PISTOIA. Elemento imprescindibile per la comprensione della figura, della fortuna, in vita e dopo, e dei giudizi su Iva Perugi Gonfiantini è sicuramente il suo legame con il fascismo.
Si sa che durante il regime tutti aderirono al nuovo corso, possibilmente per opportunismo e convenienza: solo dodici professori universitari (vedi) rifiutarono il giuramento di fedeltà e persero la cattedra.
Altrettanto noto è che molti firmarono il giuramento in maniera strumentale, incoraggiati anche da Togliatti e Benedetto Croce, «per continuare il filo dell’insegnamento secondo l’idea di libertà».
Nel caso di Maya si percepisce più che altro un’adesione ideologica, spontanea e ingenua: «da fascista ho cercato di fare solo del bene» raccontava alla nipote Ivana Gonfiantini, pistoiese e residente a Montignoso, che abbiamo incontrato per approfondire l’aspetto umano della nonna.
Si può portare, a dimostrazione dell’adesione esclusivamente ideologica (e per così dire ingenua) di Maya, Fiduciaria dei Fasci Femminili Provinciali, il fatto che tutta la famiglia si trovò, da dopo il ’43, in una situazione di emarginazione sociale e culturale, diversamente della stretta continuità tra stato fascista e repubblica italiana.
Una continuità di strutture, leggi e uomini compromessi ma reinseriti in ruoli chiave, di cui furono garanti sia Togliatti (difese il codice Rocco e i patti lateranensi) sia De Gasperi, che fondò lo stato democratico, il pubblico impiego, la magistratura e l’economia sugli uomini del ventennio (vedi M. Veneziani).
Anche il potere politico seguì il criterio di non epurazione e restaurazione, a Pistoia come altrove; vale la pena rileggere con laico distacco e senza condizionamenti le fonti dirette del periodo della ‘resistenza’ e successivi.
Una nota di Carlo Dami è abbastanza esaustiva: «Dopo l’8 settembre del 1944 a Pistoia venne nominato il delegato provinciale dell’Alto Commissariato per l’epurazione nella persona di Renato Vecchione.
«Il Cln espresse il proprio gradimento, nonostante che il Vecchione fosse stato un ex centurione della milizia fascista di Firenze, aderente alla Repubblica di Salò e passato solo nel giugno del 1944 al Pci.
«Segretario del Vecchione fu Luigi Franconi, anche lui ex aderente alla Repubblica Sociale Italiana, che in seguito ritroveremo come segretario del Psi di Pistoia e successivamente nell’elenco degli iscritti alla Loggia P2 di Licio Gelli al n. 437».
«A capo della Commissione per l’epurazione il Cln nominò il dott. Salvatore De Fraia Buffoni, che era stato direttore delle carceri speciali delle Ville Sbertoli e Sostituto Procuratore di Stato a Firenze durante la Repubblica Sociale Italiana, a cui aveva aderito».
Quasi tutti i notabili e maggiorenti pistoiesi rimasero tali anche dopo il ’45, godendo del medesimo prestigio e rispetto ed esercitando la medesima influenza nella vita pubblica: Maya ebbe invece la sfortuna di non essere inserita in alcun sistema di potere o struttura della macchina statale, e questo, avendo aderito spontaneamente ed ingenuamente al fascismo, le costò una certa emarginazione, nonostante non avesse avuto alcun tipo di responsabilità se non appunto quella ideologica.
Una metafora di quella storia italiana in buona parte da riscrivere, alla luce della verità dei fatti rintracciabili anche nella microstoria, o comunque da epurare da una certa agiografia tutt’altro che obiettiva nella narrare la liberazione e il rapporto con i presunti alleati americani.
Pur sammarchina, avendo vissuto nel palazzo del marito Adelfo Gonfiantini, in angolo tra via Porta San Marco, via Baroni e via Trenfuni, dal dopoguerra non ci sono tracce di citazioni, ricordi o iniziative culturali che la ricordino.
Eppure nel 1927 aveva curato un foglio di tre pagine, Luce di popolo: numero unico che si vende a L. 1 dal Comitato pe’ festeggiamenti del Rione di Porta San Marco, a totale beneficio dell’erigendo ospedale, a riprova dell’impegno sociale e civile nel suo quartiere.
In questo numero unico compare anche un pezzo di Quinto Santoli, cui sono dedicati numerosi romanzi donati e conservati in Forteguerriana, che spiega, dopo una digressione storica sulla sanità locale, che «gli Spedali Riuniti di Pistoia non sono più in grado di assolvere adeguatamente la loro funzione di nosocomio di una città di nobili tradizioni, elevata ora a capoluogo di provincia, ed attendono da enti e da cittadini i mezzi necessari alla loro organizzazione».
Nel «Manifesto lanciato alla cittadinanza dal Comitato Esecutivo dei festeggiamenti nel Rione di Porta S.Marco» si legge: «Il nostro popolare rione, a nessun altro secondo per opere di patriottismo e di bene intesa beneficenza, fu dei primi a plaudire l’iniziativa presa da un comitato cittadino onde sorgesse in Pistoia un grande e moderno Ospedale per la cura e l’assistenza delle umane sofferenze a vantaggio di tutti i cittadini e massimamente dei più bisognosi».
Il manifesto parla poi del «programma particolareggiato nel quale sarà compresa l’elezione della Reginetta di Porta San Marco, e l’illuminazione alla veneziana del Rione, da Piazza San Bartolomeo alla chiesa dell’Immacolata con tre premi alle migliori case illuminate più artisticamente e sfarzosamente».
Questi i componenti del comitato esecutivo: Milziade Ricci, presidente; Mazzino Gargini e Amedeo Domenichini, segretari; Cino Pastacaldi, cassiere; Aldo Sgaravatti, Adelfo Gonfiantini, Leopoldo Lotti, Mirto Fedi, Aladino Giacomelli, Eutimo Vinaccia, Algise Beneforti, Franco Marcianò, Angiolo Cinelli, Nello Giannini, Ugo Jovi, Lino Pierucci, Amos Palandri, Giuseppe Breschi e Grado Gradi, consiglieri.
Vita Pistoiese. Libro fascista, che contiene una poesia dedicata a Pacino Pacini primo ‘martire’ fascista, rappresenta una privilegiata fonte, storica e letteraria, per studiare la città all’epoca del Duce, a cui Maya, direttrice locale del Dopolavoro, dedicò uno stornello, di livello letterario in verità non paragonabile al resto della sua produzione, in occasione della sua venuta ufficiale del 1930 (consultare il video e la rassegna iconografica).
[Lorenzo Cristofani]
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