PRATO-GALCIANA. È stato Alfio Ganugi a riesumare la vicenda di sfratto dal capannoncino, sul quale riferisce di essersi pentito d’avere ingenuamente rinunciato alla prelazione sull’acquisto a favore della Confraternita.
Se è vero che “la storia è maestra di vita” (ma c’è da dubitarne assai), queste note potranno essere di interesse a tutti coloro che si dedicano con spirito di genuina solidarietà e fratellanza all’assistenza del prossimo esercitata per mezzo di organismi di natura volontaristica e non lucrativa.
La Presidente della sezione di Galciana, Antonella Cristina Meli, ci ha fatto capire che l’argomento è chiuso e sepolto e che non intende riceverci né commentare ulteriormente. Anche Pilato era un igienista, come ricorderemo…
Cosìci siamo rivolti al già vicepresidente Mario Benassai, che ci fornisce i documenti che attestano la storia della sua misericordiosa epurazione, e ci prega – assai preoccupato – di rivolgere l’appello che segue a tutti i Presidenti di sezione e ai volontari: «State bene attenti: quello che oggi sta succedendo a Oste, potrebbe succedere a tutte le altre Confraternite».
Ma torniamo a Galciana. Appare chiaro che il Ganugi è stato costretto – suo malgrado, ovvero per la riforma Fornero – a rinviare di un lustro la pensione: il patto scritto, nella lettera di rinuncia alla prelazione, non prevedeva alcuna “condizione sospensiva”. E fu così che il Benassai si oppose allo sfratto, moralmente ingiusto e deprecabile, che poi ebbe un inevitabile e increscioso resoconto sulle cronache locali.
In questa imbarazzante situazione, la Misericordia di Galciana non mancò di prendere (in pochi mesi e d’intesa con l’Arciconfraternita principale), delle dure contromisure con l’espulsione dello storico vicepresidente, ritenuto responsabile – dopo 64 anni di specchiato servizio – di “comportamenti scorretti e confusionari”. Ritorsione?
Sull’espulsione del Benassai sembra, tra l’altro, incombere un vizio sostanziale per doppia violazione della procedura sancita dallo Statuto generale delle Confraternite.
All’articolo 12 (Funzionamento del Consiglio Direttivo) lo Statuto stabilisce di procedere a “scrutinio segreto” nelle votazioni che implicano esiti sulle persone e poi, nell’articolo 25 (Sanzioni disciplinari), prevede, in caso di provvedimenti, la surrogazione del Magistrato e del Proposto di Prato da parte degli organi del consiglio direttivo e Presidente di Sezione.
In realtà, l’espulsione del Benassai venne attuata in ipotesi di doppio vizio: la votazione fu fatta a scrutinio palese (6 contrari e 7 favorevoli non segreti e, in un “mondo delle purghe”, non è certo un dettaglio!) e la sua riammissione che (poi votata nel 2015, dopo tre anni, con 9 favorevoli e 2 contrari) venne subordinata alla formale approvazione del Magistrato dell’Arciconfraternita, che non ha mai deciso, pur non doverndolo formalmente fare.
Insomma l’azione nei confronti del Benassai sarebbe stata condotta in violazione dei patti statutari, con buona pace del proboviro come successe alla Misericordia di Agliana, allorquando il governatore Artioli, portò in votazione al Cd l’azione di tutela dell’immagine, avvisando l’assemblea che, l’esito della votazione non era affatto impegnativo per il Cd che, avrebbe agito come gli pareva, qualunque fosse l’esito della votazione.
Un bell’esempio di “democrazia misericordiosa” che, sembra essere una regola costante all’interno delle religiosissime Confraternite dei nostri circondari.
[Alessandro Romiti]
Leggi anche: https://www.linealibera.it/pecunia-non-olet-la-misericordia-della-terra-bruciata/
3 thoughts on “pecunia non olet. LA MISERICORDIA DELLE ESPULSIONI”
Comments are closed.