PISTOIA. Una multa di 700 euro in due, con la sospensione della pena. Ovvero 350 euro a testa per Edoardo Bianchini, giornalista professionista direttore di Linee Future, all’epoca dei fatti padre del blog satirico (sottilineiamo “satirico”) Quarratanews, e Alessandro Romiti, giornalista pubblicista, per i quali il pubblico ministero aveva chiesto 9 mesi di reclusione. A volte per un omicidio si danno danno due anni. L’udienza stamattina, 18 aprile, nell’aula penale di San Mercuriale.
“È una vittoria”, il commento dell’avvocato Simone Aiazzi. “Poca prova, poca pena” il commento dell’avvocato Pamela Bonaiuti.
L’accusa? Diffamazione a mezzo stampa, tanto per ingolfare le trabboncanti aule penali italiane. I due giornalisti erano accusati di aver diffamato il presidente della Misericordia di Agliana, Corrado Artioli, e la dottoressa Daniela Borghi, con una trentina di articoli di una inchiesta, nei quali si parlava di denaro sperperato in una gestione di cui Artioli – come è emerso dai fatti – non ha mai dato ragione ai cittadini e alla sua città: perché non ha mai voluto rendere pubblici i bilanci della Misericordia aglianese.
Lunghe e articolate le arringhe dei difensori, l’avvocato Bertei, per le parti offese, l’avvocato Bonaiuti per Romiti e l’avvocato Simone Aiazzi per Bianchini.
Punctum dolens non è tanto la veridicità di ciò che è stato scritto a mezzo stampa (si attendono, entro 90 giorni, le motivazioni della Got Floris), ma il fatto che, ancora una volta, reati del genere potrebbero essere puniti con la detenzione, dopo un lungo e estenuante travaglio penale.
Forse è anche per questo che l’Italia è uno dei Paesi civili con meno libertà di informazione? Non facile la vita di un giornalista che vive l’ansia di un procedimento penale per qualunque cosa possa scrivere, nonostante l’attendibilità delle sue fonti. Col rischio che poi si lasci attrarre solo dalle feste di paese e dalle sagre delle fittelle.
Non solo. L’avvocato Bertei, nella sua arringa, ha parlato di “offesa alla reputazione, aggressione della sfera morale altrui, sentimenti di ostilità nei confronti delle parti (quando lo stesso Artioli aveva dichiarato di aver conosciuto il Bianchini soltanto dopo l’assemblea pubblica nella quale la stessa Misericordia avrebbe dovuto spiegare ai cittadini quanto riportato negli articoli di Bianchini e di Romiti e di non averlo più visto dopo) e che le persone potrebbero essere influenzate dalla lettura del blog sull’operato della Misericordia, che vive delle offerte della gente”.
Ci chiediamo: al di là della veridicità di ciò che i due giornalisti hanno scritto, che i lettori non siano capaci di farsi una propria idea su quello che leggono? Che non siano abbastanza intelligenti per discernere tra la realtà o meno dei fatti? No: perché se così fosse, che si chiudano immediatamente tutti i giornali italiani. Per non parlare di quelli satirici come Il Vernacoliere. O quelli “scomodi” come Il Fatto Quotidiano, perché i lettori potrebbero subire influenze negative sul proprio libero pensiero.
Che non si faccia più informazione di qualsiasi genere, insomma: da “cani da guardia delle democrazia” i giornalisti diventino cani che scodinzolino dietro il padrone di turno. Delle longae manus del partito politico di turno. Dei dipendenti subordinati al datore di lavoro di turno. Che sia eliminato il secondo comma dell’articolo 21 della Costituzione: tanto la sua esistenza non avrebbe alcun senso.
“La Cassazione ci dice che il giornalista d’inchiesta può insinuare il dubbio in un Paese civile, anzi deve farlo – ha replicato l’avvocato Aiazzi –. E che il giornalismo non può subire censure dato che la stessa Corte Suprema ha dichiarato come il diritto d’informazione prevalga sul diritto alla riservatezza e all’onorabilità della persona; i due diritti non possono essere posti sullo stesso piano”.
La carta canta si potrebbe dire. Lo dicono in primo luogo la sentenza 16236 del 20 luglio 2010; poi la 9337 del 2013, V sezione; la 38971, V sezione; la 43403 del 2009 e la 25138 del 2007.
“Il Bianchini è un latinista – ha sottolineato Aiazzi –: scrive in un modo che può non piacere, ma scrive in modo consapevole. Un lettore è libero di scegliere se leggere o no i suoi articoli”, ha poi concluso confutando le tesi dell’avvocato Bertei.
Si attendono adesso le motivazioni della sentenza, ovvero 90 giorni, grazie ai tempi della giustizia italiana. Intanto gli avvocati Aiazzi e Bonaiuti sono pronti a fare appello. E intanto noi di Linee Future raccontiamo i fatti, senza sconti per nessuno, nemmeno per noi stessi. Non come altri organi di informazione che il più delle volte omettono sistematicamente di far sapere ai cittadini se vengono rinviati a giudizio. Ma certo va detto che forse ci sono sostanziali differenze fra l’essere chiamati a rispondere di diffamazione (come la Gabanelli e Travaglio) per un’inchiesta che punta alla ricerca della trasparenza e chi, in ipotesi, può essere chiamato al banco degli imputati per maltrattamenti o perché indagato in materia di usura.
In conclusione, oggi il caso Misericordia sembra essere stato molto ridimensionato da un provvedimento tutto sommato modesto e inatteso dalla cosiddetta parte offesa. E quella che poteva essere una roboante vittoria da festeggiare come Dio comanda, sembra essersi risolta nel famoso proverbio siculo secondo cui “in tribunale chi vince perde comunque”. Ma intanto la diffamazione, almeno allo stato dei fatti, sembra che in concreto debba ancora attendere.
Almeno fino all’appello (o oltre)…
[Alessandra Tuci]
Vedi anche:
Complimenti agli avvocati! Vi è andata bene! Un forno alla Misericordia costa migliaia e migliaia di euro.
A proposito, ma quel sig. Artioli è mica parente di quello “fraternamente” inquisito dalla magistratura per tassi usurari nella banca di cui era responsabile?
Vabbè…gli avete offerto una pizza: magari se accettavano il confronto pubblico facevano prima, spendevano meno, e la pizza gliela offrivate comunque. Ma si sa, l’Italia è il paese dove l’immagine è tutto. Oltre è meglio non andare.
Buona notte
Massimo Scalas
Un bell’esempio su come comportarsi davanti a una informazione che si limita alla normalità del suo ruolo in una democrazia (fare domande, cercare risposte, raccontare e commentare vicende): rispondere alle domande, farsi trasparente al massimo, mostrare documenti, evitare il vittimismo …
Anche se nel caso in questione, pur non conoscendone i dettagli, è andata piuttosto bene, salvo andare anche meglio nei prossimi gradi di giudizio, condivido che la punibilità del reato di diffamazione non è molto proporzionata con pene priviste per illeciti più gravi. Ad ogni modo riesci sempre a dare informazione unita a giusta critica, in modo così gradevole ed ironico da trasformare una notizia in un ‘racconto’… che viene voglia di rileggerlo.