

quando, da tutte queste cose sciolto,
con Beatrice m’era suso in cielo
cotanto glorïosamente accolto.

                                     Dante, Par., XI

Tutti in corsa, sempre, ma solo per arrivare a Migliarino e uscire dall’autostrada.

Già… Ma ho dimenticato una cosa fondamentale. Chi c’è più, oggi, che conosce la Divina Commedia e sa leggerla e capirla, e la insegna a scuola non con i famosi riassuntini Bignami per somari, ma con il rigore del vero sapere?

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
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