montagna da gustare. MONTANINI, DENTI E NECCI ROVENTI

Non secco, né “moscio”, della giusta consistenza per arrotolarlo su se stesso, riempito di ottima ricotta, come ancora si fa su questi monti, oppure con striscioline di pancetta. C’è chi afferma di mangiarne addirittura 10-12. Sono però detti, al pari dei racconti dei “fungai”, da vedere ancora alla prova dei fatti

Necci, ricotta, salciccia e vino

MONTAGNA PISTOIESE. «I Montanini si rovinano i denti con l’acqua fredda e i necci roventi».

Il detto, anche se caduto un po’ in disuso, fotografa, con l’arguzia popolare, la realtà della metà del ‘900 della Montagna Pistoiese, in cui generazioni sono state sfamate con i prodotti delle castagne.

Tra questi i più caratteristici della zona sono appunto i “necci”, oggi una prelibatezza, ma all’epoca un piatto unico, perché il solo disponibile.

Da gustare belli caldi, roventi, come detto vuole, appena tolti dalle “piastre” arroventate di ferro su cui è stato versato un cucchiaio di pastella di farina di castagne e acqua.

La “testata”

Non secco, né “moscio”, della giusta consistenza per arrotolarlo su se stesso, riempito di ottima ricotta, come ancora si fa su questi monti, oppure con striscioline di pancetta. Se poi si vuole una botta di energia e di colesterolo, si consigliano gli “incicciati” con la salciccia, anche questa di produzione nostrale.

Altre sono le varianti: c’è chi li predilige con il pecorino, ma deve essere il Dop della Montagna Pistoiese, o il vacchino, chi con la panna, e per i più golosi e sacrileghi anche con la Nutella.

Da accompagnare con un buon, anche due, bicchier di vino rosso e possibilmente in compagnia magari facendo “veglia”, come usava un tempo, attorno al fuoco di un camino.

È un piatto che sazia, 4-5 sono più che sufficienti, c’è però nella zona, chi afferma di mangiarne addirittura 10-12. Sono però detti, al pari dei racconti dei “fungai”, da vedere ancora alla prova dei fatti.

Gli ingredienti come detto, sono due: farina dolce e acqua, con eventualmente l’aggiunta di un pizzico, ma proprio un pizzico, di sale. La preparazione è semplice ma richiede, per avere la giusta consistenza dell’impasto, “esperienza”.

Necci con ricotta

Oggi si usano le “piastre”, due dischi di ferro con lunghi manici, anch’essi in ferro, da scaldare sui fornelli.

Nelle sagre paesane si tornano a vedere, e speriamo i poterle rivedere nell’anno nuovo, le pile di “testi”, sistema di cottura usato dai nostri avi della montagna.

Anche queste sono piastre tonde fatte però di terracotta. Venivano impilati nella così detta “testata”, uno sopra l’altro: un testo, foglie di castagno, impasto di farina dolce, altre foglie di castagno e un altro testo, fino a formare una pila di 10-12, che, se non si incappa del “famelico divoratore di necci”, da evitare d’invitare, sono più che sufficienti per per 5-6 persone.

Non è ancora un prodotto Dop, sarebbe cosa auspicabile.

Ps: Sono come forma, ma non chiamateli “piadine”.

Marco Ferrari
[
marcoferrari@linealibera.it]

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