MARESCA. “Maresca donne belle e acqua fresca”. Così un piccolo adagio ancora oggi in uso fotografa due peculiarità del piccolo borgo incastonato nel verde della Montagna Pistoiese.
E ieri mattina, sabato 4 novembre 2017, per l’apertura straordinaria del vecchio mulino di Maresca, non mancavano certo le belle donne, sempre belle in qualsiasi stagione della vita, e l’acqua fresca, anche d’estate, che fino alla metà degli anni ‘50 del secolo scorso azionava le pale di un mulino.
Un Mulino a Maresca, e dov’è? Te lo aspetti fuori paese in mezzo al bosco, attaccato al torrente omonimo.
E invece, sorpresa, ma non per tutti e sopratutto per i marescani un poco più datati con ancora i ricordi nitidi di quando da bambini portavano le castagne o il granoturco a macinare, è in pieno centro, appena sopra la piazza della chiesa dedicata a San Gregorio Magno.
L’entrata al mulino è in un piccolo cortile chiuso su tre lati da case basse a due piani, che si apre sulla via che dalla piazza si dirige in direzione nord verso la rigogliosa Foresta del Teso.
Entrando nel edificio, il fortunato visitatore, fa un balzo temporale all’indietro di 70 anni e viene trasportato direttamente nel 1950, quando l’ultimo chicco di granturco fu macinato e l’ultimo sacco di farina venne consegnato.
Tutto è rimasto fermo, fisso su quell’ultimo istante di quando l’acqua ha smesso di fluire nel bottaccio e di azionare le macine.
Tutto è rimasto com’era e come è stato lasciato dall’ultimo mugnaio.
E anche il tempo è rimasto sospeso e sembra non essere passato per le tre tramogge e gli attrezzi, tanto sono ben conservati nella stanza dove avveniva l’operazione di macinatura e sembra non aspettino nient’altro di essere nuovamente azionati.
Il locale, nonostante sia illuminato da due pratici neon, mantiene tutto il fascino delle cose dei nostri nonni.
Caratteristici travi sorreggono un soppalco in legno tinto, come i muri, con la calce bianca, mentre da una finestra protetta da un’essenziale grata in ferro, filtra la luce tenue di una mattina autunnale.
In fila, addossate ad una parete, le macine in pietra racchiuse nei propri casseri, con sopra le tramogge che contenevano il prodotto da macinare.
Nel locale sottostante, non visitabile, si trovano le ruote del mulino posizionate in orizzontale e con all’estremità delle “semicucchiaie” che catturavano l’acqua e trasmettevano direttamente, attraverso l’albero verticale, il moto rotatorio alle macine superiori, le uniche che giravano.
Quelle inferiori sono infatti fisse e immobili, caratteristica questa ripresa da un detto popolare usato per apostrofare una persona particolarmente flemmatica: “sei lento come la macina di sotto”.
La struttura, nelle intenzioni dei proprietari, l’ingegnere Restelli e la sorella, è di donarla al Comune di San Marcello-Piteglio, rappresentato per l’occasione dall’assessore Giacomo Buonomini, perché, hanno spiegato, il Mulino appartiene a Maresca.
Il borgo montano, con l’Antica Ferriera Papini ristrutturata lo scorso anno, si candida a diventare, una volta inserita nel Ecomuseo, “capitale dell’acqua” della Montagna Pistoiese e per il detto popolare “Maresca donne belle e acqua fresca” non può essere diversamente.
[Marco Ferrari]