Ora che il vero sta venendo a galla come i pesci alle terme di Caracalla, il sindaco Pedrito falso-epigastràlgico, la segretaria ambigua Paola Aveta e il cianchettatore Ciottoli-bottarga vorranno ancora fare la pace con il non-comandante o, loro malgrado, saranno costretti a decidere di rimettere le cose al loro posto come sarebbe stato loro dovere dal giorno dopo in cui erano… saliti al potere?
L’avvocata Annalisa Lucarelli e, forse, il suo collega Andrea Niccolai, non hanno mai sopportato che in una mail del 2018 tra il Benesperi e il nostro Alessandro Romiti fosse scritto «ora gli si fa il culo» (al Nesti).
E ciò è stato ribadito per 5 volte nell’arringa finale, pensando forse di suggestionare il giudice con la forza di un esplicito messaggio di simulata violenza.
Del pari la falsobuonista e ipocrita procura della repubblica di Pistoia, nella persona di Giuseppe Grieco, durante il maxiprocesso – a mio parere sconcio – contro Linea Libera, arricciò il naso dinanzi a un messaggio WhatsApp, in cui era contenuta l’espressione «famoje er culo», detta, in assoluto privato, fra chi scrive e sua nipote. Ma lo stato etico dei perfetti che ti insegnano a vivere e a scrivere alla Montanelli, viene a vedere anche quante volte vai a fare pipì (e magari, al tempo stesso, è favorevole all’utero in affitto).
Grieco non ricordava, evidentemente, un messaggino del suo Palamara che, durante un volo, aveva scritto a qualche altro magistrato suo compare. Un messaggio di questo tenore: «Ho qui, accanto a me, quella merda di…». Non rammento il nome.
Ma a Pistoia usa ficcanasare nel privato: dai pompini dei politici, alle indagini (peraltro misteriosamente troncate) su preti e pedofilia.
Altro passaggio dell’appassionata arringa della parte civile (o forse meglio aringa) è quello nel quale l’avvocata Lucarelli ricordava con disgusto che i giornalisti (cioè noi) avevano fatto intendere che il Nesti era il “braccio armato del partito all’interno del comando di polizia municipale”. E che costuti era «raccomandato e protetto dai sindaci rossi». Peccato, cara Annalisa che porta ancora la mascherina, credendo che ripari dal Covid, quando tutto il mondo sa, ormai, che Speranza ci aveva tolto tutte le speranze solo per rubare come, in generale, tutti i politici – specie quelli di sinistra.
Ebbene, gli argomenti richiamati dall’indignata Lucarelli, sono stati dimostrati fasulli, se è vero – come lo è – che i comunicatori di Linea Libera sono stati assolti perché «il fatto (leggi: raccontare la verità) non costituisce reato». E scrivo volutamente comunicatori perché i cosiddetti giornalisti iscritti all’ordine danno l’impressione di essere solo penose casse di risonanza dell’ovvietà del pensiero unico o avrebbero scritto anche del processo Mancini, luminoso esempio di come opera la procura pistoiese.
Plachi, l’Annalisa con mascherina Ffp2, le sue brame, perché siamo noi a dire tutto il vero del reame: non certo l’arroganza più o meno cieca del Nesti e della sua gentile signora Blimunda; né la vacuità presuntuosa di sostituti (Curreli e Grieco) che hanno letto, delle carte che avevano in mano, non più quanto io abbia sbirciato del Kamasutra: sì e no 3 o 4 pagine; quelle riguardanti le posizioni del sacro elefante e solo per la curiosità di capire in che modo un attrezzo, come quel pachiderma da tonnellata, possa mai darsi a spericolate contorsioni, vista la sua stazza.
I capi di imputazione contro me e Romiti erano stati formati su espressioni tratte da due articoli che vi consigliamo di rileggere per comprendere il livello di confusione del mai comandante, chiaramente mal consigliato da altri. I termini dello scandalo erano concorso taroccato e tesoretto da mezzo milione.
A fianco di tutto questo e a sostegno della tesi della strumentalità del maxiprocesso politico timbrato giudice Luca Gaspari, basterà ricordare che in altro procedimento penale, voluto sempre dal mai-comandante Nesti nella sua guerra delle millequerele, la sua stessa segretaria generale Donatella D’Amico (per intenderci quella che, ai tempi della sindaca Ciampolini, su indicazione degli amministratori Pd, decise di non applicare la sentenza esecutiva del Tar della Toscana e, per farlo, si fece confezionare un parere ad hoc da un noto studio legale esterno); in altro procedimento penale – dicevo – la D’Amico ha dichiarato, sotto giuramento, che (riferisco in sintesi) pur essendoci altri due vigili di categoria D (Sonia Caramelli e Lara Turelli) in grado di essere nominati comandanti, l’amministrazione Ciampolini non volle nominare né l’una né l’altra.
In epoca successiva (2015), sempre con la segretaria Donatella D’Amico al timone, quando il Consiglio di Stato (e non Linea Libera) dette di cialtroni e di stupidi al Comune di Agliana, ai suoi democratici amministratori e allo stesso Nesti & C.; e quando non fu più possibile chiudere gli occhi o mettere la testa sotto la sabbia come lo struzzo; il sindaco Mangoni si decise a muoversi.
In quel momento preciso, pur di non avere la Turelli fra i piedi (ci pensino bene Leonardo De Gaudio e la Luisa Serranti che non distingue un fornitore da un contribuente), la sinistra di Agliana era disponibile anche a nominare comandante la signora Sonia Caramelli.
Insomma, democraticamente, tutti erano papabili all’infuori della Turelli. Che però Mangoni nominò, anche contro Rino Fragai, accertando che la vittima del duo De Gaudio-Serranti precedeva per anzianità la Caramelli, oggi asperrima accusatrice della Turelli stessa. O vàtti a fidare delle «autorità costituite» e della legge, Gip Martucci!
Ora: a casa mia – e perfino a Lecceto, la terra dominata dall’autorità del ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, altro favorito da dio e dalle «autorità costituite» – è evidente che, per la logica aristotelica, ignota ai magistrati di Pistoia, se di tre candidabili al comando, due non sono voluti “per motivi politici” dall’amministrazione, solo il tertium datur: soltanto il terzo è gradito.
Vogliamo interpretare questo dato di fatto? È pacifico che solo il terzo, cioè Nesti, era il prediletto, l’unto del signore, il prescelto dai profeti d’Israele per salire al trono. Ergo (in latino «e perciò»): il Nesti era favorito secondo la previsione della lettera anonima stracciata dalla procura; il concorso del Nesti era presumibilmente taroccato; non avere eseguito la decisione del Tar della Toscana fu un vero e proprio abuso d’ufficio con tutti i risvolti possibili e immaginabili: dal danneggiamento al legittimo vincitore, Mauro Goduto, all’innominabile decisione di tenere al suo posto un assoluto nessuno privo di legittimazione.
Se un’intera procura di Pistoia, con tanti magistrati eccellenti a disposizione, non riesce ad arrivare a livelli di ragionamento elementari, la cosa è obiettivamente preoccupevole.
Per cui – e insisto ancora sulla logica aristotelica – o le condanne del maxiprocesso politico, inflìtteci da Gaspari in relazione a Nesti e ai suoi danni, sono avvenute per ignoranza, errore e superficialità del giudice; o – e voglia il cielo che non sia così – sono state previste consapevolmente con materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso.
In ambo i casi il risultato conferma che Nesti è un protetto anche da parte della procura. Tertium non datur: e non c’è via di scampo.
Per oggi fermiamoci qui. Ma ne avremo da dire ancora molte altre. È una promessa.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
A Pistoia l’amministrazione della giustizia mostra di avere davvero molti problemi