PISTOIA. Leggendo dichiarazioni ufficiali sull’alienazione di Villa Baldi Papini, attuale sede della Pubblica Istruzione, e, soprattutto, sui relativi ricavi che arriverebbero a palazzo di Giano, circa due milioni e mezzo di euro, conseguenti alla vendita dell’immobile, un cittadino normale è portato a ripetere, tra sé e sé, la celebre espressione del conte Mascetti: come se fosse antani.
Parlare sic et simpliciter di alienare un immobile specialistico come l’antica dimora gentilizia della famiglia Pappagalli, la stessa che ha lasciato il nome alla via che unisce viale Matteotti a corso Gramsci, sembra, senza voler essere eccessivamente ironici, ma assolutamente realisti e razionali, una vera e propria supercazzola.
Nel 2008 uscì un piccolo volume, edito dal Comune di Pistoia, autori Lorenzo Pelamatti e Carlo Vivoli, intitolato: Villa Baldi Papini. Storia e cronache di una residenza urbana e di due famiglie pistoiesi.
L’opera ripercorre le vicende dei Pappagalli, il cui stemma, con la croce ansata dei Cavalieri di Santo Stefano, tuttora visibile sul palazzo. Questa famiglia partecipò, agli inizi del ‘500, alla politica degli altari, una sorta di gara tra le famiglie aristocratiche pistoiesi per la realizzazione degli altari più sfarzosi nelle chiese. Trai cavalieri del Sacro Militare Ordine Marittimo, i Pappagalli furono una delle famiglie locali con la maggior rappresentanza, assieme ai Cellesi, Sozzifanti e Bracciolini.
Nel 1777, con la riorganizzazione amministrativa leopoldina della Comunità Civica, fu per la prima volta eseguita la descrizione di tutto il patrimonio edilizio e fondiario all’interno delle mura medicee: si ha così la prima descrizione dell’edificio ubicato nei pressi del bastione di Porta al Borgo, in località Ripalta, di pertinenza della commenda Pappagalli e destinato cioè a passare all’ordine di Santo Stefano con l’estinzione della famiglia, che avvenne nel 1789.
Durante l’occupazione napoleonica si ebbe in Toscana il primo censimento catastale, portato a termine negli anni 30 dell’Ottocento dai Lorena: è in questo periodo che la proprietà dell’area e degli immobili è intestata alla famiglia Papini. Nel 1911 i bastioni, le mura ed i terreni compresi diventano di proprietà comunale; negli anni ‘60, a seguito della vendita del Bastione Thyrion al comune, viene costruita, su progetto di Michelucci, la scuola Roncalli, distruggendo così irreversibilmente l’ampio giardino all’italiana descritto e raffigurato in una piantina del 1857 ancora oggi custodita ed osservabile al piano terra del palazzo. Come a dimostrazione del fatto cha l’ignoranza, a Pistoia, in materia di verde e cultura urbanistica, ha radici profonde.
Nel 1986 il palazzo Pappagalli/villa Baldi Papini viene abbandonato per le pessime condizioni: solo tra il 2002 ed il 2004 viene recuperato grazie ad un restauro conservativo per tornare ad ospitare l’assessorato e gli uffici dell’educazione.
Durante i saggi pittorici del 2000 venne scoperta da Giuseppe Gavazzi una serie di decorazioni parietali raffiguranti paesaggi marini e rovine classiche.
In definitiva, a meno che l’augusta residenza dei Pappagalli non trovi come acquirente un facoltoso mecenate, magari russo, americano, cinese o indiano, attratto da una città di antico regime, medievale, a misura d’uomo, e disposto ad acquisire tale e quale l’edificio in questione, anche solo per passarci qualche settimana all’anno, si ha ragione di ritenere che il tradizionale mercato immobiliare non prenderà nemmeno in considerazione l’offerta, proprio per la sua singolarità, architettonica e storica, tutelata ovviamente dalla soprintendenza, e per i conseguenti vincoli di ogni natura.
Non si commette errore nel far rientrare la Villa Baldi Papini all’interno di quel consistente patrimonio monumentale pistoiese che appare sempre più come un problema aperto per la collettività, trovandosi ancora senza un piano di funzioni o qualcos’altro di simile che tenga conto in modo integrato di tutti i frammenti (Fortezza Santa Barbara, ex conventi, ex chiese, Ville Sbertoli, palazzi nobiliari etc.), degli interlocutori (i vari enti o singoli proprietari degli immobili, privati, Capitolo della Cattedrale, parrocchie, Curia, comune etc.), delle informazioni precise per un quadro conoscitivo completo e dell’eventuale partecipazione e apertura.
Programmare funzioni ed aree cittadine, anche con strumenti innovativi e non convenzionali, rimane però la sfida, inderogabile, per uscire una buona volta dalle rivisitazioni moderne del conte Mascetti.
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