CASALGUIDI. Metti un pomeriggio alla Sala Francini di Casalguidi. Il tema giusto – la presentazione della “Carta Etica dello Sport” della Regione Toscana –, scelto da un’amministrazione comunale sensibile, quella di Serravalle Pistoiese, e ben rappresentata nella circostanza dal sindaco Mungai e dall’assessore allo sport Spinelli, una presentatrice solare, Elisabetta Branchetti, ospiti adeguati, interventi brevi, ma efficaci, premiazioni delle realtà sportive locali.
Poi tra principi e valori dello sport, fra parole sentite e pareri significativi, due raggi di sole: un bimbo che si esprime come neppure un adulto colto avrebbe saputo fare e Gianfranco Spinelli che ricorda Roberto Del Coro distribuendo ai presenti il libro scritto su di lui, “L’allenatore dei sogni Roberto Del Coro”.
Ecco che ci siamo riconciliati con lo sport (e non solo perché coautori del volume), con le speranze e i sogni che da esso scaturiscono, con l’allegria e la malinconia, con la vittoria e la sconfitta, con la voglia di reagire e l’infortunio che ti fa vedere tutto nero.
Il bambino sale sul palco con altri due bimbi, li presenta come amici di altre discipline sportive che si stanno facendo ben valere e poi, rivolgendosi alla platea, fa notare come lo sport che sta praticando con successo, il karate, non abbia il seguito che meriti. “È una disciplina formativa, ma non trova riscontro sui mezzi di informazione e nella nostra società”.
Roba da standing ovation, da mezz’ora di applausi convinti e peccato che la gente gli tributi soltanto qualche battimani e molti sorrisetti. Il piccolo ha detto una verità ciclopica: gli adulti, spesso, si riempiono la bocca con le parolone, con i valori che poi dimenticano in un battibaleno, con l’etica appunto, ma stringi stringi si lasciano sedurre dal business, dalle vie più brevi e meno impervie che portano alla vittoria (e dunque dai disvalori, in primis dal doping, dal barare consapevolmente).
Spinelli cita Del Coro, che sapeva parlare a tutti, al giovane come al grande, al disabile e allo straniero, e con ognuno di essi, quasi fosse Zelig, si trasformava in adolescente, adulto, disabile e straniero. Se fosse stato presente, Roberto avrebbe dato un bacio sulla fronte a quel bambino.
Di cui non citiamo nome e cognome, volontariamente, perché rimanga grande, grandissimo senza bisogno di pubblicità. Resti vero per sempre.