AGLIANA. Sono qui solo per qualche notarella di colore. È bene che di Agliana, ora, ne parlino gli aglianesi, oggi storditi da un risultato che non volevano aspettarsi, ma che, date le premesse (l’impegno di Vannuccini, il Pane & Rose della Tonioni, la latitanza della Noligni, l’ambiguità del Guercini), era “filosoficamente” necessario o, in altri termini, ineluttabile.
È stata una serata – lasciatemelo dire – simpatica e per più motivi. Primo perché nei 52 anni di cronaca traversati come un deserto dal 1967 ad oggi, erano almeno trent’anni che non seguivo, in prima persona, un consiglio d’insediamento. E mi sono venute in mente le nottate passate, dalle 21 e finanche alle 4 del mattino, a Quarrata, quando la politica era «passione di fuoco» e Luciano Caramelli (Pci) attaccava frontalmente Vittorio Amadori (Dc) e la sua giunta con la forza polemica e la verve vista solo nei film di don Camillo.
Secondo perché fra il caldo asfissiante, gli imbarazzi del ribaltone e l’impaccio dei nuovi dinanzi a quello dei vecchi, era palpabile l’imbarazzo di trovarsi “scoperti” dinanzi al più cattivo direttore di testata della Piana pistoiese e – lo voglio dire – della Toscana stessa.
Del resto anche l’ex-Sindaco Marco Giunti, parlando con me, me lo ha detto che io sono “cattivo”. Sì, perché abbiamo parlato e – mi è parso di capire – con una vena di nostalgia dei tempi andati: quando la politica nasceva da quelle scuole di partito che non buttavano, come oggi, gladiatori di primo pelo nell’arena (succede, purtroppo, anche nel giornalismo: e si vede), ma solo lottatori che, nelle sedi di partito (non nei circoli ricreativi) avevano acquisito la professionalità che i gladiatori romani si guadagnavano frequentando per anni le scuole atletiche di Capua.
Con Giunti ci siamo intesi sùbito e abbiamo ricordato anche qualche episodio della stampa del tempo che fu; quando di giornali in giro c’era solo La Nazione, testata per la quale lavoravo anch’io e che, all’epoca, ci faceva guadagnare immediatamente la qualifica di “fascisti”.
Ieri sera, però, ho visto che il mondo non è sostanzialmente cambiato neanche in questi ultimi 74 anni, dalla cosiddetta liberazione del 25 aprile, a quella del 9 giugno scorso.
Ad altri il compito di relazionare in merito. Io, dicevo, divagherò qua e là. Per divertirmi a spaccare il capello in quattro e – come un Pirandello o un Eduardo De Filippo, senza offesa per loro – a analizzare il significato del paradosso in carne e ossa.
Per esempio: si vota un qualsiasi provvedimento? La maggioranza dice sì; l’opposizione dice no (e, fin qui, pura fisiologia: nel gioco delle parti, come in quello dell’amore, c’è chi dice sì e chi dice no, anche se quel no sarebbe un sì e quel sì sarebbe un no…).
Ma, al momento di decidere sulla immediata esecutività del provvedimento (cosa che non incide sul risultato della votazione in sé e per sé), l’opposizione continua a dire no per partito preso, per «puntillo de honor». C’è una ragione in tutto questo? No. E allora, scusate, mi scappa da ridere.
I temi su cui mi sono divertito di più sono stati il debito fuori bilancio, di fatto causato dal dottor Andrea Alessandro Nesti (l’ottimo comandante a detta del sovietkommissar Fragai) e le famose “comunicazioni del Segretario Generale” dott.ssa Donatella D’Amico.
Nel primo caso è stato formidabile vedere che i tre Pd (Tonioni, Vannuccini, Romiti) si sono astenuti dal votare la “ciambella di salvataggio” per un loro fedelissimo funzionario (Guercini ha votato contro), ma esilarante è stato ascoltare il commento di Fabrizio Baroncelli: «Su 30 cause il Comune di Agliana ne ha perse 29: c’è da chiedersi che razza di professionisti siano stati gli avvocati che hanno seguito l’ente. Forse sarebbe stato meglio affidarsi a Topolino…».
Credo che, alla fine, i 6-7mila euro da pagare all’agente Daniele Neri saranno recuperati, per rivalsa, dall’ex-comandante Nesti, la cui direzione del comando (come ha accennato con chiarezza Baroncelli) ha provocato più di un errore amministrativo-burocratico, una situazione di ambiente lavorativo invivibile da parte di diversi dipendenti fuggiti dal comando di Agliana.
Il secondo episodio del divertissement della serata riguarda la «proposta n. 14 – comunicazioni del segretario generale».
Obiettivamente, visto il costante mutismo della dott.ssa D’Amico, che in anni di permanenza ad Agliana non sembra si sia mai pronunciata su alcun atto amministrativo, ci saremmo aspettati un qualcosa come la rivelazione di un 4° inesistente segreto di Fatima.
Che delusione, invece! Con la sua quasi impercepibile voce, un po’ franta e tremante, la segretaria ha cercato di leggere (ma quasi non l’ha udita nessuno) un foglietto sui cui, a occhio e croce, c’era scritto che gli uffici del suo comune (quello per il quale lei, la responsabile, avrebbe dovuto istituire la commissione di disciplina e non lo ha mai fatto) sarebbero perfetti e ineccepibili per avere adottato e seguito tutti i protocolli richiesti dalla legge anche in relazione alla privacy.
Chapeau!,dottoressa. Una volta, su un settimanale comunista del Pci di Pistoia, Sette Giorni, c’era una famosa rubrica dal titolo di solare chiarezza: E CHI SE NE FREGA.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Diritto di divertito commento…