
DUNQUE, incredibilmente ci troviamo a vivere una crociata.
Stiamo cercando di capire come sia possibile che 2000 anni dopo Cristo e 1400 anni dopo Maometto ci si trovi a mettere in dubbio l’opportunità di esprimersi liberamente attraverso i giornali, anche per mezzo della satira: e mentre cerchiamo di capire altri attentati insanguinano il mondo.
Bambine di dieci anni si sarebbero imbottite di tritolo e si sarebbero fatte saltare in aria, immolate volontariamente alla causa dell’Islam. Il condizionale serve a segnalare l’incredulità di fronte alla libertà di una tale scelta e sottolineare la ferocia di questa crociata.
Mentre cerchiamo di capire, i guerriglieri di Allah preparano i loro assalti alla nostra (ineffabile) civiltà ma anche alle nostre materialissime esistenze, ai nostri monumenti, ai simboli della nostra tradizione.
Il paradiso giace sotto l’ombra delle nostre spade… così dice il Corano. Ma noi, al macabro suono di queste parole, non ci abbiamo fatto granché caso perché nel frattempo abbiamo mediato il contenuto dei comandamenti della fede con l’Illuminismo e con lo stato di diritto da una parte e con il benessere e lo stato sociale, dall’altra (alemno fino a quando non sono arrivati i compagni post-comunisti liberal…).
Ecco che dobbiamo rivedere la nostra posizione.
La nostra convivenza si basa sul consenso sociale, il quale esprime la Legge.
La legge e la giustizia sono strumenti degli uomini e quindi fallibili, ma pur sempre gli unici che ci siamo impegnati a condividere.
La religione è un fatto personale, riconosciuto dalla legge ma ad essa subordinato: e così ci pare giusto che sia.