PISTOIA. Sabato 31 maggio, ore 19:30, via San Matteo, Pistoia. Mi accingo a fare un prelievo al Bancomat della Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia, di cui sono correntista. Eseguo l’operazione di prelievo, digitando, attento a non esser visto, il codice segreto. Premo il tasto relativo alla cifra desiderata, premo il successivo con il quale dichiaro di non aver bisogno di ricevuta e aspetto che l’apparecchiatura mi renda, in ordine ravvicinatissimo, bancomat e soldi. In quel preciso istante, salta la corrente: il bancomat si spegne. Buio. Totale.
Vado letteralmente nel pallone: è sabato, è il 31 maggio – penso. Ha da passà ’a nuttata e poi, domenica e anche lunedì, perché lunedì è il 2 giugno, festa rossa. E proprio mentre penso a quale amico a cui poter chiedere soldi in prestito (più d’uno, ringraziando il cielo), dal portone laterale escono due signori, due operai, vengo a sapere all’istante. Chiedo loro se abbiano in qualche modo a che fare con la banca.
“No, spiacenti, siamo solo elettricisti”, mi rispondono allargando le braccia.
“No perché è andata via la corrente proprio mentre eseguivo un’operazione di prelievo, ma oltre a non avermi dato i soldi, la macchinetta si è anche tenuta il bancomat”, ribatto sperando che, in qualità di elettricisti, forse, una mano, possano anche darmela.
“È da stamattina che ci stiamo lavorando: la corrente va e viene”, mi dicono prima di infilarsi con estrema rapidità nel palazzo usando una grande porta a vetri.
“Quindi lo sapevate che c’era la possibilità di un black out e non avete nemmeno messo un cartello per avvisare l’utenza?” urlo disperato nella strada senza essere sentito da chi di dovere perché nel frattempo, il grande portone a vetri, si è richiuso.
Nel panico più totale, mi viene la brillante idea di suonare il campanello della guardia giurata della Centrale, al portone successivo, in legno. Spiego l’accaduto, presentandomi nome e cognome e chiedo come e se si possa risolvere il problema.
“Fino a martedì è impossibile”, mi risponde la guardia giurata dal citofono. “Chiami un responsabile di filiale?”, provo a ribattere. Risposta: “Non c’è nessuno, arrivederci”.
Telefono al 113. Non sono arrabbiato, sono incazzatissimo.
Il poliziotto che mi risponde al telefono mi invita, giustamente, a mantenere la calma, ma poi mi dice che c’è sia ben poco da fare. “Ora, comunque, visto che lo desidera, le mandiamo una volante”. La volante arriva, con due agenti a bordo. Chiedo loro di andare insieme a suonare al citofono della guardia giurata per avere ulteriori e casomai decisivi chiarimenti. “Assolutamente no: lei ci fornisce le sue generalità e noi trascriviamo la nota. Poi si vedrà”. Grazie!
Dal portone in legno dove c’è il citofono relativo alla guardia giurata escono, in fila, velocissimi, i due elettricisti di prima e altri tre loro colleghi. Li vedo e ribadisco le mie ragioni, calpestate dalla loro inezia, leggerezza, menefreghismo.
“Scusate e fino a martedì come faccio, senza soldi”? grido ai cinque operai che nel frattempo stanno velocemente montando su un furgone parcheggiato nei paraggi. “Non è un problema nostro, buonasera”, accendono il furgone, escono dal parcheggio e se ne vanno.
Il problema economico contingente l’ho risolto poco più tardi. Per quello mastodontico, preoccupante, letale, e cioè di una Repubblica di Nullopoli troppo piccolo per essere vero, non credo ci siano bacchette magiche.
Faranno un miracolo Renzi e l’angelica Maria Elena Boschi…?