«OLTRECONFINE», L’APOLIDE CD DEI “NOTE NOIRE”

Note Noire
Note Noire

È UNA QUESTIONE di baratti, di scambi, proprio come ai tempi dei fratelli Caboto. Ognuno offre quel che ha. Ruben Chaviano e il suo violino, mercoledì 10 giugno, con Alessandro Fabbri, Nico Gori e Paolo Ghetti, il Super Quartet, dal palco di piazza Anfiteatro, a Lucca, ci ha regalato un paio di ore di alto piacere musicale, con alcune audacissime rivisitazioni dal tango alla divinità Frank Zappa.

Noi abbiamo risposto con la nostra musica, recensendo la serata. Gradita, è il caso di concludere, visto che oggi, 16 giugno, a casa, è arrivato un pacchetto con dentro Oltreconfine, il Cd di un altro quartet di Ruben Chaviano, i Note Noire, circostanza questa nella quale il violinista cubano si avvale della compartecipazione artistica di Roberto Benvenuti alla fisarmonica, Tommaso Papini alla chitarra e Mirco Capecchi al contrabbasso.

Ce lo siamo ascoltato, il cofanetto, nella contr’ora: multietnico, multirazziale, polifonico. Latinoamericano nella struttura, serbo nelle divagazioni, francese nei vezzi strumentali, gypsy nella sostanza complessiva, tra mediterraneo e mitteleuropeo, una sacca geografica e culturale che si avvale di contaminazioni gitane, andaluse, nordeuropee.

Ruben Chaviano, del resto, è un cubano che si è trapianto nel vecchio Continente portandosi dietro, oltre al fascino cromatico della pelle, anche e soprattutto il violino, con il quale è riuscito a connettersi con il resto della cultura, prima che idiomaticamente.

Sono dieci brani in scaletta: alcune sono rivisitazioni classiche, altri sono farina del sacco della formazione, nata dieci anni fa, due lustri importanti nei quali i Note Noire si sono fatti applaudire dal pubblico di alcuni dei più importanti Festival europei; da Londra a Barga di Lucca, da Piacenza a Lione, passando dalla Slovenia e dalla Francia. Quartetto poliedrico, che offre, vicendevolmente, al resto della band il proprio trascorso, le proprie emozioni, le specifiche convinzioni artistiche.

Dieci brani che offrono la netta sensazione di essere su un drone che viaggia a velocità supersonica e che riesce a vedere, alzandosi improvvisamente, molti angoli umani contemporaneamente: non si fa in tempo a consolidare la visuale andina, che ci si deve prontamente ricredere ammettendo di essere di fronte ad un brano manouche; nel momentiin cui si è propensi a lasciarsi andare a giudizi di spiccato transalpinismo, ecco che irrompono, sulla scena dell’ascolto, le familiari intuizioni di Goran Bregovic.

Il cofanetto, distribuito dalla International Records Distribution è una vera e propria miniera di semplici e sontuose emozioni, alle quali non si riesce mai a dare un senso di marcia, una direzione: non si capisce da dove si muova la carovana del song e si stenta a capire dove arrivi, al termine dell’esibizione.

Integrazione e interazione, con Oltreconfine, non sono un messaggio di umanità, ma un inevitabile accidente artistico, un amalgama così intensa che finisce per generare un uovo ceppo artistico, che parla una lingua diversa di tutte quelle che la compongono, ma comprensibile ad ognuna di loro, senza alcun bisogno di traduttori, né di interpreti.

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