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SARÀ “COVID FREE” ADESSO
PERÒ ACCÀ NISCIUN’È FESSO
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È USCITO IERI, lunedì 25 maggio, sulla pagina della Nazione di Montecatini, l’interessante articolo che potete vedere qua sopra, dall’edificante titolo L’ospedale di Pescia adesso è ‘Covid free’.
Possiamo dunque iniziare a dormire non fra due, ma fra quattro guanciali – e magari anche, oltre ai guanciali, anche una bella porzione di Cioncia di quella che si è sempre mangiata da Cecco, proprio a Pescia, fin da prima della mia verde età.
Perché è interessante quel pezzo? Per vari motivi, che cercheremo di illustrare ai nostri lettori e a chi non si accontenta di mangiare, come i cavalli, con il muso ficcato nel sacco dell’avena, quasi a occhi chiusi e senza vedere ciò che masticano.
Prima di tutto abbiamo notato che sono diverse volte che l’ospedale di Pescia, diretto dalla dottoressa Sara Melani, viene citato e ricitato come punta di eccellenza: magari sottolineando come quella struttura (realtà che a noi risulta origine di contagio e diffusione del Covid-19) sia una vera e propria campana di vetro, più sterile del laboratorio di Wuhan da cui si dice che sia fuggito il “pipistrello assassino”. Nessuno, però, ci crede, perché sappiano tutti, e bene, quello che è successo al SS Cosma e Damiano, che ne ha passate di tutte e fino alla scabbia.
Magari insistendo anche nel dire e far dire che Linea Libera diffonde fake news – come ha fatto il sindaco Giurlani o l’allineatissimo Il Cittadino-Pescia al soldo dell’amministrazione e dell’Asl. Oppure, ancor più, facendoci raccontare dalla coordinatrice dell’ufficio (inesistente) stampa dell’Usl Centro Toscana, Daniela Ponticelli, che Pescia poteva essere considerata una vera e propria madrasa di medicina, come quella di cui si parla in un bellissimo film, Medicus.
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In quel mondo magico, infatti, due eccezionali équipes chirurgiche, a ruota, avrebbero preso un paziente emorragico e con le gambe rotte in più punti, e lo avrebbero operato senza soluzione di continuità. Fatto assolutamente non vero, per quel che ci riguarda e ci risulta.
Va detto comunque che, nella nostra civiltà democratica, in cui viviamo sotto istituzioni, politici e governo non voluti da nessuno e perciò illeciti, quel che conta è l’apparenza e non la verità vera.
In tutti i casi (tranne, ovviamente, quelli opportunamente e strumentalmente taciuti, tipo il soffitto che cade e la decina di scabbiosi fra il personale di corsia) è sempre stata fatta parlare la direttrice sanitaria, la dottoressa Melani, donna in carriera di indubbio valore se, sin quasi da sùbito, iniziò a dirigere San Marcello (l’ospedale, potenziato, secondo la Ponticelli, fino alla destrutturazione totale con destinazione a “ricovero per ex-impestati” da lazzaretto). Ma la Melani, specialista nefrologa, ben presto spiccò il volo verso il SS Cosma e Damiano.
Scelta a dirigere San Marcello e poco dopo incoronata a Pescia, è da notare che ogni volta che qualche dirigente dell’Asl «è fatto parlare» (dall’ufficio-veline di azienda, s’intende), se parla troppo spesso, con rimbalzi-flipper di pallina impazzita che fa alzare il punteggio, il primo pensiero che può venirci in mente è che, come in questo caso, ci possa essere un qualche movimento sismico di assestamento in corso lungo la faglia della dirigenza ospedaliera.
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La dottoressa Melani (il curriculum non l’abbiamo trovato: chi ce lo ha, ce lo invii) non sarà che, acclamata come un Cesare al ritorno dalle Gallie, con file di pretoriani intorno che la applaudivano (carabinieri, polizia e vigili del fuoco), il prefetto del pretorio Oreste Giurlani in testa, le riprese televisive e la stampa locale; non sarà, dicevamo, che, dopo queste ovazioni stia per essere sul punto di venire promossa a comandare non più un cacciatorpediniere come l’ospedale di Pescia, ma un vero e proprio vascello della classe Pistoia o superiore, magari dopo avere spostato la direttrice di Pistoia, Lucilla Di Renzo, sul ponte di una grandiosa portaerei?
Ma c’è dell’altro che non si vede come il Covid-19 e che tuttavia, visibile solo agli addetti ai lavori (e non a tutti), quando si manifesta è già tardi.
Stavolta la cosiddetta «tromboviolinata di azienda» è stata eseguita non da Daniela Ponticelli (pistoiese e buona conoscitrice dell’humus di Pescia, che tante volte ha fatto parlare la Melani), ma da altra dipendente dell’ufficio stampa di Paolo Morello Marchese: la signora Elena Cinelli, pubblicista, nata a Firenze il 17 gennaio 1981 e iscritta all’albo il 16 aprile 2012 (cell. 329 2985703 e mail elena.cinelli@uslcentro.toscana.it). I dati sono tutti in linea.
E con ciò, obietterete? E con ciò nulla: ma notate un altro particolare curioso. La Nazione di Montecatini pubblica una specie di patchwork del pezzo della Cinelli, come apertura di una delle sue pagine locali, firmandola con un bel neretto E.C. come fosse un servizio proprio, mentre invece è in odor di Elena Cinelli.
Scusate, signori progressisti e lettori poco attenti: si fa un polverone del diavolo perché nei supermercati circola olio di oliva taroccato al taglio tunisino e marocchino o, per l’extravergine, alla clorofilla, e poi, un giornalone come La Nazione, nato da Bettino Ricasoli, sembra giocare con il lavoro altrui confondendo i propri lettori con trucchetti da dopolavoro dei maghi?
Ha ragione Vittorio Feltri quando dice che gli ordini dei giornalisti fanno pena (ma anche tutti gli altri non scherzano, Csm compreso). E noi ci picchiamo ancor più quando diciamo che gli ordini vanno aboliti: perché sono come quelle baie della Giamaica in cui si rifugiavano e restavano nascosti i bucanieri dopo le loro nobili azioni da filibusta.
Saluti, allora, a chi ci crede! E figli maschi, anche se la Cirinnà non vuole.
Nota a margine. Hanno negato fino a ieri che l’ospedale di Pescia fosse “impestato”. Ci dite, oggi, cosa significa precisamente che «adesso è ‘Covid free’»?
In italiano qua è il significato preciso di adesso, o sublimi linguisti dell’Accademia della Crusca e del semolino?
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Libertà di cronaca, critica, satira
Tutti tendono ad ammazzare la verità, specie quelli che comandano. Ma i cadaveri, alla fine, gonfiano e vengono a galla, come i pesci alle Terme di Caracalla.