PISTOIA. Si è chiusa in equilibrio la rassegna Teatri di Confine e seppur molto precario, alla fine della rappresentazione, è parso stabile, scenograficamente senza fiato.
E dire che lo spazio non sarebbe mancato, anzi, non mancava. Location della quinta e ultima messinscena ancora Villa di Scornio, la Sala dei Concerti, che ancora aveva l’odore acre della fiaba raccontata lunedì scorso da Saverio La Ruina. In questa ultima circostanza, però, lo struggente monologo del calabrese è soppiantato dalla fisicità, ginnica, di Marina Giovannini, Marta Capaccioli, Veronica Cornacchini e Lucrezia Palandri, intente a rappresentare Meditation on beauty, prima parte e seconda parte.
Si tratta di due equilibrismi un attimo dopo la catastrofe; sullo sfondo, dopo aver pattuito amicizia sanguigna con le reciproche e vicendevoli rassicurazioni di forza e contrappesi e sulle note di Nina Simone, le quattro danzattrici trovano, dopo un lungo ed estenuante pellegrinare, la loro isola: forse non felice, ma è quella che consentirà, alle quattro sopravvissute, di proseguire l’interminabile ed eterno rapporto esistenziale con la vita, che si trasforma, inevitabilmente, in geometria, forza, coraggio, connessione. Danza.
L’isola, che c’è e si vede, sono tre parallelepipedi in legno, uno più piccolo dell’altro, scendendo; le dimensioni si invertono, però, salendo ed è intorno a questa scala a chiocciola, angusta, senza aria, che le quattro donne provano a sistemare quello che la guerra non è riuscito a distruggere, i ricordi più cari, le foto in bianco e nero, la casa. Perché sono quattro combattenti stremate dalla battaglia che non l’ha sacrificate, ma sono anche quattro massaie, quattro compagne, quattro entreneuse, quattro mamme che devono provvedere, prima che i propri pargoli crescano e diventino grandi, a far trovare loro un ambiente degno delle specie che deve continuare.
Il caldo che lunedì, con Italianesi, aveva narcotizzato il pubblico, ieri sera, venerdì 3 luglio, viene energicamente combattuto e vinto dal portone della sala dei Concerti lasciato aperto; nel giardino di Villa di Scornio, sotto, non si muove essere umano, né foglia. Le note dei Counting Crows, da piazza del Duomo, non arrivano ad increspare l’atmosfera confidenziale delle Meditazioni per un semplice, coincidenziale e provvidenziale gioco di correnti.
I fisici delle quattro protagoniste, guidate dal capitano in campo, Marina Giovannini, non sono scultorei; non abbagliano. L’eleganza, del resto, che nel caso specifico è maledettamente femminile, non avrebbe potuto ammettere resistenze oltre i livelli consentiti di elasticità; le perle di sudore, in viaggio verso il suolo, avrebbero dovuto sobbarcarsi titanici sforzi per superare inutili e antitetiche ondulazioni di bicipiti per giungere a destinazione.
Le acque infestate da coccodrilli affamati si fanno più chiare: il test sulla sopravvivenza è stato brillantemente superato, da tutte e quattro. Si può chiudere il sipario, refrigerarsi e pensare. Anche a quello che verrà, volendo.