PRATO. Anche quaranta ispettori per la sicurezza sui luoghi di lavoro delle Asl e alcuni mediatori linguistici hanno preso parte al blitz fatto scattare stamani, 16 novembre, dalla procura di Prato con 83 indagati e 111 perquisizioni in abitazioni di cinesi e studi di professionisti italiani, non solo in Toscana ma anche in Lombardia, Veneto, Campania e Abruzzo, tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, che hanno riguardato un commercialista, un consulente del lavoro e un cinese (due a Prato, il terzo in Veneto), dodici arresti domiciliari, diciannove obblighi di dimora e quarantanove denunce a piede libero.
“La partecipazione all’operazione ci era stata richiesta dalla Procura – sottolinea da Bruxelles il presidente della Toscana, Enrico Rossi – ma i nostri ispettori per la sicurezza su lavoro non hanno solo preso parte ad alcune delle ispezioni di stamani. Il contributo ha riguardato anche la fase delle indagini, durata oltre un anno, con la messa a disposizione delle informazioni raccolte nel corso dei controlli operati all’interno del progetto Lavoro Sicuro”.
Quel progetto entrato oramai nel vivo due anni fa e voluto proprio dal presidente Rossi dopo il rogo della Teresa Moda a Prato in cui sette operai cinesi (cinque uomini e due donne) morirono il 1 dicembre 2013, nella fabbrica dove lavoravano ma anche vivevano. Un progetto a due facce: repressione ma anche prevenzione, con percorsi paralleli di rientro e ‘affiancamento’ per l’emersione dal sommerso delle imprese che non rispettano le regole.
“I nostri controlli possono riguardare solo la sicurezza sui luoghi di lavoro – dice Rossi – ma, come emerge dall’operazione di stamani, è evidente che condividiamo con chi di dovere gli elementi che eventualmente vengono in nostra conoscenza e non attengono al profilo dei controlli che ci spettano”.
L’operazione denominata ‘Colletti bianchi’ – alla conferenza stampa in procura ha partecipato anche il coordinatore del progetto regionale “Lavoro Sicuro”, Renzo Berti – ha portato alla luce un’organizzazione che, secondo l’ipotesi dei pubblici ministeri, fa perno su due studi professionali, con sede a Prato ma anche a Pistoia e fuori Toscana, che avrebbero fornito documentazione falsa, a partire dalle buste paga, grazie alla quale i cittadini immigrati, per la maggioranza cinesi, potevano richiedere ed ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, come dipendenti o come titolari prestanome di aziende.
Il tutto in cambio di laute parcelle e tariffe “tutto compreso”, come spiegato dalla Procura e dagli uomini della Guardia di Finanza, che sfioravano i mille e ottocento euro. Mille e trecento sono state le aziende messe sotto attenzione. Dalle indagini risultano coinvolti italiani e cinesi, ma al momento nessun dipendente pubblico. Il danno riguarda anche i mancati contributi, perché ottenuto il rinnovo del permesso il più delle volte i lavoratori tornavano ‘in nero”: quelli finora accertati, solo per la parte previdenziale, ammonterebbero a quasi cinque milioni e mezzo di euro.
Dalle Regione oltre settemila controlli
Il progetto Lavoro Sicuro della Regione (link http://www.regione.toscana.it/progetto-lavoro-sicuro), lanciato nel 2014, prevedeva il controllo entro tre anni di 7700 aziende censite, per lo più cinesi. Per questo sono stati assunti settantaquattro tecnici ispettori.
“A fine ottobre – sottolinea Rossi – abbiamo già verificato 7050 aziende”. Sono il 92 per cento dell’obiettivo iniziale, in anticipo addirittura rispetto al calendario programmato. “E ci sono – dice sempre Rossi – anche buone notizie. Per quello che attiene almeno alle norme sulla sicurezza sul lavoro, il trend è infatti incoraggiante: nell’ultimo mese il 59 per cento delle aziende controllate è risultato a posto. All’inizio, nel 2014, la percentuale era poco sopra il 15 per cento. Inoltre tra chi ancora non è in regola le infrazioni si sono fatte meno gravi e meno numer ose, tant’è che anche le sanzioni comminate sono diminuite”.
[fortini – toscana notizie]