LO STUPORE E IL RISENTIMENTO DI DON ALESSANDRO CARMIGNANI

Don Alessandro Carmignani al Centro giovani
Don Alessandro Carmignani al Centro Giovani

PISTOIA. Il Centro Giovani chiude? Sì. Forse. Ma solo temporaneamente. Non si sa. Almeno per ora, almeno fino ad oggi pomeriggio, giovedì 24 settembre, intorno alle 17, quando don Alessandro Carmignani, che ne è il Direttore, ha convocato una conferenza stampa.

Lo ha fatto perché sente tremare la terra sotto i piedi, perché crede di aver intuito, da quanto scritto dal Vescovo di Pistoia, monsignor Tardelli, che presto, quello stabile, chiuderà i battenti. E non a tempo determinato.

“Sono molto dispiaciuto di come siano state gestite le cose – esordisce don Carmignani, parroco di Marliana, che serve messa, la domenica, anche alla Ferruccia e a Barba – e non so a cosa imputare le mie eventuali responsabilità. Dirigo questo Centro da quindici anni: l’ho fatto nella maniera migliore che potessi farlo. Ma questo non vuole assolutamente dire che lo abbia fatto bene. Per questo avrei gradito essere licenziato in favore di qualcuno che sappia dimostrare di farlo meglio. E devo ancora decidere se aspettare di essere allontanato o anticipare tutto e rassegnare le dimissioni.

Il Vescovo, che non è il padrone della Diocesi come nessun parroco lo è della parrocchia che dirige, scrive di questo Centro ventilandone, vagamente, la chiusura, senza interpellarmi, senza chiedermi nulla, senza farmi sapere direttamente se siano state le Suore Minime di Poggio a Caiano, proprietarie dell’immobile che costa alla Diocesi di Pistoia circa 20.000 euro l’anno di affitto, a rivendicarne l’utilizzo, senza ascoltare non tanto i giovani che lo frequentano da tanti anni e che potrebbero essere troppo interessati alla sopravvivenza dello stabile, ma nemmeno don Massimo Biancalani e don Paolo Firindelli, due giovani preti con i quali spesso ho collaborato.

È la Chiesa che deve cambiare, senza mettere lontanamente in discussione le Sacre Scritture. Ma il mondo si è trasformato, specialmente in questi ultimi tempi: basta dare un’occhiata agli ultimi avvenimenti. Il Papa esorta i parroci ad accogliere i profughi: Pistoia è una delle pochissime Diocesi italiane che continua a tentennare”.

Certo, la fedina ecclesiale di don Carmignani non è tra le più immacolate. L’ultima, ma solo in ordine di tempo, ci permettiamo di presagire, è stata la celebrazione laica delle nozze da lui eseguita in Comune in favore di due vecchi amici, una sorta di (s)conversione.

Don Carmignani
Don Alessandro Carmignani

“No, non credo – aggiunge il prete durante la conferenza stampa indetta proprio nell’atrio dello Spazio Giovani, in via Nazario Sauro –. Anche se proprio il Vescovo, personalmente, subito dopo la cerimonia nuziale, non si è rallegrato con me per la massiccia presenza della stampa, che ama poco, per come me ne ha parlato, salvo poi convocarla quando crede che sia utile. Del resto, qui, in questo Centro, dove vengono a provare musicisti in erba in una sala prove insonorizzata, dove si organizzano concerti, dove si allestiscono feste di compleanno, eventi che ci consentono di finanziare tutte le attività, ci è venuto solo una volta, da quando dirige la Diocesi di Pistoia. Venne per la cena di Natale dell’anno scorso, poco dopo il suo insediamento. Poi, non si è più visto.

Tornando alle nozze comunque, credo di essermi avvicinato a due persone bisognose e di aver dato loro testimonianza di affetto, disponibilità e amicizia: è la chiesa che deve andare a cercare i fedeli e non aspettare che siano loro a venire”.

Strano però, perché l’operato di don Carmignani è uno di quelli che alla Chiesa dovrebbe fare particolarmente bene. Ogni ultimo mercoledì del mese, infatti, al Centro Giovani, si organizza la cena in favore dei più poveri, alla quale contribuiscono, ognuno con i loro mezzi, vari volontari.

“Fu proprio il Vescovo – dice ancora don Alessandro Carmignani – ad ammonirmi di non occuparmi troppo dei poveri. Perché i poveri, si sa, sono una risorsa straordinaria: più ce ne sono e meglio è, più ce ne sono e più le casse delle Chiese e delle amministrazioni si gonfiano”.

Mentre è in corso la conferenza stampa, nell’atrio dello spazio incastonato alla periferia ovest della città arriva Roberto Uggiosi, il professore (di chitarra) Roberto Uggiosi. Con lui, un suo allievo, accompagnato dalla mamma. Ascoltano un po’ le chiacchiere, si guardano sconsolati, allargano le braccia e mesti, salgono le rampe delle scale per andare a fare lezione. Oggi, 24 settembre, qui, al Centro Giovani, si suona. Domani, chissà, e chissà dove.

Vedi:

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5 thoughts on “LO STUPORE E IL RISENTIMENTO DI DON ALESSANDRO CARMIGNANI

  1. Diverse inesattezze nell’articolo qui sopra pubblicato delle quali non posso tacere:
    1 Non ho convocato la conferenza stampa perché sento tremare la terra sotto i piedi
    2 Nessuno deve dimostrare di saper gestire il Centro Giovani meglio di me; non conosco il successore e gli faccio i miei auguri nella speranza che non perda il senso di questa iniziativa
    3 Il vescovo non ha chiuso il Centro Giovani senza interpellarmi, senza dirmi nulla: semplicemente contesto i modi della chiusura
    4 Don Massimo e don Paolo non sono “giovani” preti 😉
    5 Le Sacre Scritture non c’entrano niente
    6 Non è vero che la diocesi di Pistoia è una delle poche a tentennare sull’accoglienza dei poveri: semplicemente non è spedita nelle decisioni e nel prendere in mano la questione con la urgenza che porta con sé
    7 Tutti i mercoledì da oltre dieci anni organizziamo la cena per i poveri: l’ultimo mercoledì del mese celebriamo la santa messa con loro
    8 Ho detto che qualche volta anche la chiesa non è esente dal considerare i poveri come una risorsa invece di servirli gratuitamente, mettendoci del proprio
    Di queste correzioni non me ne voglia il giornalista ma voglio soltanto esser chiaro in ciò che nella conferenza stampa ho detto; questo per evitare inutili polemiche
    Don Alessandro Carmignani, direttore del Centro Giovani diocesano

  2. Mi permetta don Alessandro di scriverle che l’aver lasciato l’abito talare, la sua chiesa e l’ufficio del sacerdozio per diventare un miserabile funzionario pubblico che officia un matrimonio civile è un comportamento che rasenta una gigantesca bestemmia , se non un sacrilegio.
    Debolissima e patetica è la sua giustificazione che ho letto per giustificare il suo comportamento ” Sono un cittadino come un altro”….
    Lei, mi permetterà se cerco di innalzare il suo ruolo -in qualità di sacerdote-a missionario di Cristo- a qualcosa di più che essere un semplice cittadino.
    Lei come altri sacerdoti siete investiti di una missione sacra, inviolabile e permanente, non negoziabile ne tanto meno intermittente. Uno è parroco e sacerdote, lo è sempre, che sia in maglietta o in abito talare, è parroco sia in Chiesa come al mare. Relativizzare come ha fatto lei con le sue parole e le sue azioni il suo sacro ufficio, la sua missione facendolo credere che sia ad intermittenza ( oggi sono sacerdote, domani pubblico ufficiale in comune ) getta un’ombra di tenebra su tutto.
    E la cosa che mi getta ancora più nello sconforto è che lei non arrivi a capire la gravità del suo gesto e glielo si debba ricordare pubblicamente su queste pagine.
    Non pensi che avvicinare la Chiesa al profano questo si sacralizza, casomai c’è il rischio certo di avere l’opposto, profanare ciò che c’è di più sacro.
    Non lo faccia più e se ne penta.
    Giacomo.

  3. Esattamente sig. Giacomo che cosa significa “aver lasciato l’abito talare” e perché “miserabile” il ruolo di pubblico ufficiale?

    La funzione svolta da Don Alessandro, qui nelle vesti del privato cittadino Alessandro Carmignani, non è affatto in conflitto col suo ruolo di “pastore di anime”; non ho letto da nessuna parte che abbia impartito una qualche benedizione agli sposi, né che la cerimonia abbia avuto qualche tenore para liturgico.

    È stato semplicemente un rito civile, come se ne svolgono quasi quotidianamente in tutti i comuni. Onestamente non vedo lo scandalo, se non voler gonfiare la notizia su qualche testata, tanto per.

    Conosco personalmente Don Alessandro da quasi 20 anni e come tanti parroci che sono anche professori delle scuole superiori, è una persona amata da centinaia di ragazzi, che non mi stupisco continuino a voler coltivare il rapporto con lui anche dopo gli studi.

    E, visto il sito sul quale mi trovo a commentare, non mi stupisce nemmeno leggere, poco sopra, il commento di rettifica di Don Alessandro, contro parole mai pronunciate e contro un’acredine che – per chi lo conosce – sa che non fa parte del suo linguaggio.

    Ma d’altronde, con la pubblicazione di certi articoli in passato che la rendono inequivocabilmente schierata, questa “testata” ha già dimostrato in passato da che parte sta.

    1. Vede, caro Chicojobs, su questa testata sta scrivendo “anche” lei in questo momento. E senza censure. Allora evviva il nostro “schieramento” – da lei così tanto aborrito – che fa parlare tutti indistintamente.
      Su altre testate diverse da questa, più care a lei e alla sua sensibilità, magari, non avrebbero potuto parlare né lei né altri non-schierati come lei – che non si fanno però problemi ad aprire, evidentemente, bocca, ma senza logica.
      Forse lei dovrebbe riflettere di più e “politicare” di meno.
      Si rilegga queste poche parole: «tra le cose vere c’è anche quella che si chiama Linee Future, un quotidiano che non s’inchina, ma che fa parlare tutti, come ha sottolineato, primo fra altri, l’On. Fanucci» (citazione reperibile qui https://www.linealibera.it/un-anno-di-linee-future-elementare-watson/).
      Buona giornata nelle sue errate e, perlopiù, superbe opinioni.

  4. Carissimo

    non ho mai parlato di censura ma di schieramento della testata, rilegga con più attenzione il mio intervento.

    La sua risposta piccata e gli immotivati attacchi alla mia persona (“aprire bocca senza logica”, “politicare”, “opinioni errate e superbe”) tradiscono un certo nervosismo tipico di chi è infastidito da chi la pensa diversamente.

    Il mio voleva essere solo un intervento, (ancorché critico) sull’articolo e sulla linea editoriale.

    Tanto le dovevo.

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