mauro banchini. LA TREBISONDA

Mauro Banchini

VEDO CHE anche in un comune piccolo come Agliana (Pistoia) scelgono, dopo le elezioni, di eleggere … il Presidente del Consiglio Comunale. Identica scelta anche in Comuni, pistoiesi e non, di dimensioni ancora più piccole.

In anni lontani, quando ero consigliere comunale e queste assemblee avevano ancora poteri importanti (adesso – dal parlamento in giù – le assemblee sono state praticamente svuotate. Basta guardare i loro odg così zeppi di spesso inutili interrogazioni o roboanti mozioni politiche) in anni lontani la presidenza dell’assemblea era affidata al sindaco.

E questi si avvaleva di un segretario comunale che davvero rappresentava la legge, lo Stato, la terzietà.

Nulla, allora, era perfetto. Ma mica, allora, era tanto peggio rispetto a un oggi caratterizzato dal paradosso di funzioni sempre minori, nei Consigli Comunali, con prosopopee sempre maggiori.

Con il massimo rispetto per tutti, mi pare abbastanza chiaro che questa, almeno nei Comuni di piccole dimensioni, è una carica inutile: una sorta di contentino per compensare da altri mancati incarichi, assessoriali, qualche consigliere neoeletto. Tutti lo sanno. Ma tutti fanno finta di credere che il presidente del Consiglio Comunale serva a qualcosa. Se ne potrebbe fare benissimo a meno.

Discorso diverso, ovviamente, per i Comuni di più grandi dimensioni: capoluoghi di provincia e di regione, grandi città davvero metropolitane.

Qui, dove sono anche necessarie attività di rappresentanza e di governo di livelli istituzionali complessi, un presidente di assemblea può certo avere un ruolo, un senso, una utilità. Ma in migliaia di piccoli-medi Comuni no …

Fra le riforme possibili nei Comuni, fosse per me ne farei dunque due: togliere nei piccoli Comuni il presidente della assemblea e rendere obbligatoria, da parte del sindaco, la scelta degli assessori fra chi è stato eletto consigliere comunale (se proprio si vuole: limitare a uno il numero degli assessori “esterni”).

Questo, infatti, a me pare un altro paradosso: chi prende davvero i voti, chi si mette davvero in gioco cercando il consenso delle persone, una volta eletto finisce per far parte di una assemblea ormai priva di potere, ridotta a votificio, spesso umiliata.

Mentre il potere vero è tutto nelle mani di assessori “esterni”, mai passati dal vaglio democratico e fiduciari del solo sindaco.

Per la verità c’è una terza riforma che mi piacerebbe: togliere al sindaco il potere di scegliere la dirigenza dell’ente in base a criteri fiduciari (lo stesso criterio usato per la nomina di staff fiduciari).

Ciò, forse, contribuirebbe a restituire senso e dignità a strutture burocratiche oggi troppo spesso strette fra una politica vorace e cittadini sfiduciati.

Nessuno, ovvio, mi farà fare queste tre riforme.

Mauro Banchini

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