Il problema di Lecceto – cari sindaco Okkione, giunta, consiglieri di maggioranza e di opposizione; cara Razzino dell’anticorruzione muta; cari geometri e ingegneri; cari vigili che non vigilano nient’altro che l’orologio, aspettando l’ora di andare a casa e magari, se càpita (perché no?), a trombare in quel di Prato, tanto il Billi difendeva e la Sabrina Sergio Gori “fava” finta di non vedere –: il problema di Lecceto è uno dei dieci, cento, mille problemi di un territorio sui cui “tutti hanno cacato senza pietà”…
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SEMPRE SI SENTE DIR, ANCHE D’AGOSTO:
«O TE, I DISCORSI STANNO IN POCO POSTO!»
E POI RIPETE TOSTO LA GALLINA
CHE LE CHIACCHIERE MAI FANNO FARINA. . .
UN ELETTORE di Quarrata mi scrive e mi dice che il Mazzanti, Okkione, gli fa un po’ pena perché – secondo lui – tutti in Comune lo pigliano per il culo.
Scrive così «Mi fa quasi pena l’okkione… Lo manipolano tutti e lui pur di stare lì si fa pigliare a pesci in faccia. Mi viene quasi il magone a pensare quanto la gente possa essere priva di dignità».
È normale che il capo sia preso in giro: specie se un capo, come un sindaco, non conta un cazzo.
Sembra strano, ma alla fine, come sotto le armi comandavano i marescialli, così in Comune (leggi: uffici e burocrazia varia – tanto è tutto il solito minestrone borbonico), che è assai simile a un Lager, quelli che decidono tutto sono i kapò, i finti collaborazionisti (gente infida fino all’osso: cambia amministrazione e fanno il cambio di pelle e di palle) e perfino – e a volte non poco – gli uscieri.
Da 53 anni sto osservando questa macchina di pervertiti (la pubblica amministrazione acèfala, spesso demenziale e sostanzialmente improduttiva: roba da Giuseppi…) e, un po’ come Pirandello o Eduardo (senza offesa per la loro immensa grandezza) mi diverto – piangendo però la mia sorte di suddito – a osservare le scemenza e l’idiozia umana fatta istituzione.
Dal Comune (di Quarrata) scappai nel 1978 perché non volevo politici bislacchi sul capo, a cui dover dire di sì. Dalla scuola sono uscito schifato da tanta di quella insopportabile ignoranza di gente che spiega leggendo sul libro, perché non sa un cazzo della materia che insegna.
La scuola (ma anche la sanità, l’università, la cazzità italica lato sensu) è una sentina di merda, profumata, però, al lecca-lecca (grazie ai comunisti e a Bassanini) di ciò che si chiama, più o meno, premio di risultato o similcazzata.
Ciò significa, in pratica, che meno lavori; meno lavori bene; più errori commetti (ma dici sempre di sì) e più, alla fine, ti danno quello che nel privato si definiva il premio di produzione al [de]merito. E te lo danno a prescindere, come diceva Totò.
La santa P.A. è piena di idioti. E una dimostrazione viene anche dal Comune di Quarrata dove – fonte certa mi riferisce – cantano, ballano e ridono, festeggiano e scorreggiano, guardano internet dai terminali delle scrivanie del lavoro, felici e sorridenti come quegli imbecilli degli ateniesi facevano festa quando Sparta gli impose di buttare giù le mura dalla città al Pireo, e le altre fortificazioni; quando gli chiusero i porti e gli confiscarono nove decimi della flotta. Andàtevelo a leggere – ammesso che sappiate farlo – in Senofonte, o gloriosi antifascisti iscritti all’Anpi & mercenari brancaleònicial séguito!
Alcuni dei comunali quarratini – nella fattispecie appartenenti alla razza dei geometri (plurale di geometrO), ma digiuni degli Elementi di Euclide, si consolano a prendermi per il culo – riferisce sempre fonte certa – sostenendo che, tutto quello che sto scrivendo su un Comune, credo, dell’illegalità conclamata, lo sto facendo con l’utilizzo di documenti falsi e manipolati. Che ganzo che sono!
Poveri dementi, poveri cretini, poveri idioti – quelli che così pensano! Povere fave lesse (slang pistoiese) che dovrebbero abitare a Venezia in Piazza a la Fava e presso l’Hotel alla Fava!
Vedono il mondo, loro, con il cristallino dei loro occhi miopi di topo; e credono che io sia più idiota di loro stessi! Credono che faccia tutto per il mio microscopico interesse personale e, da negazionisti del cazzo, dimenticano che Quarrata la hanno incatenata e fatta cancellare (= riempire di cancelli) da ogni parte. Quel che succede a Lecceto è normale anche a Tizzana, alla Catena e nella piana annacquata, pure; quella che va sotto ogni volta che piscia una botta.
E siccome vedono il mondo con i loro occhi miopi di topo, pensano che ciò che farebbero loro per sé, lo facciano anche tutti gli altri. E qui c’è la dimostrazione della loro assoluta e inguaribile demenza e malafede.
Il bello, Signori dell’Hotel alla Fava in Piazza a la Fava di Venezia, ha tutto da venire. E verrà, se dio vuole (anche se io non sono credente perché vedo come vi comportate voi) in aula: quando davvero le carte canteranno e le campane suoneranno a morto per vari cretini che finora si sono solo grattati i coglioni passando tutto a tutti e lasciando devastare il territorio collinare quarratino: area soggetta a tutela ambientale – una sega!
Il problema di Lecceto – cari sindaco, giunta, consiglieri di maggioranza e di opposizione; cara Razzino dell’anticorruzione muta; cari geometri e ingegneri; cari vigili che non vigilano nient’altro che l’orologio, aspettando l’ora di andare a casa e magari, se càpita (perché no?), a trombare in quel di Prato, tanto il Billi difendeva e la Sabrina Sergio Gori fava finta di non vedere –: il problema di Lecceto è uno dei dieci, cento, mille problemi di un territorio sui cui tutti hanno cacato senza pietà. Gli arroganti di turno sono arrivati coi loro quattro soldi malfatti, e hanno chiuso ogni cosa adulterando ciò che doveva restare com’era. Mentre i tecnici comunali non solo non hanno vigilato, ma hanno apposto timbri e cerelacche, con nastri e tutto, perfino sulla cappella delle amanite che crescevano in monte.
Il problema di Lecceto è uguale – e in parte l’ho fatto vedere, sia pure, come credono gli idioti, con documenti falsi e manipolati – a quello di Lucciano; dell’area bassa di Montorio verso il Rio della Trave e Babbone; dell’area di Tizzana e della Catena dove, sulle strade vicinali/interpoderali, certe emerite teste-di-cazzo hanno perfino piantato alberi da vivaio, dato che nessuno gli ha mai detto nulla.
I documenti, cari danzatori del Comune di Quarrata, sono come i quattrini che ogni mese vi mettete in tasca, e senza nemmen troppo sforzo: di falsi, ne circolano tanti. Da me questo non usa, o emerite e generose fave lesse (slang pistoiese)!
Noi – e parlo di Bianchini, Lapini, Nannini, Baldassini, Bracali, Melani, Pegoraro etc. – abbiamo un codice d’onore ferreo: conservare anche le carte della caramelle.
Abbiamo sempre fatto tutto per contratto e senza sotterfugi o imbrogli come altri. Nei primi anni del 900 il nonno Leone Lapini sistemò figli e figlie dinanzi al notaio Chiostrini il vecchissimo: e non abbiamo mai fatto i furbi. Non altrettanto vale nei contratti di Lecceto che, avendo pazienza, vi pubblicherò in séguito, cari ospiti dell’Hotel alla Fava, anche se direte, come al silito, che sono falsi. Falsi un cazzo!
Per pubblicare dei falsi, dovrei essere più idiota di voi: e ciò e assolutamente impossibile. Lo è perché voi credete, con la vostra spocchia deficienziale protetta dai politici (oggi democratici e 40 anni fa democristiani), siete convinti che i ciuchi volano. E non vi siete ancora accorti che i ciuchi volavano: ma poi gran parte di essi è finita, per inerzia e volontà dei partiti di governo e delle opposizioni che fanno a rinculìno, nel pubblico impiego.
E purtroppo, appena sono stati sistemati a una scrivania o a un posto qualsiasi, quei ciuchi sono dovuti uscire di corsa da casa la mattina; e hanno dimenticato le ali attaccate ai beccatelli della cappottiera nell’ingresso. Le mogli o i mariti casalinghi le hanno sbagliate per maschere di Carnevale e le hanno buttate nel bidone della spazzatura. Alla rinfusa.
Non vedo l’ora di godere in aula quando, fra squilli di tromba e rulli di tamburo, si vedrà, senza ombra di dubbio, che, di falsi, se ce n’erano, erano tutti confezionati da certi idioti della P.A. e con tanto di sigillo. Le musate, allora, saranno sante, cari citrulli. E che bonprò vi faccia!
Sinceramente, per concludere, a me Marco Mazzanti non fa pena come al lettore che mi ha scritto. Io sono molto più manicheo dei manichei. In tutto: anche nel non rovinare una mia cristallina reputazione di vero partigiano che ha sempre sparato sui fascisti del potere.
Per me il bianco è bianco e il nero è nero; il vero è vero e il falso lo lascio ai dementi. Chi gioca sulle cinquanta sfumature di grigio è, a mio giudizio (secondo cioè la mia insindacabile opinione) un’emerita testa-di-cazzo che vive, come le meduse, senza un cervello.
Le musate, Signori, con relativa spiaccicata di grugno, le lascio tutte a voi: a cui non basterà, per proteggere il naso, il famosissimo elmo di Darth Fener.
E ora tornate tutti a giocare all’oratorio di Sant’Okkione.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Art. 21. Chi ci crede è meno d’uno!
Non avrei da fare altro che inventarmi documenti per farvi tutti contenti, o fave lesse unite!
Per la verità, da 53 anni di giornale, c’è il Bianchini.
Per tutto il resto la MasterCard si chiama “Comune di Quarrata”!
Caro Pippo, dìlla tutta!
In questo momento (21 ottobre, ore 18:30-19) Mazzanti, il sindaco del Montalbano distrutto, era impegnato su Tvl di don Manone.
Parlava di Quarrata e – lo vedete qui – del Montalbano: grande valore per il vin bòno; nessun valore per tutte le adulterazioni e gli abusi che il suo Comune illuminato anche dal capo dei vigili (ex-elettricista), ha benevolmente permesso di realizzare a chiunque abbia voluto farlo soprattutto senza rispettare né norme né regole.
Ovviamente a Tvl si guardano bene di fare domande su Lecceto, Lucciano, Buriano, Montorio, Tizzana, Catena e Piana incatenate da ogni cosa un po’ e di più. Insomma: incementate a calcestruzzo dappertutto (intendo dire, sbarre, cancelli, catene e cazzi vari). Ma da Tv-Bardellone non puoi aspettarti di più né di meglio.
Per esempio, potrò anche sbagliarmi, ma credo che don Manone non abbia fatto passare, ai suoi giornalisti, la notizia della condanna di una sua inserviente che in Maic (Maria Assunta in Cielo, ma trafficante in terra) picchiava usualmente col mestolo uno degli ospiti della santa struttura.
L’inserviente ha preso anche qualche mese di carcere (con sospensione della pena), ma don Luigi, liberal-conservatore, ha avuto la pena del risarcimento del danno all’ospite trattato a mestolate (sempre, però, conn caritatevole amor di dio).
Ripeto: non credo che lo abbia fatto passare. È dunque attendibile un organo di informazione che si comporta così? Figuriamoci se qualcuno della Tvl fa una domanda scomoda a un sindaco del Pd! Non sia mai che si sciupi l’accordo di “buon vicinato” con tutti.
Che razza di giornalismo! E soprattutto che razza di politici del territorio!