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AGLIANA-ROMA. Sono ormai passati tre mesi dalla notizia della liceità del panino domestico a scuola, ma ad Agliana è tutto fermo al servizio di mensa scolastica coattivamente imposto dall’appiattimento e dall’omologazione delle amministrazioni piddìne: sostenere un bambino a scuola è diventato un lusso.
A una media di 150 consumazioni con un gettone di 5 €, il servizio richiede un impegno di circa 750 € annui: uno stipendio per molti precarizzati, costretti alle “ricariche” del servizio a consumo automatico che si scala dal conto anche se il bambino/utente digiuna alla mensa, senza alcun’altra opzione di scelta.
La dirigente Angela Desideri ha bene spiegato a chi scrive, che il suo istituto omnicomprensivo ha ricevuto solo una richiesta di esenzione di qualche genitore che – probabilmente affannato dalla crisi – aveva tempestivamente chiesto di avvalersi dell’esenzione dal servizio di mensa scolastica.
Lei aveva sentito solo vagamente la notizia del pronunciamento della Corte di Appello di Torino e quindi, non riconosceva nessuna valenza applicativa alla decisione piemontese e infatti ad Agliana, non si può consumare alcun “pranzetto domestico”, che piaccia o non piaccia. Ma quanti sono i genitori sensibili a tale prerogativa?
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Noi registriamo lo sfogo della mamma di Marcellino (nome di fantasia, pensando a quello pane e vino) che andrebbe avanti solo a schiacciatine e merendine della mamma disdegnando qualunque pietanza salutista, anche se pensata da qualche eccellente dietologo.
Il bambino non consuma nessun pasto a scuola a parte qualche assaggio di minestra, ma la tariffa scatta impietosa e piena, senza alcuna riduzione: è forfettaria!
La madre si chiede – e noi giriamo la domanda ai lettori –: quanti sono i genitori sottoposti, loro malgrado, a questa vessazione tariffaria?
E la dirigente Angela Desideri ha da proporre una risposta ragionevole per questa categoria di utenti?
[Alessandro Romiti]
MA UNA BELLA FETTA DI PANE CON L’OLIO NON VA BENE?