PISTOIA. Piero Giovannelli torna a spiegarci perché voterà no al referendum.
Ecco la seconda parte delle sue osservazioni:
9) La proclamata soppressione delle province, possibile in teoria con la riforma, non è affatto certa, in quanto, se si vanno a leggere attentamente gli art 55-118-119 del testo sottoposto a referendum, vediamo, semplicemente, che le province, in effetti, non sono comprese tra le istituzioni territoriali titolari di funzioni e di risorse, ma da nessuna parte viene detto in maniera chiara ed inequivocabile che verranno soppresse.
Il rischio concreto è che rimangano allo stato attuale, un ectoplasma senza arte né parte, non elette né elettive, ma comunque rifugio sicuro per qualche politicante di piccolo calibro.
Con certezza invece, si parla di dieci “Città metropolitane”, in altri punti del testo definiti “Enti di area vasta”, bada caso non elettive a loro volta. Ciò in subdolo spregio, ancora una volta, all’intoccabile articolo 1 della Costituzione.
Si è quindi dato vita ad un vero e proprio marasma, in cui al non contemporaneo affidamento/attribuzione ad alcuno di quei compiti che la provincia svolgeva, si è aggiunta la volatilizzazione di quei finanziamenti indispensabili per adempiere ai compiti un tempo riconosciuti alle province medesime.
Le “Città metropolitane”, la cui elezione coinvolge i soli sindaci dei comuni interessati, peraltro con una “pesatura” discutibilissima del valore dei singoli voti, a seconda del comune che li ha espressi, saranno all’origine di nuove ed evidenti sperequazioni.
Ad esempio, è assai discutibile il fatto che il sindaco del comune più grande di ogni area interessata, ne sarà automaticamente il presidente (quindi il sindaco di Firenze nel caso dell’area Pistoia-Prato-Firenze); come è discutibile tutta un’altra serie di “accorgimenti” che daranno origine ad un meccanismo di probabilissima emarginazione delle periferie.
Quello che, alla fine emerge è, in conclusione, un disegno più generale che consiste nel togliere, in maniera indolore, la parola ai cittadini; al di là delle battute e degli slogan sulla “partecipazione”.
Ed è estremamente significativo che, di queste “elezioni” metropolitane, si sia parlato pochissimo o nulla. La stessa Stampa, per quanto riguardava l’elezione svoltasi a Torino e dintorni il 9 e 10/10 u.s, relegava la notizia, senza alcun rilievo, in una anonima pagina interna.
10) Nelle disposizioni finali del testo di riforma costituzionale si prevede la soppressione del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).
Visto che se ne parla, mettendolo alla berlina come fonte di chissà quali sprechi e nefandezze, dirò che il Cnel è nato come organo consultivo del Governo, delle Camere, delle Regioni in materia di legislazione economica e sociale.
Ha diritto di iniziativa legislativa nelle materie di propria competenza. Consta di sessantacinque membri, tra cui dieci esperti qualificati della cultura conomica, quarantotto “rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato”; sei rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del volontariato.
Bene! Se si ritiene che il Cnel, dopo qualche decennio di più o meno onorata carriera si possa sopprimere (beninteso in presenza di idee e progetti concreti sul dopo, e non di chiacchiere, di tweet, di dichiarazioni su facebook), lo si faccia pure.
Ma prima ci si metta una mano sulla coscienza e ci si domandi se questa struttura, come già le province, la abbiamo fatta davvero funzionare, oppure è stata anch’essa semplice luogo di parcheggio per personaggi più o meno inutili, ingombranti, o chissà che altro.
Oppure ancora, andiamo a vedere se, in tutta questa ansia di semplificazione e risparmio, non si voglia invece ridurre, fino ad annullarli, tutti gli spazi di concertazione e tutte quelle figure in grado di dare ombra al manovratore.
11) Un ulteriore motivo per votare No, è legato all’intervento della Banca J.P. Morgan che, senza tanta diplomazia auspica una radicale riforma costituzionale in Italia.
Mi limito a ricordare solo due delle cose che ai signori di tale banca non piacciono della vigente Costituzione e cioè:
- a) la tutela costituzionale del Diritto del Lavoro
- b) la libertà di protestare contro le scelte non gradite del Potere.
Ed allora, mi domando, io che non mi reputo neppure “di sinistra”: a che razza di “sinistra” siamo di fronte, in Italia, a livello quantomeno di Pd, se, di fatto, si avallano critiche come quelle sopra riportate e si fa di tutto per ridurre, nei fatti, tutele e libertà e per spianare la strada ai desideri della J.P. Morgan?
12) Oltre a tutti precedenti motivi esposti (ma, volontariamente, ne ho trascurati tanti altri), a spingere un elettore al No basterebbe ascoltare o leggere le “argomentazioni” di tanta parte del fronte del Sì, fatte non di sostanza, ma di battute superficiali, insulse, poco più che da bar, a volte.
Alcuni esempi:
- Chi vota No, vota insieme a questo o quello (e giù un elenco di personaggi o movimenti francamente riprovevoli, ma che niente c’entrano con il merito di ciò che si sta discutendo). La sig.ra Maria Elena Boschi, Ministro della Repubblica, è la prima a distinguersi in questo sport quando dice che chi vota No manca di rispetto al Parlamento, oppure che è cattivo, oppure che vota come CasaPound, o altro ancora.
- Se vince il No, rimaniamo nella “palude”.
- Chi vota No è un conservatore.
- Chi vota Sì è il futuro, chi vota No è il passato.
- Chi vota No vuole mantenere l’attuale costosa “macchina politica”.
- Bisogna cambiare! Noi siamo per il cambiamento! Questa battuta viene, da molti, ripetuta come un mantra, senza andare un millimetro oltre nel ragionamento.
- La vittoria del Sì tornerà a far crescere gli investimenti stranieri in Italia. E questo, fra i tanti slogan è il più stupido e, secondo da quale bocca viene, anche in malafede.
Come se non si sapesse che gli investimenti in Italia latitano perché in tanta parte del Paese mancano le condizioni di sicurezza, visto che siamo in gran parte nelle mani della criminalità organizzata; mancano per la pervasività di una burocrazia paralizzante; mancano perché abbiamo leggi che, parandosi dietro garantismi più che pelosi, servono solo a intralciare chi abbia voglia di fare.
E queste cose, come ognuno può ben capire, con la riforma costituzionale non c’entrano assolutamente niente e andavano e devono essere risolte in altre sedi…
Se se ne ha veramente voglia. Altrimenti, meglio tacere.
[piero giovannelli – 3. fine]