‘NYMPHOMANIAC’, L’ULTIMA PROVOCAZIONE DI LARS VON TRIER

Nymphomaniac, part one
Nymphomaniac, part one

PISTOIA. Tra poco più di due settimane, nelle sale cinematografiche, uscirà il secondo volume dell’ultima pellicola di Lars von Trier, Nymphomaniac. L’altra sera abbiamo visto il primo volume e al di là di tutto quello che ha preceduto e costellato i primi giorni di questa proiezione, siamo dell’idea che anche questa ennesima ultima provocazione del regista danese, impreziosita da sceneggiate ad arte, meriti profondo rispetto.

È un film importante, con una fotografia estrema e con ripetute e abbondanti scene di sesso rappresentate con la loro inequivocabile meccanicità che non oltrepassano mai il limite: sono rapporti chimici, assolutamente privi di malizia, esercizi mnemonici, per sfuggire alla noia, crescere prima del tempo, compensare l’amore vero che è penosamente latitante, fino alla dipendenza, totale, schiavistica, una tossicità che non produce alcun piacere.

E invito tutti coloro che l’hanno già visto o che andranno a vederlo a fare molta attenzione sul ruolo, apparentemente secondario, dei genitori della protagonista, Charlotte Gainsbourg, Joe: cresciuta da sola, in buona sostanza, come il regista, del resto, con una madre che si diletta sistematicamente a fare solitari con le carte dando le spalle al resto della famiglia e un padre, medico, che è così preso professionalmente dal proprio lavoro che dimentica delle coccole di cui la sua piccola creatura (Stacy Martin) ha bisogno. Una carenza affettiva che lacera lo stomaco tutte le volte che i due si ritrovano soli a parlare degli alberi, una piccola leggenda floreale che la figlia vuol farsi raccontare sempre, fingendo di non ricordarne l’epilogo. Succede fin da ultimo, quando il padre muore nel letto di un ospedale, confortato solo dalle lacrime della figlia.

Attorno al regista si muovono ormai da tempo un’infinità di piccole e grandi leggende che altro non fanno che accrescere l’alone del mistero, della ricercatezza, dell’unicità. Abbiamo la netta impressione che Lars von Trier, su questi presunti malintesi, faccia le sue puntate più rischiose, consapevole, comunque, che dietro, cioè dentro la macchina da presa, con tutte le fobìe, paranoie, stati depressivi, e accenni manicali ci sia soprattutto l’occhio, la testa e il cuore di un uomo che riesce a fotografare, attimo per attimo, quello che succede intorno e la dissoluzione, che siate o meno contrari con Nymphomaniac, è orami servita. Da tempo.

luigiscardigli@linealibera.it

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