magistratura & arresti. PISTOIA DI CINO E VANNI, CITTÀ DELLA PROCURA A “DOMICILIARI” FACILI?

Gli indagati finiscono per pagare sempre il prezzo più alto della gogna mediatica perché, nella foga di giocare a chi è più bravo e a chi dice di più fra gli attori di primo piano, la parte debole del “detenuto in attesa di giudizio”, è quella che più ha da perdere. Questo ripropone l’assoluta necessità di una riforma radicale della giustizia che, in 75 anni, dalla fine della guerra, ha riempito tutti gli interstizi lasciati liberi dalla politica e si è espansa come il poliuretano finendo con il bloccare l’Italia e la vita e i diritti dei suoi cittadini

 

Ecco le regole secondo cui dovrebbe svolgersi la corretta comunicazione fra procure e giornalisti. C’è da chiedersi se tutto questo sia avvenuto alla lettera nella storia della commercialista di Agliana e non solo. E c’è da chiedersi anche perché il dis-Ordine dei Giornalisti di Firenze non intervenga mai risolutivamente su questi temi…

 

QUESTA ITALIA È UN BEL TRACOLLO:

TUTTO È ORMAI FUORI CONTROLLO

 


 

Su La Nazione appaiono nome e cognome della professionista arrestata e le tesi della polizia giudiziaria

 

PISTOIA. Si potrà dire che questo giornale si espone, in questa nota, proprio perché ha un “uomo” ai domiciliari (io che scrivo) e un altro “latitante” (Alessandro Romiti), così classificato da un eminente assessore di Agliana nel consiglio comunale del 1° marzo scorso: ma a noi non interessa.

Abbiamo sempre parlato fuori dei denti e continueremo a farlo, perché i fatti sono e restano quelli che sono: non certo quelli che gli uomini di potere confezionano su misura per costringere gli altri a tacere.

Su La Nazione del 13 marzo leggiamo che una professionista aglianese, indagata in lungo e in largo, avrebbe commesso ben sette reati: tanta roba, ma che non proviamo nemmeno a considerare, non conoscendo i fatti; e dunque aspetteremo il processo, fino al terzo grado di giudizio, anzi addirittura quello della Cedu, se necessario.O ai democratici non piace tanto l’Europa?

Sul ben strutturato e scortato Tirreno viene tratteggiato un profilo assai pesante della professionista oggetto di indagine, che sarebbe stata arrestata con tanto “braccialetto elettronico” perché tuttora curatore fallimentare in altre tre procedure in corso.

Dobbiamo porci vari interrogativi su tale misura, nell’ipotesi che l’indagata volesse proseguire nel suo “disegno criminoso” tramite familiari di casa e/o collaboratori dello studio.

Anche sul Tirreno sono riportati il nome dell’indagata e le argomentazioni dell’accusa. Va tutto bene così?

Come non considerare le certamente “relative modeste” somme sul tavolo di un fallimento di una azienda di utilizzazioni boschive di Piteglio e, guarda caso, proprio di un territorio che è stato depredato dalla gestione della Comunità Montana, con un ammanco dichiarato plurimilionario e poi sgonfiato come un soufflé al momento dell’apertura inattesa del forno?

Forse i lettori ricordano di avere visto qualche arresto facile nella vicenda della Comunità Montana, con o senza braccialetto elettronico, a parte il tesoriere Giuliano Sichi e la incredibile e triste storia storia di un magistrato mandato a fare giuanduiotti a Torino?

Al comandante Schettino – andiamo a mente, quindi perdonateci – non vennero riservate tali misure, dopo la condanna per il naufragio, al Giglio, della Costa Concordia, con una trentina di morti e delle responsabilità grosse come le Torri Gemelle.

Il Pm Linda Gambassi, titolare dell’inchiesta

A noi – a cui oramai son cresciuti i “dentini davanti” – tutto questo sembra abnorme; e ripropone il dilemma di come sia amministrata la giustizia in Italia – in primo luogo – e a Pistoia: città-sarcofago in cui, a nostro modesto avviso e secondo la nostra umile convinzione, le decisioni vengono prese «a capocchia» e secondo il principio giuridico, pluriconsolidato nella città di Cino e di Vanni Fucci, del famoso carretto del Lavarini sui cuiera scritto: «Si presta e non si presta a seconda dei casi e delle persone attuali».

Il modus operandi della procura di Pistoia è – secondo la nostra opinione – tutt’altro che univoco, chiaro e trasparente: senz’altro – non ce ne voglia il dottor Coletta – tutt’altro che garantista nei confronti di chi (e lasciateci dire all’apparenza  non di rado “a tesi”) finisce sotto la lente dei Pm sostituti che in alcuni casi sono veloci come razzi nel procedere e, in altri, lenti come il tempo che rallenta, intorno ai famosi buchi neri, fin quasi a fermarsi.

Cerchiamo di intenderci. Qui non stiamo parlando di magistratura: stiamo discutendo di uomini e di donne, con tutti i loro umani vizi e umane virtù. Qui, dunque, non c’è oltraggio che tenga: si tratta solo di osservare i tempi e le modalità di azione e reazione con il cronometro alla mano come i rilevatori della Breda o dell’Hitachi. Nient’altro.

Il Gip Patrizia Martucci [da Il Tirreno]
Possiamo limitarci a dirlo o dobbiamo necessariamente dare – anche ai giornalisti pistoiesi che hanno contatti diretti e corsie preferenziali con Pm e polizia giudiziaria – la prova provata di quello che stiamo dicendo?

Da questo punto di vista, sia chiaro, non abbiamo nessun problema perché, se pure cancellati da quel delirio di onnipotenza che è l’ordine dei giornalisti della Toscana, sicuramente siamo più giornalisti noi di Linea Libera di tutti gli iscritti che, il più delle volte, camminano comunque a testa china.

Dallo Spielberg. Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]

 


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