PISTOIA-MONTAGNA. Le bocche da fuoco del regime si stanno scatenando senza ritegno sulla Montagna: con convegni, promesse di denaro, sinergie fra Regioni, tavoli di concertazione e tavolate a buffet. Perché nell’ Italia di lor signori, finisce tutto con la rituale “pappata”.
L’Abetone del Sindaco Danti è oggetto di una vagonata di euro (a parole) statali: si parla di dieci milioni di euro per fare sopravvivere un ingranaggio-neve ormai al capolinea, e a favore di società pubblico-private in cui non è chiaro se anche il privato dovrà contribuire pecuniariamente o no.
Se non dovesse nevicare o dovesse cadere neve calda o acquosa, che non si ghiaccia e che è predaggio esclusivo degli sciatori mordi e fuggi, ci pensa il rosso-Rossi con altri milioni di euro. Così ha promesso il massacratore politico della sanità che a tutto provvede e tutto prevede.
Siamo sotto elezioni e promettere non costa nulla, soprattutto considerando gli elettori carne da macello per raggiungere obiettivi politici che sono salutari per questa gente e per le loro truppe cammellate.
Non siamo in grado di raggiungere la sintesi storico-politica del nostro amico Grillo Parlante che è sicuramente persona di una certa età e di una certa esperienza e conoscenza del territorio.
Noi possiamo solo chiederci e soprattutto chiedere al cittadino della Montagna, né alta né bassa, tutti accumunati nell’impossibilità di accedere a servizi decorosi e decenti, se possono farsi una ragione di questi movimenti di denaro, fortunatamente solo promessi e non concessi, verso un’unica direzione e con finalità, ancorché nobili, secondarie rispetto ai reali bisogni di una popolazione che fra non molto, invece della macchina ultimo modello, dovrà necessariamente rivolgersi a una concessionaria di muli per poter viaggiare.
Stiamo assistendo stupefatti alla nuova presa di possesso del territorio da parte della ex proprietà Smi che, come gentil cavalletta, saltella dalla carità al progetto di Social Valley, dalle palle da tennis ai lavoratori dismessi e trasferiti a Fornaci di Barga e presto, purtroppo, a casa.
Abbiamo sul territorio una struttura sulla cui nascita storica preferiamo sorvolare per carità di patria che, però, innegabilmente negli anni ha contribuito ad alleviare tanti problemi di salute, ha dato e dà lavoro a tante persone del territorio e, in ultima analisi, ha creato anche un turismo sanitario che è nella logica dei servizi offerti.
Questa struttura si chiama Turati e saremmo curiosi di sapere quanto ha ricavato con il cinque per mille che ciascun cittadino può destinare annualmente nella propria denuncia dei redditi.
Sicuramente la Turati non ha ricavato il quasi mezzo milione di euro che la Dynamo Camp ha ricevuto per la sua meritoria opera di assistenza a bambini malati nell’arco di un certo e ben definito periodo dell’anno.
Quando si entra su “certi terreni” la delicatezza è doverosa e obbligatoria: però ci domandiamo, se la Dynamo offre il suo meritorio servizio, quante persone occupi in questo circuito, quale ritorno sul territorio vi sia e quali corrispettivi di natura economica ne tragga.
Per esempio: saremmo curiosi di conoscere se la Turati si serva di derrate alimentari “regalate” dai vari organismi di sussistenza e se altrettanto faccia la Dynamo.
Insomma, per metterla sul chiaro: c’è qualche ente che regala pasta, olio, pomodori (non quelli al rame di Barga), formaggio e quant’altro alla Dynamo? Analogamente accade per la Turati?
Se lo desiderano potrebbero dircelo tranquillamente i responsabili di queste strutture.
Quanti dipendenti indigeni ha la Turati? A noi risultano molti.
Quanti dipendenti indigeni ha la Dynamo? A noi risultano pochi e ben selezionati.
Qualcuno si domanderà a cosa serva questo “minestrone” di parole: serve semplicemente a far comprendere che si può fare impresa e ricavare il giusto guadagno, come fa la Turati, soprattutto oggi e soprattutto in ambito sanitario, cioè un settore che è stato scientificamente distrutto da una banda di incapaci che fanno capo al rosso-Rossi.
In cambio, e in questo caso, si offrono occupazione e circuito di denaro.
Quando però il denaro per opere di bene lo si dichiara parte del concetto di social-business, cioè quando anche sul male si deve guadagnare senza limiti e controlli, allora il discorso cambia. Vi pare? Se avete qualche dubbio in proposito, studiatevi la strategia del “terzo settore” di cui Manes è il capo per volontà del bomba-Renzi.
Questa gente è scatenata a favore del bomba-Renzi e del Sì al referendum: pensate che lo facciano per umanità e carità? Lo fanno solo per potere, a breve, avere in mano il controllo del territorio in tutte le sue forme. Luigi Orlando, l’ultimo manager della Smi, al confronto di certa gente, potrebbe presto essere innalzato alla gloria degli altari!
Si impone il dovere di bloccare questo progetto iniquo fondato sulle facili promesse che “finita la festa (referendaria) gabberanno lo santo (il popolo)”.
Come dice una famosa canzone? “ La democrazia è partecipazione”.
Quale democrazia? Quella loro? Quella dei guadagni lacrimosi e dei progetti con “roba” altrui? Quella del Sì?
Paradossalmente, ma non troppo, la “partecipazione” supera “quel” tipo di democrazia ed è cosa assai diversa e migliore.
Paradossalmente, per farla rinascere, dobbiamo convincerci che, contro i loro “giochetti”, è necessario un No.
[Felice De Matteis]