PISTOIA. Pistoia Capitale italiana della cultura 2017. Visita del presidente del consiglio del Ministro Paolo Gentiloni e di quello dei beni e delle attività culturali Dario Franceschini in palazzo comunale di piazza Duomo.
Ore 17. Tutto pronto. Corridoio allettante coronato da piante allestito per l’occasione fa da entrata al palazzo comunale, schiera di politici del Pd pronti ad accogliere il presidente del consiglio, gente rivestita a modino per l’evento dell’anno.
E poi il Corner per la stampa. Così chiamano quello che viene tradotto semplicemente come “angolo” per fare spazio ai poveri comuni e mortali giornalisti, relegati in fondo all’ampia sala Maggiore del palazzo. Guai a chi lo valica. “La stampa deve stare lì” tuona la voce di una signora elegantemente vestita di nero. Divieto assoluto di oltrepassare quel limite.
Risultato per i poveri giornalisti seduti nell’ambito Corner? Non vedere un accidente. Con tanto di telecamere e cameramen davanti, in piedi.
Per il resto, sempre le solite parole di circostanza. Le solite menate, insomma.
“Pistoia ha risanato il proprio bilancio (sarà vero? – n.d.r.), investito con più spese alla persona, speso più del doppio del dovuto nella cultura – ha esordito il Sindaco Samuele Bertinelli – questo è l’anno in cui la nostra città prepara il terreno per il futuro”.
E poi Stati Uniti d’Europa (?), abbattimento di barriere, esaltazione della cultura. Ah, non potevano mancare nelle parole di Bertinelli anche la “riqualificazione dell’area dell’ex ospedale del Ceppo” e “il patto sociale”.
Stesse identiche frasi (più o meno) quelle pronunciate da Enrico Rossi e da Dario Franceschini.
Poi, a ruota, è la volta di Paolo Gentiloni, che ha esordito con “Un plauso al Sindaco Bertinelli che ha saputo anche raccontare Pistoia Capitale”.
“Il primo Paese in cui si pensa di andare è l’Italia – ha continuato il presidente del consiglio –, oggi c’è voglia d’Italia. Purtroppo però si assiste ad un 1989 al contrario: invece di abbattere i muri, li costruiamo”.
Ore 18.25. Fine della festa. Saluti, abbracci e tutti a casa.
[Alessandra Tuci]
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LA LOGICA. La logica vuole che si sia logici e la logica è la negazione della politica. Anzi, scusate: la politica è la negazione della logica. È l’insulto della logica e alla logica.
Gentiloni non sa neppure cosa sia Pistoia: è preso e messo lì – avrebbe detto il Machiavelli della Mandragola – come Messer Nicia, un vero e proprio “zugo a piuolo” (una frittella fatta a cannolo).
E se ne frega, di Pistoia e della cultura: ha quattrini e mestolo, anche se regge quello di Renzi per semplice vicariato.
Franceschini? Va a scatti: se scatta scatta, sennò no. E che ne sa, anche lui, di Pistoia? Giusto giusto gli hanno fatto il francobollo per questa toccata e fuga che somiglia assai a una manomorta su piazza del Duomo durante un sabato di mercato.
Rossi è già molto se sa cos’è la Piaggio di Pontedera e cosa sono gli olivi che coltiva suo padre: altrimenti non si sarebbe fatto sfilare 428 milioni di € di sotto il culo a Massa quand’era assessore alla sua mala sanità.
La nostra Alessandra Tuci, “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”, lo ha sentito, percepito, capito, vissuto e scritto: anche come un affronto, visto che la stampa doveva stare alla gogna, da Medioevo! In corner.
A fare rete ci pensano, di solito, tutti questi bei politici da tre palle un soldo…
Diogene