PISTOIA-MONTAGNA. Domenica 29 e lunedì 30 novembre 2015 si svolgerà il referendum per la fusione del Comune Unico tra Abetone e Cutigliano. I cittadini saranno chiamati ad esprimere un “sì” o un “no” in merito al futuro riassetto istituzionale dei due comuni della montagna pistoiese.
Al fianco dei sindaci Danti e Braccesi, si schierano il segretario provinciale Pd, Marco Niccolai, e il responsabile organizzazione, Riccardo Trallori.
“La Regione Toscana ha avviato un percorso importante e coraggioso di riorganizzazione, sia degli assetti istituzionali sia dei servizi, basti pensare alle prospettive prossime della sanità, quindi – sostengono i due esponenti democratici –. Non possiamo che confermare il pieno sostegno del Partito Democratico”.
“Le difficoltà dei piccoli comuni – proseguono Niccolai e Trallori – nei confronti del contesto economico e sociale attuale devono essere affrontate con coraggio e determinazione, e non ponendosi in una posizione di difesa aprioristica di un assetto oramai obsoleto. Inoltre non si deve sottovalutare le opportunità predisposte dal legislatore regionale con incentivi e allentamento del Patto di Stabilità per quelle realtà territoriali che avranno il coraggio di fondersi”.
I due democratici evidenziano come oramai da anni i Comuni di dimensioni ridotte non siano più nelle condizioni oggettive di riuscire a rispondere alle istanze, sempre più complesse e variegate, dei cittadini.
“Per tali ragioni – concludono Niccolai e Trallori – siamo convinti che a tutti i livelli sia debbano avviare processi di riorganizzazione istituzionale, sia di Unione che di fusione, che vadano prima di tutto a garantire una maggiore efficienza e qualità dei servizi erogati ai nostri concittadini. Questo referendum, assieme a quello che ci sarà in primavera tra San Marcello e Piteglio, rappresenta l’occasione per poter disegnare una montagna più moderna, più efficiente e competitiva a partire dal 2017”.
[pd pistoia]
i due esponenti del PD ci dovrebbero spiegare anzi dovrebbero spiegare ai cittadini della montagna in questo caso di Abetone e Cutigliano, oltre che a fargli vedere gli euro di contributi che avranno per 5 anni ( sempre se ci sono i fondi altrimenti non li avranno, vedi il caso ximenes stanziati 2.200.000,00 e ancora non erogati e la ximenes viene messa in liquidazione cioè l’anticamera del fallimento), l’allentamento del patto di stabilità cioè la possibilità di indebitarsi ancora di più di quello che sono perchè soldi in cassa non ne hanno, con la differenza che per la Valdinievole si punta per l’unione dei comuni e non per la fusione vedi dichiarazioni del deputato Fanucci, avere un comune di 1400 abitanti e uno di 600 e dopo avere un comune di 2000 non cambia nulla, anzi aumenteranno le spese per i cittadini di abetone che pagheranno il doppio di oggi e non avranno più servizi gestiti vedi l’acqua e le percentuali delle tasse le più basse della montagna, poi devono comunque rimanere nell’unione dei comuni che non hanno mai fatto funzionare, che in questi anni ha perduto contributi a valanga oltre i 5000,00 euro che la regione elargirà per la fusione, la mia sensazione è che una volta fusi a due a due poi passerete al comune unico per decreto regionale avrete solo due sindaci da mettere d’accordo e non quattro come oggi che parlano di montagna alta e montagna bassa, mi sembra che sia stato rispolverato il progetto del parco, la montagna si appresta ad essere abitata solo da animali selvatici in primis i lupi, con le fusioni perderemo la democrazia e la avvieremo alla morte certa
perchè non facendo la fusione rimaniamo nell’unione dei comuni,dove la democrazia non cala perchè non c’è proprio,in quanto non elettiva.Si Fabbri si attacca alla storia che ci sono consiglieri eletti nei propri comuni,ma ribadiamolo NEI PROPRI COMUNI,quindi non avrebbero mandato legittimo per decidere negli altri comuni.
Parliamo poi del capitolo unione invece che fusione.E’ da anni che la legislazione nazionale impone ai piccoli comuni norme e limiti uguali o simili a quelli previsti per le grandi città in nome del contenimento della spesa pubblica (si pensi al blocco del turn over nelle assunzioni di nuovi dipendenti, i vincoli del patto di stabilità, il blocco degli stipendi, il contenimento delle spese per consulenze e per la formazione). L’effetto che si è avuto è quello di creare cittadini di serie A (residenti nelle città) e cittadini di serie B (residenti nei piccoli paesi) in quanto la politica locale, ai numerosi tagli imposti a livello nazionale, ha saputo rispondere, quasi sempre, solo con corrispondenti tagli ai servizi ai cittadini. Per far fronte a tale situazione la politica nazionale (da ultimo il decreto Del Rio) ha messo a disposizione degli amministratori locali la possibilità di prevedere forme di convenzione di servizi o la costituzione di unioni di comuni (e altri strumenti di minore impatto) non considerando che entrambi non risolvono il vero problema della QUALITA’ dei servizi erogati. Le unioni di comuni, infatti, se istituite per singoli o limitati servizi non fanno altro che introdurre ulteriori livelli di governo locale che comportano una spesa amministrativa maggiore rispetto ai risparmi derivanti da una gestione unificata del o dei servizi. Nemmeno la gestione associata delle funzioni fondamentali, introdotta a partire dal 2014 e poi prorogata nel 2015, secondo me, risolve il problema in quanto spesso la politica locale ragiona più in funzione della vicinanza politica che non della omogeneità territoriale al momento della scelta dei partner con cui convenzionare i servizi, creando così delle gestioni precarie ed esposte alle vicende elettorali dei comuni associati. Quello che dovrebbe essere fatto, secondo me, consiste in una scelta coraggiosa di obbligare i piccoli comuni ad una fusione con gli altri comuni limitrofi in considerazione di tre parametri oggettivi: popolazione, estensione territoriale e consistenza organica del personale risutanti dalla fusione.