NOI GIOVANI, GLI ETERNI PRECARI

Universitari a lezione

PISTOIA. C’è stato un tempo in cui avresti voluto fare l’astronauta o l’attore di cinema. C’è stato un altro tempo in cui avresti voluto fare il medico o l’avvocato. C’è stato un tempo in cui hai studiato tanto passando le notti insonni a rigirarti nel letto per l’esame del giorno dopo. Ci sono state ansie, angosce, attacchi di panico. A volte la paura di bocciare agli esami. C’è stato un tempo in cui, però, alla fine, ti dicevi: ecco, prima o poi ce la farò. Basta avere pazienza. E intanto il babbo paga le tasse. Salate assai.

C’è stato un tempo in cui pensavi che con una laurea in tasca avresti anche potuto conquistare il mondo. Niente di tutto questo. Il mondo del lavoro, se hai una laurea e tanta voglia di fare, ti mozza le gambe. La condizione di assoluta inadeguatezza in cui ogni santo giorno noi giovani ci troviamo a vivere è a dir poco allucinante. Per non dire stressante, frustrante, avvilente.

C’è stato un tempo in cui dicevi: a trent’anni sarò una donna in carriera. Avrò una casa, un marito, tre figli e un buono stipendio. D’altronde me lo sono sudato cavolo questo traguardo.

Colloqui di lavoro, tirocini, stage, contratti brevi, contratti a chiamata. Chiamateli come vi pare. Cinquecento euro al mese se ti va bene per lavorare otto ore al giorno. A spese tue, ovvio. Con la tua macchina, la tua benzina e il tuo cellulare. “Eh ma è così ovunque, che vuoi fare” ti rispondono.

Nei siti cosiddetti “cerca lavoro” per il laureati non c’è quasi più spazio. Il requisito minimo richiesto da la maggior parte delle aziende è un semplice banale diploma di maturità. Poi, ottima conoscenza dell’inglese e ottima dimestichezza con il computer. Ah, ovviamente devi essere pronto a cambiare città, mica lo trovi un lavoro a due passi da casa. Il resto, aria fritta. Averlo saputo prima, forse, tanti di noi manco l’avrebbero fatta l’Università.

E non lo dico io, lo dicono i dati. Il 50% della disoccupazione giovanile significa una cosa sola: che un giovane su due non lavora.

Abbiamo ogni tecnologia possibile ed inimmaginabile in tasca. Abbiamo tablet e smartphone, wi-fi gratuito ovunque. Ma il lavoro no. Il lavoro non ce lo danno. Questa è l’assurdità più impensabile di quello che oggi chiamano progresso. Dai dai che ce la fai, ti ripetono. E intanto gli anni passano. E per fortuna babbo e mamma pagano ancora. E ci danno da mangiare.

[Alessandra Tuci]

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