PISTOIA. Martedì 21 luglio, in cronaca locale sulla Nazione e sul Tirreno, è apparso un intervento a firma di Luciano Costantini, giudice, in merito alla vicenda “Untouchables”.
Per inciso, il giudice Costantini, traferito a Siena, ci ricorda che da venti anni esercita a Pistoia. Conosciamo il principio dell’inamovibilità dei giudici, ma venti anni “sono una vita” e quindi anche se questo trasferimento sarà “promozionale”, ci spiace perdere un giudice che difende innanzitutto la lingua italiana e il suo significato reale. Anche se, in premessa, ci dice che il suo articolo non è in adesione alla campagna “dillo in italiano”.
Questo “incipit” al suo articolo “ci spiazza un poco” perché l’analisi che ne segue ci appare più un fine che non un mezzo.
Siamo perfettamente d’accordo quando si critica l’uso del termine “Untouchables” invece di quello di “imprendibili”. Questi “americanismi” e queste conseguenze “logico-semantiche”, non fanno una piega. Tradotto significa che talvolta l’uso improprio di certi termini, soprattutto e principalmente se esterofilizzati, conducono a una erronea percezione e comprensione del “cuore” del problema.
Il giudice Costantini si appella, giustamente, al dizionario della lingua italiana dello Zingarelli, senza scomodarne altri che sicuramente avrebbe potuto citare – e forse anche ben più autorevoli.
È bello ed è nobile – e lo diciamo in tutta sincerità – che un giudice abbia la franchezza e l’umiltà di difendere l’uso e soprattutto la comprensione e il significato della nostra lingua-madre che è l’Italiano, perché abbiamo visto “flagellare” questa lingua (a cominciare dall’ex On. Di Pietro) giù, a scendere, fino all’ultimo tassello della nostra scala sociale che comunque svolge un ruolo attivo e importante nella nostra società. Dal necroforo al quale non si richiede la conoscenza e l’uso appropriato del vocabolario, fino a professori, avvocati e magistrati che la interpretazione del “vocabolo” , il suo uso e il suo significato sarebbero tenuti a conoscere perché essenziali alla loro professione.
Anche nelle sue forme traslate e usuali, un campo di battaglia dove la famigerata “scuola dell’obbligo” ha prodotto innumerevoli “ignoranti” e presuntuosi ed ha riempito le tasche, complici certi giudici, di avvocati spregiudicati e succhia-soldi. Scusate se mi dilungo: per esempio, se parlo di «abitazione», intendo «locali nei quali si può vivere perché, a norma di legge, hanno i requisiti per essere dichiarati tali» – e non quello che, in altri termini, viene definito un “calosso”, vale a dire una struttura muraria senza porte e senza finestre.
Se qualcuno mi dice che un fabbricato senza finestre o un fabbricato senza impianto elettrico, scale o manufatti vari, ma essenziali per renderlo idoneo ad essere abitabile, e magari ottenere la certificazione comunale di residenza e via discorrendo, viene dichiarato come “abitazione”, allora io sono certo che non troverò, in caso di contenzioso giuridico, un giudice che avvallerà questa definizione alquanto anomale di “abitazione”, cioè di casa. Sempre che non si viva nel Burundi!
Il giudice Costantini, nel suo articolo, a mio modesto parere, ci dice che i nostri problemi sono e saranno più comprensibili se faremo un uso corretto della nostra lingua e che, e questo lo dico io, sarà necessario ritornare all’uso primigenio del nostro parlare: il latino. Una lingua madre che i catto-comunisti hanno deciso di togliere, se non sbaglio, dal 1968, all’apprendimento delle generazioni di poi. Con il risultato che pochi conoscono la Lingua Italiana e il suo vero significato. A uno studente di Giurisprudenza, ai suoi primi inizi di studi, veniva insegnato che le norme di legge potevano essere interpretate in maniera restrittiva od estensiva, ma sempre entro un certo limite e sempre in rapporto al caso specifico.
Al contrario di oggi, tempo in cui tutti parlano e usano le parole e il loro significato alla “Cicero pro domo sua”.
Penso che l’intervento del giudice Luciano Costantini avrebbe meritato un ben più significativo interesse: e ai malevoli che mi hanno fatto osservare che quell’articolo potrebbe essere a difesa della lingua italiana solo in apparenza, ma con ben altri obiettivi, posso solo rispondere che “omnia munda mundis”. Però, il dubbio quasi mi assale.
Comunque, giudice Costantini, buon lavoro a Siena!
P.S. – Posso esprimermi così ex art. 21 della Costituzione…?
Vedi anche: https://www.linealibera.it/pagliai-intoccabili-imprendibili-e-intoccati-di-pistoia/
Bravi tutti, ma – anche senza scomodare il Petrocchi o il Tommaseo – se volete fare le bucce alla grammatica per lo meno attenti alla differenza fra avallare e avvallare. Se no fate ridere i polli. Regards
Grazie delle indicazioni. Gianni Buti è assunto come correttore di bozza honoris causa.
Ma manco per sogno! Pagare moneta, vedere cammello. Se no scrivete, sotto alla testata: “Scritto anche in italiano”. Un abbraccio.
Ah, visto che ci siete, date un’occhiata anche alla coniugazione degli aggettivi (secondo il numero: “definizione alquanto anomalA”, non “anomalE”). O almeno pagate uno scolaro delle elementari per riguardarvi le bozze. Se continuate così correte il rischio di restar fuori dal ristretto novero “dei pochi che conoscono la Lingua Italiana e il suo vero significato”. Con immutata stima.
Caspita, tra i lettori come me c’e’ anche un successore del Petrarca !!!!! Io povero asino mi soffermo di solito più sui concetti che sugli errori ortografici , sperando spesso che siano errori di battitura….. Tenendo conto poi che chi ci governa, magari non scrive, ma racconta un sacco di balle, tutto il resto e’ un trascurabile dettaglio…..
Non è’ che ora devo attendermi un voto???