«BEGHINE DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!»
«MA ORA la sensibilità collettiva è cambiata…». Leggete. Povero Gramellini, così candido e casto come fosse uscito venti minuti fa dall’oratorio di San Filippo Neri e, fermatosi a lato-strada per pisciare, essendo stato costretto a tirarselo fuori con le manine (sennò in che altra maniera?), si sente impuro perché si è toccato la puntina del pisello: e pensare che il Padreterno ce lo ha fatto apposta per pisciare, fino al punto da entrare nella famosa barzelletta dell’impotente (SSPP «serve solo per pisciare»).
Se poi i politically correct – come si dice – «lo buttano in culo al popolo», ciò avviene solo perché è necessario a conservare l’Europa dei santi, che ci ha risparmiato dalle guerre fatte di bombe, ma ci ha scavato le tombe a tutti.
Aveva ragione il povero Cristo quando diceva «non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra» (Vangelo di Matteo): alla fine quella sinistra, non avendo mai saputo quel che ha fatto la destra (lo ha solo sentito dire dall’Anpi, da Napolitano e dalla Gruber), ha finito per fare tanto di quel casino da macellare un’intera nazione di italiani (che Vauro Senesi definisce «stronzi» senza mezzi termini) spingendoli alla fame, alla sete, alla disperazione, all’accoglienza forzata e privilegiata (35 € al giorno per un nero e 400 € al mese per una pensione sociale), al cervello rimbombato con il politically correct.
I preti e la Cei si sono trasformati in emissari della sinistra Pd, come qualcuno ha scritto oggi su qualche giornale italiano, e gli italiani – a forza di sensibilità mutata – si sono presi l’Europa dei ricchi recitando la parte dei poveri.
Intanto sui social dilaga l’aggressione verbale non alla Segre, come dicono loro, ma a chiunque si sia iscritto in quel troiaio micidiale, in quel casino, in quel bordello, in quel lupanare, in quello scannatoio che è Facebook, la sentina dell’animalità umana, che ci parla dei peli del culo di chi ci si iscrive e ci naviga – che peraltro, se ci sta, deve accettare i pro e i contro senza scassare la minchia agli altri.
Povero Gramellini e poveri radical chic bibbio-capalbi, che alla fine, per accoglienza, adotteranno un qualche neretto perché glielo tiri fuori sul wc, dopo aver aperto la tavoletta, onde non corrompersi le punte delle dita con lo sfiorare il natural pisello, o fava, o cazzo o che altro si voglia dire per come si è sempre detto senza che nessuno morisse di peste nera.
Finirà che non potremo più dire nemmeno «puzzo» perché la parola evoca l’odore non di guayaba come nell’intervista a Márquez, ma di merda, come quella umana di cui, anche, spessissimo, sono fatti gli uomini.
Una volta il politically correct era ciò che si chiamava linguaggio da beghine, da vecchiette da vespro domenicale, da collegiali e da vecchie come quella di De André in Bocca di rosa: di quelle che danno buoni consigli perché non possono più dare il cattivo esempio.
Se cancelliamo tutta la merda che c’è nella storia, cosa resterà dell’uomo sulla faccia della terra? Un Pd che affida i bambini al Forteto, che strappa i minori ai genitori a Bibbiano, che strilla (e poi si scopre che è un’emerita cazzata) per gli insulti alla Segre, che strepita che abbatterà tutti i muri che verranno innalzati in futuro?
Ma questo piddìsmo “mongoloide” non lo capisce che imponendo le «regole della santità» spiana la via al caos di Satana? No, non lo capisce proprio. E non ci arriva perché non ha letto e non ha studiato abbastanza per cui non arriva a comprendere che tra scrivere «ca…o» o «cazzo» non c’è differenza alcuna: come dire – senza pronunciarne il nome – «quel cornuto che sta in campo vestito di nero e con il fischio in bocca». Si capisce o no di chi stiamo parlando?
Nell’Ordine della Giarrettiera il motto è «Honi soit qui mal y pense»: tradotto a senso, ma in perfetta consonanza, siona come «stronzo chi ne pensa male!». E fra Cristoforo, nei Promessi Sposi: «Omnia munda mundis», per chi è onesto tutto è onesto.
In generale sono le bagasce a dir male delle puttane: è un grosso problema che chiesa e Pd si siano fusi creando una chiesa sui generis che impone la morale e si arroga il diritto di decidere chi e come mandare in Siberia.
E allora, mentre i Pd fanno come Ulisse dinanzi alle Sirene (si riempiono le orecchie di cera: il cerume ce lo hanno già di per sé da tempo) o Edipo che, quando scopre la verità, si acceca con lo spillone della fibbia, beccatevi questo smagliante sonetto del Giuseppe Gioacchino Belli, non Cinci Frugiataio o Massimo D’Alema. Il politically correct lasciatelo ai ministri della pubblica istruzione di sinistra come la Fedeli, quella che sa asfaltare a dovere Benedetto Croce e Giovanni Gentile…
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ER PADRE DE LI SANTI
Er cazzo se pò ddí rradica, uscello,
ciscio, nerbo, tortore, pennarolo,
pezzo-de-carne, manico, scetrolo,
asperge, cucuzzola e stennarello.Cavicchio, canaletto e cchiavistello,
er gionco, er guercio, er mio, nerchia, pirolo,
attaccapanni, moccolo, bbruggnolo,
inguilla, torciorecchio, e mmanganello.Zeppa e bbatocco, cavola e tturaccio,
e mmaritozzo, e ccannella, e ppipino,
e ssalame, e ssarciccia, e ssanguinaccio.Poi scafa, canocchiale, arma, bbambino:
poi torzo, crescimmano, catenaccio,
mànnola, e mmi’-fratello-piccinino.E tte lascio perzino
ch’er mi’ dottore lo chiama cotale,
fallo, asta, verga, e mmembro naturale.Cuer vecchio de spezziale
disce Priàpo; e la su’ mojje pene,
seggno per dio che nun je torna bbene.[Roma, 6 dicembre 1832]
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Libertà di espressione.
Il linguaggio realistico non fa forse
parte anche del cinema neorealista?