minkienkopfen. GIUSTIZIA E POLITICA, IL CASO LUCA GASPARI. UNO STRANO LEGAME PER CUI, A PISTOIA, A PAGARE NON SONO I COLPEVOLI MA LA «GENTE COMUNE» PER LA QUALE SI ERA IMPEGNATO A LAVORARE IL PM COLETTA

Il giudice monocratico cui fu affidato l’obbrobrio del “processo politico” contro Linea Libera e i suoi uomini, pur essendo a perfetta conoscenza della verità dei fatti – e qui se ne danno le prove – preferì tapparsi il naso e fingere di credete a un ingegnere capo, Iuri Gelli, conclamato falsificatore di relazioni tecniche e falso testimone in aula. Proprio per questo, e anche se il monòcrate aveva tutte le carte ufficiali in mano, preferì navigare a vista. Forse per evitare scogli e naufràgi ai suoi colleghi della procura?


Quando la menzogna e l’omertà prendono il sopravvento sulla ricostruzione della verità


A PISTOIA LA DISFUZIONE DELLA GIUSTIZIA

SEMBRA ESSERE GIUNTA ALL’ULTIMO STADIO


 

La giustizia deve essere amministrata per tutti, non solo per i cittadini importanti; i politici, gli amministratori pubblici e tutte le anse di potere che si sono incancrenite e fissate agli scogli come dei datteri di mare

 

Nemo ad impossibilia tenetur, nessuno può essere costretto a fare miracoli. Ma tutti, e soprattutto i giudici che ci insegnano la dottrina del perfetto cittadino e ci addomesticano alla Costituzione, precettandoci perfino alla teoria e tecnica del “giornalismo alla Montanelli”, sono i primi a dover dimostrare non di essere dèi, quali costoro credono d’essere, ma di saper adempiere le funzioni pubbliche loro affidate «con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge» (art. 54 Cost.).

Ora: tre signori quarratini – la Sabrina Sergio Gori, il Marco Mazzanti e il Gabriele Romiti –, pur avendo prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi in quanto sindaci, impipandosene appieno del giuramento e dei doveri, vuoi per ignoranza vuoi per malafede (scegliete voi), dal 2008, da quando cioè il Comune di Quarrata ha illecitamente favorito in maniera spudorata e irragionevole il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, mi hanno mandato allegramente a quel paese e non solo.

Dico non solo perché, grazie alla loro deficienza cognitiva e alla nolontà di compiere il dovere di informarsi, mi hanno perfino fatto condannare agli arresti domiciliari ed oltre, in virtù dell’errato modus operandi tenuto nelle indagini da parte di un sostituto il quale – in barba agli almanacchi – lavora contemporaneamente per la procura e contro la procura; per la legge e contro la legge.

Lo fa senza che nessuno abbia il doveroso coraggio morale di fargli notare che la deve smettere, una volta per tutte, di recitare la parte del Robin Hood locale, dal momento che, sia per tutte le abominevoli incompatibilità che evidenzia (ignorate con la connivenza dei suoi illuminati colleghi e superiori); che per il fatto di violare costantemente l’art. 358 del codice di procedura penale circa l’obbligo svolgere attività d’indagine a favore dell’indagato, non può atteggiarsi a maestro di filosofia morale.

Se non altro perché, questo signor Curreli rappresenta, a Pistoia, l’Anm, Associazione Nazionale Magistrati, ma evidentemente viola – con ben poco rigore ed eccessiva disinvoltura – il dettato di cui all’art. 13 del Codice Etico del suo sindacato, secondo cui «Il pubblico ministero si comporta con imparzialità nello svolgimento del suo ruolo. Indirizza la sua indagine alla ricerca della verità acquisendo anche gli elementi di prova a favore dell’indagato e non tace al giudice l’esistenza di fatti a vantaggio dell’indagato o dell’imputato»: impegno con solare evidenza pluri-ignorato dal sostituto Curreli.

Queste sono le ricevute delle raccomandate 1 con cui il giudice Gaspari ha ricevuto tutta la documentazione ufficiale che gli sarebbe bastata per rigettare le invenzioni infamanti della pubblica accusa. Lo ha, forse, fatto? No! E perché non lo ha fatto?

Poi sono giunti, dal luogotenente Salvatore Maricchiolo in là che ha fatto da sponda all’opera di Curreli, una serie di magistrati (Patrizia Martucci, Tommaso Coletta, Giuseppe Grieco, Luca Gaspari, salvo se altri), che ne hanno combinate ancora di peggiori, giungendo perfino a creare, pro domo loro, l’inesistente reato di stalking giornalistico, estremamente funzionale a raggiungere lo scopo di troncare le ossa a un quotidiano on line scomodo e che non sa tenere la lingua a posto: con ciò insidiando la mano libera di politici e giudici abituati a lavorare col presupposto (erroneo) di aver comunque carta bianca su tutto.

Insomma, intendo, la mano delle «autorità costituite» di cui a Pistoia – e mi duole per la Gip Martucci – non c’è da fidarsi nella maniera più assoluta in virtù del principio per cui nemo tenetur tradere se ipsum: e chi si lascia andare, si mette alla mercé di quanti – e non sono pochi, credo – fanno della legge quel che loro comoda.

Esempio evidente, e a mio avviso censurabilissimo, è il comportamento di Giuseppe Grieco in aula. Un magistrato che, senza ritegno, viola – pur egli – l’art. 13 del Codice Etico della Anm, ove ne risulti iscritto. Grieco, infatti, non «Evita di esprimere valutazioni sulle persone delle parti, dei testimoni e dei terzi, che non sia[no] conferenti rispetto alla decisione del giudice […]».

Lo si veda, a questo proposito, quando mi ha chiesto il perché non mi sia mai iscritto a FdI; o quando ha chiesto ad Alessandro Romiti perché non provasse una sorta di minima vergogna o preoccupazione nel frequentare uno stalker come me che scrivo. Oppure quando, senza rispetto umano né discrezione, ha tirato in ballo, in aula, persone (mia figlia, mia nipote) che nulla avevano a che vedere con il “processo politico” stesso cucito a misura addosso alla gente di Linea Libera. Una vera e propria invereconda vergogna, nemmeno stoppata dal giudice Gaspari: secondo, ovviamente, il mio modesto punto di vista o POV, come si dice oggi inglesizzando.

Poi giungiamo al giudice monocratico al quale, sia da Curreli che da Grieco, sono stati taciuti elementi in grado di far capire la verità dei fatti. I due volenterosi sostituti, infatti, sempre a mio modesto parere, non solo hanno taciuto la verità fattuale, ma, così facendo, lo hanno trascinato e indotto a camminare fallacemente su un terreno di fuorvianti errori, l’un dopo l’altro.

Errori dai quali, tuttavia, Gaspari non ha dato prova di volersi esimere – e qui ribadisco e sottolineo con prove certe –, pur essendo stato messo a conoscenza, puntualmente, esaurientemente ed incontestabilmente, dei fatti su cui ho sempre chiesto l’intervento di una procura che ha fallito in pieno il suo naturale scopo, quello previsto da Costituzione e leggi: operare per la legalità.

Così oggi i fatti restano, indelebilmente, quelli che seguono:

  1. sono false le testimonianze dell’ingegner Iuri Gelli e dei vari altri che hanno riferito al luogotenente Maricchiolo che le pratiche edilizie, riguardanti il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, erano in regola sotto ogni punto di vista.Ciò è, infatti, smentito da due leggi dello stato, due regolamenti urbanistici del Comune di Quarrata e una giurisprudenza costante dal dopoguerra ad oggi;

  2. sono false le dichiarazioni dell’ingegner Iuri Gelli, rese in aula (le vedete in apertura) ed ossequiate e prese per buone da un Gaspari che afferma di avere capito ciò che, contrariamente, non ha affatto compreso: che il Perrozzi è stato favorito dal Comune di Quarrata, sia con la chiusura a cancello di tre vicinali-interpoderali occluse; sia con la concessione di passo carrabile su terreni sì privati, ma soggetti da sempre a usi da piazzole di svincolo e parcheggio pubblico su strade vicinali;

  3. sono quantomeno errate (se non addirittura falsate, a riconsiderare i fatti) le decisioni di un Gaspari che, pur al corrente di tutto – cosa che non può negare: e vedetevi le prove postali allegate –, sembra aver preferito l’ingiustizia pilotata alla chiarificazione e alla restaurazione di una legalità adulterata, more canis, dal Comune di Quarrata e dai suoi organi politici e amministrativi;

  4. il giudice, ignorando le verità documentali, ha omesso, ove non anche favorendo i responsabili, la dovuta punizione di amministratori e dipendenti tecnici che si sono rifiutati di compiere atti dovuti di ripristino della correttezza legale e regolamentare in vigore.

Detto questo: ve la sentireste di giurare che a Pistoia il cittadino deve avere fede assoluta e incrollabile fiducia nella magistratura?

Tornate qui anche domattina per la terza puntata dell’aberrazione di cui vi sto parlando da tre anni. Domani vi mostrerò, con altri documenti certi, quanta inciviltà e supponente ignoranza giuridico-legale aleggi e spiri nel Santo Comune di Quarrata, regno progressista di prevaricazioni, sviamenti di potere, falsi in relazioni e atti certificatorii destinati a far fede. Il tutto protetto e difeso da una procura che non può restare così più a lungo senza essere severamente richiamata all’ordine nella maniera dovuta.

Pretendere di poterci trattare da stupidi è, infatti, cosa odiosa. Se poi ciò viene dalla magistratura stessa, che beneficia di lauti stipendi e privilegi da parte dello stesso popolo italiano, suo datore di lavoro, nel cui none pretende di amministrare la giustizia, è assolutamente riprovevole e inaccettabile.

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


 

ANALISI DI UN’AZIONE GIUDIZIARIA
EX ART. 21 DELLA COSTITUZIONE
                                                                     Vulpes pilum mutat, non mores?

 

Claudio Curreli e l’incredibile storia di Padre Fedele Bisceglia… Oggi una nuova tragedia di mala giustizia?

 

Come accadde con Padre Fedele Bisceglia, anche stavolta il sostituto Claudio Curreli ha nascosto prove al giudice?

D’altro canto il giudice, da parte sua, si è sottratto fin troppo disinvoltamente dall’onere spettàntegli di accertare la verità. Se aveva tutti i mezzi e gli strumenti per farlo, come giudicare il suo operato?


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